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Disinformatico

September 4, 2012 21:00 , by profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Antibufala: Radiohead “hackerati”, che rispondono con stile

June 14, 2019 3:06, by Il Disinformatico

Ha fatto molto rumore il tentativo di ricatto digitale ai danni dei Radiohead: sono state trafugate circa 18 ore di registrazioni tratte dalle sessioni che portarono allo storico album OK Computer della band, uscito nel 1997, e sarebbero stati chiesti circa 150.000 dollari per non disseminare questo materiale.

Jonny Greenwood, uno dei membri della band, ha tweetato che si è trattato di un “hackeraggio”, usando proprio la frase “We got hacked last week”, ma in realtà l’hacking non c’entra:  Greenwood stesso ha chiarito subito dopo, nello stesso messaggio, che si è trattato di un furto tradizionale. “Qualcuno ha rubato l’archivio di minidisk [sic] di Thom [Yorke] risalente ai tempi di OK Computer e pare che abbia chiesto 150.000 dollari, minacciando di disseminarlo” (“someone stole Thom’s minidisk archive from around the time of Ok Computer and reportedly demanded $150,000 on threat of releasing it”).

— Jonny Greenwood (@JnnyG) June 11, 2019


Anche Thom Yorke ha parlato di “hackeraggio” (“we’ve been hacked”) nel suo annuncio della geniale risposta della band alla situazione: invece di cedere al ricatto, i Radiohead hanno stroncato sul nascere le possibilità di guadagno del ladro. Hanno infatti messo in vendita online su Bandcamp a prezzo simbolico (18 sterline, circa 23 franchi o 21 euro) una copia dei file audio presenti sui diciotto Minidisc rubati, devolvendo i ricavi al movimento ambientalista internazionale Extinction Rebellion. L’offerta è valida solo per un periodo limitato (18 giorni).

Un gruppo di fan, inoltre, ha pubblicato su Google Docs una ricostruzione degli eventi secondo la quale non ci sarebbe stata alcuna richiesta di riscatto. In realtà il ladro, o un suo complice, avrebbero messo in vendita i file rubati, chiedendo 500 dollari per ogni traccia e 50 dollari per ogni versione live, per cui il costo stimato per acquistare il contenuto di tutti e 18 i Minidisc si sarebbe aggirato sui 150.000 dollari.

In altre parole, l’hacking vero e proprio non c’entra, contrariamente a quanto riportano molti testate e persino la stessa band; ma l’informatica c’entra eccome, perché la reazione rapidissima dei Radiohead al furto delle registrazioni è stata possibile soltanto grazie a Internet.


Fonti aggiuntive: Graham Cluley, The Verge, Naked Security, NME.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Instagram, like e follower a pagamento

June 11, 2019 4:06, by Il Disinformatico

Per molte persone, il numero di like e di follower sui social network è ormai diventato il modo principale di valutare gli altri e se stessi. Avere tanti seguaci e tanto gradimento di quello che si pubblica significa piacere a qualcuno ed essere importanti; non averne fa precipitare l’autostima.

Non è affatto un modo di pensare adolescenziale: la stessa fame di approvazione colpisce anche gli adulti. Oltretutto attira soldi: tanti soldi. Essere molto popolari sui social network significa ricevere proposte di sponsorizzazione da aziende che vogliono far vedere il più possibile il proprio marchio o prodotto. Significa, insomma, diventare influencer.

Ma non è tutt’oro quel che luccica. Infatti i follower e i like si possono comprare, e i prezzi sono stracciati. Esistono su Internet aziende specializzate che vendono mille like su Instagram per meno di dieci euro e cento follower per due euro. Quasi sempre si tratta di like e follower generati automaticamente con appositi programmi e non da persone reali. I falsi gradimenti sono una vera e propria industria.

Con questi prezzi, comprarsi seguaci è alla portata di tutti. A una adolescente che vuole far credere agli amici di essere popolare basta spendere qualche decina di euro per procurarsi tanti follower. Certo, sono finti, e lei lo sa, ma i suoi amici non lo sanno, perché vedono solo un numero totale, e soprattutto si innesca un effetto valanga: su questo nucleo fasullo iniziano infatti ad accumularsi anche follower veri, perché chi guarda il suo profilo vede che è una persona molto seguita e quindi comincia a seguirla per emulazione, pensando che se tanti la seguono, ci dev’essere una buona ragione. Questo attira altri follower, e così via.

Ma attenzione: questo meccanismo può funzionare a livello privato, ma non è per nulla efficace a livello commerciale o professionale. Comperare like e follower falsi nella speranza di diventare influencer sponsorizzati, o di far emergere la propria azienda, porta di solito a delusioni cocenti. Gli esperti di marketing digitale, infatti, sanno come riconoscere queste falsificazioni usando appositi strumenti di analisi e non reclutano chi gonfia artificiosamente la propria popolarità online. I giornalisti informatizzati, inoltre, smascherano questi trucchi, per cui barare è un autogol.

Alcuni di questi strumenti di verifica, come SocialBlade.com e Socialbakers.com, sono disponibili gratis a chiunque e permettono di analizzare in dettaglio i profili dei principali social network.

Per esempio, se un account Instagram ha centomila follower ma riceve meno di duecento like quando pubblica una foto, è ragionevole pensare che gran parte di quei follower sia falsa. Viceversa, se i like sono una percentuale elevatissima dei follower, probabilmente sono like pagati.

Acquistare like e follower, inoltre, è una violazione delle condizioni di servizio dei social network e quindi può portare alla sospensione dell’account. Se ci tenete a essere popolari nei social, non ci sono scorciatoie: in questo ambiente digitale un po’ finto e spesso superficiale, vi conviene creare qualcosa che attiri e coinvolga utenti veri.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Auto elettriche, arriva l’obbligo che facciano rumore

June 9, 2019 10:47, by Il Disinformatico

A partire dal prossimo luglio, i veicoli elettrici e ibridi a quattro o più ruote, per poter circolare legalmente nell’Unione Europea, devono essere dotati di un avvisatore acustico, non disattivabile, che generi un rumore continuo di almeno 56 decibel e non più di 75 decibel se l’auto è in movimento a velocità fino a 20 km/h.

Il nome tecnico dell’avvisatore è Acoustic Vehicle Alert System (AVAS).

Il suono esatto non è stato specificato (questo è quello proposto da Unece.org), ma deve includere alcune frequenze e salire e scendere di tono in base alla velocità. I dettagli dei cambiamenti della norma sono qui in italiano su Eur-Lex; la norma, se ho capito bene, è questa su Interregs.com; altre info sono su Europa.eu.

La teoria è che questo eviterà incidenti dovuti al fatto che ciclisti e pedoni, specialmente se ipovedenti o ciechi, non sentono arrivare le auto elettriche a bassa velocità e si affidano troppo al rumore abituale delle auto con motore a scoppio per accorgersi del sopraggiungere di veicoli.

L’AVAS sarà obbligatorio da luglio per tutte le auto elettriche e ibride nuove vendute nell’UE e diventerà obbligatorio per quelle già in commercio dal 2021, secondo HDMotori. Non è chiaro cosa debba fare chi, come me, ha già un’auto elettrica già circolante e se questa novità riguardi le auto in Svizzera (dove abito; ho chiesto lumi al Touring Club Svizzero).

Non mi risulta che siano previsti divieti ai pedoni di indossare cuffie ad altissimo volume mentre attraversano la strada o obblighi per i ciclisti di mettere un cartoncino fra i raggi per fare rumore.

In questi video trovati alcuni esempi di questo avvisatore acustico.







Fonti aggiuntive: NewAtlas, Unece.org, Motorinotizie.

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Ci vediamo a Firenze il 10 giugno per parlare di complotti lunari?

June 9, 2019 8:56, by Il Disinformatico

Come preannunciato nel calendario pubblico degli appuntamenti, domani (lunedì 10 giugno) alle 17:30 sarò a Firenze, all’Auditorium di Santa Apollonia (via San Gallo 25), per la conferenza “Guarda che Luna! Ma ci siamo davvero andati?”, che oltre a rispondere ai dubbi sugli allunaggi ne presenterà immagini rare e restaurate. L’ingresso è libero.

La conferenza fa parte di ScienzEstate, una serie di iniziative promosse da OpenLab, servizio di educazione e divulgazione scientifica dell’Università di Firenze. Il programma completo è qui.

Ringrazio Met e GoNews per la pubblicizzazione dell’incontro.
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Nuova versione della sezione “Commenti più recenti”

June 9, 2019 8:38, by Il Disinformatico

Con i vostri suggerimenti e l’aiuto di Moreno Manzini, ho aggiunto a questo blog una pagina, questa, che elenca i commenti più recenti in forma estesa e ho quindi ridimensionato la sezione “Commenti più recenti” nella colonna di destra di questo blog, accorciandola e linkando la pagina estesa. Ditemi cosa ne pensate.

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