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Disinformatico

September 4, 2012 21:00 , von profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Antibufala: per il 5G bisogna abbattere gli alberi!

June 7, 2019 6:46, von Il Disinformatico

Stanno circolando varie immagini di alberi tagliati o abbattuti lungo strade cittadine, accompagnate da testi che affermano che si tratta di tagli imposti per consentire l’introduzione della nuova tecnologia di trasmissione 5G.

In realtà il 5G non c’entra nulla: si tratta di sostituzioni, non di abbattimenti. Ma qualcuno vuole soffiare sul fuoco della polemica, partendo dall’idea solo in parte corretta che i segnali radio del 5G vengano attenuati dal fogliame.

La foto qui accanto, per esempio, viene diffusa dicendo che si tratta di una località olandese, ma in realtà l’immagine mostra una località in Belgio, dove fra l’altro gli alberi sono già stati ripiantati, come spiegano i siti di notizie locali e Metabunk.

Un altro esempio viene presentato da Bufale un tanto al chilo, che spiega che alcune foto circolanti in realtà riguardano “Place Gambetta a Bordeaux, dove, per riqualificare l’area, a novembre 2018 sono stati abbattuti dei castagni. Quello che TerraRealTime non vuole che sappiate è che il progetto di riqualificazione prevede che da 38 alberi che erano, ne vengano piantati 71.”

Qualcuno sta chiaramente fabbricando queste storie false: le ragioni per farlo possono essere tante, dal clickbait puro per guadagnare sulle visualizzazioni al trollaggio alla campagna orchestrata di disinformazione per impedire la costruzione di infrastrutture che possono, paradossalmente, ridurre l’esposizione ai segnali delle reti cellulari.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Automatismi pericolosi: YouTube consiglia i video di bambini a chi guarda video erotici

June 7, 2019 3:48, von Il Disinformatico

A volte gli automatismi concepiti con buone intenzioni hanno conseguenze inattese. Per esempio, quelli di Youtube che raccomandano quali video guardare, basandosi sul tipo di video appena guardato, suggeriscono video di bambini parzialmente vestiti agli utenti che hanno guardato altri video del genere, e spesso anche a chi non lo ha fatto.

Il risultato è stato documentato da tre ricercatori del Berkman Klein Center di Harvard ed è stato descritto sul New York Times. I ricercatori hanno impostato un server in modo che guardasse video, seguendo man mano le raccomandazioni automatiche di YouTube. Spiega il Times: “un utente che guarda video erotici può ricevere il suggerimento di video di donne che diventano notevolmente più giovani e poi di donne in pose provocanti che indossano vestiti per bambini. Alla fine, ad alcuni utenti vengono presentati video di ragazze anche di cinque o sei anni che indossano costumi da bagno o si vestono o fanno spaccate”.

YouTube è stata allertata e ha rimosso molti dei video, ma non ha disattivato il meccanismo fondamentale che consente questa situazione, ossia il sistema di raccomandazione di altri video analoghi nel caso specifico di video di bambini.

Il popolarissimo sito di video, per contro, ha annunciato da poco che non saranno più possibili le dirette in streaming di giovani minori se i minori non sono chiaramente accompagnati da un adulto.

Pensateci, prima di rendere visibile al mondo intero un video dei vostri figli piccoli o prima di lasciare che abbiano un proprio account Youtube personale: è meglio che conoscano alcune regole di sicurezza di base.


Fonte aggiuntiva: Sophos.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



La TV smart non è mica tanto smart

June 7, 2019 3:23, von Il Disinformatico

Una TV Supra. Fonte: Amazon.
I televisori “smart” vanno molto di moda, e in generale l’etichetta “smart” viene appiccicata a qualunque dispositivo da reparti di marketing disposti a tutto.

Ma come dice da anni Mikko Hypponen di F-Secure, “ogni volta che un dispositivo viene descritto come ‘smart’, è vulnerabile” (“Whenever an appliance is described as being ‘smart’, it’s vulnerable”).

Esempio concreto: secondo le ricerche pubblicate da Inputzero, i televisori “smart” della Supra, specificamente i modelli “Smart Cloud TV”, sono vulnerabili al punto che un aggressore (o un semplice burlone) che stia sulla stessa rete Wi-Fi usata dal televisore può prendere il controllo dell’apparecchio e fargli mostrare sullo schermo qualunque video a sua scelta. Non occorre nessuna password: è sufficiente inviare al televisore una semplice istruzione HTTP GET.

Lo scopritore della falla, Dhiraj Mishra, ha pubblicato un video dimostrativo.


Se il televisore è collegato senza protezioni direttamente a Internet, è comandabile da remoto da qualunque parte del mondo sapendone soltanto l’indirizzo IP (cosa piuttosto facile da scoprire con Shodan e simili).

Il fatto che l’aggressore debba essere sulla stessa rete locale Wi-Fi non è un ostacolo molto serio: basta pensare a qualunque negozio, albergo o centro commerciale che offra Wi-Fi ai clienti e abbia messo i televisori sulla stessa rete usata dai clienti.

Per il momento il fabbricante non ha reso disponibile un aggiornamento; l’unica soluzione possibile, per chi ha comprato questo apparecchio, è scollegarlo dal Wi-Fi oppure collegarlo a una rete Wi-Fi separata alla quale non ha accesso nessun altro.
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Da Facebook non ti devi aspettare privacy. Lo dice Facebook

June 7, 2019 2:56, von Il Disinformatico

A maggio scorso, durante la conferenza F8 dedicata agli sviluppatori di Facebook, Mark Zuckerberg ha dichiarato formalmente che la privacy è “il prossimo capitolo” nella storia del social network. Sul palco, dietro di lui, c’era lo slogan “The future is private”.


Per il presente, invece, la storia è ben diversa. Chi usa Facebook è abituato a pensare che esistano messaggi e post privati, e il social network ha una sezione informativa e una sezione delle impostazioni che sono dedicate alla privacy, ma gli avvocati di Facebook in tribunale dicono una cosa ben diversa.

In risposta a una class action riguardante il caso di Cambridge Analytica, infatti, i legali del social network hanno dichiarato che Facebook non può aver violato i diritti di privacy degli utenti perché “non c’è nessuna attesa di privacy” su Facebook e che “non c‘è nessuna invasione della privacy, perché non c’è privacy”. In originale: “no expectation of privacy... There is no invasion of privacy at all, because there is no privacy.”

Ricordatevene la prossima volta che qualcuno vi chiede di fare una discussione “privata” su Facebook.
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Repubblica e la balla del divieto USA di tagliare le unghie ai gatti

June 5, 2019 8:07, von Il Disinformatico

“No al taglio delle unghie: il disegno di legge che protegge i gatti di New York”, titola oggi Repubblica (copia permanente su Archive.org). Ma è una balla, perché il disegno di legge parla di declawing, ossia di asportazione permanente degli artigli.

Basterebbe leggerlo, il testo del disegno di legge:

BILL NUMBER: A1303B

SPONSOR: Rosenthal L (MS)

TITLE OF BILL: An act to amend the agriculture and markets law, in
relation to prohibiting the declawing of cats

PURPOSE: This bill prohibits the performance of declawing procedures on cats.

Basterebbe sapere l’inglese o aprire un dizionario gratuito:

declaw

transitive verb
: to remove the claws of (an animal, such as a cat) surgically

Basterebbe, insomma, non lavorare coi piedi.

Fra l’altro, non è una semplificazione del titolista incompetente: il testo dell’articolo di Repubblica (non firmato) ribadisce la balla.

New York si prepara a diventare il primo Stato a vietare il taglio delle unghie dei gatti

Rosenthal ha definito la recisione delle unghie, un atto "barbaro e disumano

La veterinaria Michelle Brownstein ha smesso di recidere le unghie 15 anni fa, quando ha constatato che la procedura ha conseguenze sui gatti per tutta la vita

Complimenti a Repubblica; grazie, ma ci bastavano già le notizie false che girano sui social network. Confidavamo nel giornalismo per difendercene, non per fabbricarle.


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