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Disinformatico

September 4, 2012 21:00 , von profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

È arrivato LibreOffice 6.0 (ora 6.0.1)

February 10, 2018 19:13, von Il Disinformatico

Libreoffice, la suite di applicazioni libera e open source per creare testi, presentazioni e fogli di calcolo, è arrivata alla versione 6.0 per Windows, Mac e Linux. Se volete scaricarla per provarla, la trovate presso Libreoffice.org anche in italiano. Le sue novità sono elencate qui.

Fate attenzione, però, se avete già installato versioni precedenti di LibreOffice: quando ho installato la versione 6.0 su un Mac sul quale c’era la 5.4, LibreOffice è andato in crisi, crashando all‘avvio. Quando l’ho riavviato, mi ha avvisato che avrebbe tentato il recupero dei file aperti e non salvati (non ce n’erano) ed è poi crashato di nuovo. La scena si è ripetuta ai successivi riavvii in un loop infinito.

Grazie a voi, e in particolare a @denteblu, ho risolto il problema usando questo trucco: ho forzato la chiusura di LibreOffice e poi con il Finder sono andato nella cartella Library utente (menu Go, tasto Alt premuto per rivelare la Library, clic su Library) e nella sua sottocartella Application Support/LibreOffice.

Qui ho trovato la cartella di nome 4, che contiene il profilo utente di LibreOffice, e l’ho rinominata. Ho riavviato LibreOffice, che stavolta è partito senza problemi, creando fra l’altro una nuova cartella 4 contenente un nuovo profilo. Unico inconveniente: le eventuali personalizzazioni fatte nella versione precedente vengono perse (compresi eventuali file di controllo ortografico e autocorrezione personalizzati) e vanno rifatte a mano.


2018/02/10. Ieri è uscita la versione 6.0.1 “per risolvere questioni emerse dopo il lancio di LibreOffice 6.0”, dice l’annuncio della Document Foundation. Ma anche questa ha lo stesso problema.


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Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Podcast del Disinformatico del 2018/02/09

February 10, 2018 7:22, von Il Disinformatico

È disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di ieri del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!

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John Perry Barlow, 1947-2018

February 9, 2018 10:51, von Il Disinformatico

Fonte: Wikipedia.
Il 7 febbraio scorso è morto John Perry Barlow, una delle figure più significative negli anni della crescita di Internet. Aveva 70 anni. Molti lo conoscevano come autore di molti testi dei Grateful Dead, ma per gli internauti era il cofondatore della Electronic Frontier Foundation, un’importante associazione per la difesa dei diritti digitali, nata nel 1990.

Barlow è stato uno dei primi a rendersi conto che Internet avrebbe cambiato il mondo, collegando fra loro le persone, e che sarebbe diventato uno spazio globale sul quale i governi non avrebbero dovuto imporre la propria sovranità. In questo senso fu fondamentale la Dichiarazione d’Indipendenza del Cyberspazio, scritta da Barlow nel 1996 a Davos, in Svizzera. La trovate qui in italiano, tratta dal libro Italian Crackdown.

Le sue parole oggi suonano forse irrealisticamente idealiste, e Barlow stesso lo ammetteva liberamente: “Un buon modo per inventare il futuro è predirlo. Così ho predetto un’utopia, nella speranza di dare alla Libertà una partenza lanciata prima che le leggi di Moore e Metcalfe ci consegnassero quello che ora Ed Snowden definisce correttamente ‘totalitarismo chiavi in mano’”. Questo era lo spirito con il quale nacque Internet.

Dietro la patina dei grandi gruppi commerciali che cercano di trasformare Internet in una gabbia dorata commerciale nella quale siamo schedati, pedinati, sorvegliati e imbavagliati c’è ancora questa fondamentale irriverenza e indipendenza, codificata nella stessa struttura della Rete. Internet non è Facebook, non è Google: è molto di più. Non dimentichiamolo.

E già che ci siamo, proviamo ogni tanto a ripassare i suoi 25 principi di comportamento per adulti, per disintossicarci dalle abitudini aggressive che i social network spesso incentivano. Funzionano molto bene sia online, sia offline.
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Smart TV sempre più ficcanaso

February 9, 2018 8:57, von Il Disinformatico

Molte Smart TV hanno falle di sicurezza che le rendono attaccabili via Internet e raccolgono di nascosto i dati personali degli utenti, secondo i test della rivista di statunitense di difesa dei consumatori Consumer Reports.

Il problema riguarda in generale tutte le Smart TV, ma tocca in particolare i modelli di Samsung e quelli di altre marche che usano la piattaforma Roku (per esempio Hisense, Hitachi, Insignia, Philips, RCA e Sharp), che secondo Consumer Reports sono difettosi al punto che “un criminale informatico relativamente inesperto potrebbe far loro cambiare canale, riprodurre contenuti offensivi o alzare il volume [...] via Internet”. Questo, agli occhi di un utente non esperto, darebbe l’impressione che il televisore sia guasto o posseduto e potrebbe causare disagi non trascurabili per esempio se il volume viene alzato al massimo o se viene sintonizzato un canale di violenza o pornografia.


La rivista precisa che queste vulnerabilità non consentono di spiare gli utenti o di rubare informazioni personali e che l’attacco richiede che il proprietario della TV venga convinto a visitare un sito apposito o a scaricare un’app confezionata dagli aggressori usando un telefonino o un laptop che è connesso a Internet tramite la stessa rete Wi-Fi usata dalla TV. Convincere gli utenti a fare queste cose è facile, con trucchi come il classico phishing tramite messaggio social o mail oppure con le pubblicità contenenti codice ostile annidate nei siti Web più disparati.

Non è tutto: queste Smart TV raccolgono montagne di dati sui loro proprietari e sulle loro abitudini d’uso e le mandano alle aziende produttrici, che si prendono il diritto di fare sostanzialmente quello che vogliono con questi dati grazie alle clausole annidate nelle condizioni d’uso del dispositivo.

Per ora l’unico modo di evitare questo problema, a parte non comprare una Smart TV e non connetterla a Internet, è cambiarne le impostazioni mangiaprivacy. Ma così facendo si perdono, senza alcuna motivazione tecnica, anche tutte le funzioni avanzate di questi televisori che li rendono appunto “smart”. Ma prossimamente la nuova normativa europea GDPR dovrebbe rendere estremamente illegali queste raccolte di dati personali e quindi è probabile che i fabbricanti cambieranno il modo di funzionare dei loro prodotti.
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Trafugato il codice di boot di iOS: che cosa comporta?

February 9, 2018 8:28, von Il Disinformatico

Il segretissimo codice di boot o bootloader degli iPod, iPhone e iPad di Apple è stato trafugato e messo su Internet. Questo codice, denominato iBoot, normalmente risiede su un chip di sola lettura e contiene le istruzioni che il dispositivo esegue quando viene acceso, ancora prima di far partire iOS, ed è particolarmente vitale per la sicurezza: è uno dei primi anelli di una catena di fiducia nella quale ogni elemento verifica che non ci siano state manomissioni o interferenze nel processo di avvio.

La versione messa in circolazione si riferisce, secondo chi l’ha esaminata, ad iOS 9, e non è chiaro quanto abbia in comune con la versione attuale per iOS 11.

I legali di Apple sono intervenuti rapidamente ordinando la rimozione del codice secondo le norme DMCA, e questo atto conferma che il codice pubblicato è autentico, ma l’intervento è arrivato dopo che molti utenti ne avevano scaricato una copia.

Ma cosa significa per noi utenti la fuga di questo codice? Per prima cosa, ora iBoot è esaminabile da chiunque, mentre prima il suo contenuto era segreto, per cui è più facile studiarlo in cerca di vulnerabilità, per esempio per consentire il jailbreak o compromettere la sicurezza in generale dei dispositivi iOS. Non è banale, perché la copia di iBoot presente sui dispositivi non è modificabile, ma è possibile che lo studio riveli qualche modo per eludere i controlli imposti da Apple (iBoot consente interazioni tramite tethering, per cui è un bersaglio particolarmente ghiotto).

Questo studio, fra l’altro, permetterà ai ricercatori di scovare difetti e ricevere le ricompense offerte da Apple per chi le segnala in maniera responsabile falle nei suoi prodotti: in questo caso si può arrivare anche a 200.000 dollari di premio.

La questione più generale e importante, però, è il fatto stesso che questo codice sia stato trafugato: indica che la gestione della sicurezza interna di Apple ha qualche lacuna.

A parte tutto questo, l’esame dei commenti dei programmatori annidati nel codice trafugato rivela piccole chicche di umanità, come quella segnalata da The Register:


Shock: Apple iBoot source-code leak reveals Cupertino engineers normal people with sense of humor https://t.co/ro6I0kzhZe pic.twitter.com/VxX7BpEGr1
— The Register (@TheRegister) February 8, 2018




Fonti: Naked Security, Ars Technica.
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