La strana, stranissima storia di Dostupno, l’“anti-WhatsApp”
22 de Fevereiro de 2019, 1:16In tanti mi avete segnalato la bizzarra storia di Dostupno, un’app Android che è stata pubblicizzata da numerosi siti di notizie come un “anti-WhatsApp” che consentirebbe di “inviare messaggi anche senza connessione Internet” e ha collezionato oltre 50.000 installazioni.Ma le indagini degli utenti di Reddit (in particolare questa e questa) hanno rivelato che Dostupno è davvero difficile da considerare come un concorrente di WhatsApp o, a dire il vero, di qualunque app di messaggistica: il suo funzionamento “anche senza connessione Internet” si basa sul far squillare il telefono del destinatario un certo numero di volte e consente di mandare soltanto dieci messaggi preimpostati. Conversazioni? Foto? Non se parla nemmeno.
Le indagini (proseguite anche qui) rivelano poi che Dostupno è un colabrodo dal punto di vista della sicurezza e della privacy: il database che contiene i messaggi preimpostati dai vari utenti è accessibile a chiunque e quindi chiunque può “recuperare l'intera lista di numeri registrati, nonché di messaggi scambiati tra gli utenti dell'app, tutto rigorosamente memorizzato in chiaro, senza alcun tipo di criptazione“, spiega Lo_acker. E per un’altra app legata a Dostupno ci sono anche le password salvate in chiaro e liberamente scaricabili.
Il database di Dostupno è risultato talmente accessibile e mal protetto che qualcuno lo ha cancellato.
Ma la cosa più interessante è la reazione dei due creatori di Dostupno: un comunicato stampa che è davvero difficile leggere senza chiedersi se abbiano mai visto o sentito parlare di un corso base di comunicazione al pubblico. Anche perché a dicembre 2018 i creatori avevano pubblicato un altro comunicato con frasi come “Le parole che trovano il luogo nelle idee di un gruppo di persone che lavora allo scopo di trasformare i sogni dalla realtà virtuale in quella reale, rendendo possibile l’impossibile ai limiti del surreale”.
E questo è solo l’inizio, perché i video di presentazione di Dostupno sono talmente malfatti e amatoriali, con audio distorto e incomprensibile, da rappresentare una nuova frontiera del kitsch informatico. Considerate per esempio Dostupno sempre con te ita (sic), che inizia con un cantante che per un minuto e 50 secondi... beh, guardate il video.
A 1:50 compare (non si capisce perché) una signorina in bikini, e poi si sente una voce registrata malissimo che dice “I messaggi sono gratuiti” con il tono di voce di qualcuno che si è appena svegliato o sta recitando sotto la minaccia delle armi. Il resto del video è altrettanto sconnesso, con la partecipazione di vari fruttivendoli. Non sto scherzando.
Oppure provate a guardare la “presentazione” dell’app: ventisei minuti di una persona ripresa in controluce che parla in modo incomprensibile a causa della registrazione pessima.
La qualità dell’audio e delle voci la sembra essere un problema ricorrente dell’azienda IF Inspreifon che sta dietro a Dostupno: provate ad ascoltare le descrizioni sonore che trovate qui nella sezione “Chi siamo” del sito aziendale. A quanto pare un microfono decente e uno speaker non narcotizzato sono al di sopra del budget. L’inglese, poi, è particolarmente esilarante: meno male che si tratta di “Personale qualificato con conoscenza linguistica di tutto il mondo”.
E per finire, se andate sulla pagina di Google Play che ospita Dostupno e cliccate sulle Norme sulla privacy, questo è quello che compare:
Dovrebbe essere abbastanza ovvio, con premesse come queste, che non solo Dostupno non è l’anti-WhatsApp, ma è l’antitesi di ogni regola basilare di programmazione, di gestione della privacy e di professionalità. Se avete affidato a quest’app i vostri dati, è molto probabile che siano sparsi per tutta Internet insieme a quelli degli altri cinquantamila utenti che incautamente hanno installato quest’app davvero bizzarra.
Morale della storia: installare qualunque app di provenienza sconosciuta solo perché promette di far risparmiare è un pessimo modo di gestire i propri dati. Tenetelo a mente la prossima volta che qualcuno vi offre qualcosa gratis.
Azienda italiana lascia esposto online l’intero archivio clienti, ignora gli avvisi e il GDPR
21 de Fevereiro de 2019, 22:42Nota: alcuni dati sono stati intenzionalmente alterati per tutelare gli utenti coinvolti.Un’azienda italiana con sede legale a Milano che gestisce online servizi di prenotazione per ristoranti ha messo online quello che sembra essere l’intero archivio dei propri dati, con 140.000 utenti e 280.000 ordini, a disposizione di chiunque voglia scaricarselo, alterarlo o semplicemente cancellarlo, ma l’azienda ignora chi la avvisa del problema.
Sono disponibili nomi, cognomi, indirizzi di mail, hash e salt (presumo delle password), ID Facebook, numeri di telefono, importi in denaro e altro ancora, insieme a istruzioni poco sensibili ma surreali come “pizze ben cotte e tagliate perfavore” lasciate da qualcuno in Corso San Gottardo a Milano.
Salvo che si tratti di un database di prova con dati fittizi, questa è una chiarissima violazione delle regole di protezione dei dati, che andrebbe segnalata pubblicamente ai clienti oltre che rimediata tecnicamente prima che succedano disastri. Ma ho avvisato l’azienda ieri (21/2) via mail al suo apposito indirizzo privacy@[omissis].it eanche all’indirizzo di contatto info@[omissis].it, allegando schermate per far capire che non sto scherzando e qualificandomi come giornalista, e finora non ho ricevuto alcuna risposta. So inoltre che altri l’hanno già avvisata invano.
Eppure, secondo la policy pubblica dell’azienda, il trattamento dei dati viene effettuato “in modo da garantire la riservatezza e sicurezza dei dati stessi”.
Questa garanzia sembra decisamente fragile. Usando una tecnica estremamente semplice, eseguibile da chiunque abbia un minimo di competenza informatica e senza richiedere alcuna immissione di password o altro, il database dei clienti risulta liberamente ispezionabile e quasi sicuramente alterabile e cancellabile con un paio di comandi.
Tutto quello che serve per accedere ai dati è un normale browser e l’indirizzo IP del server usato dall’azienda. Tutto quello che serve per trovare questo indirizzo IP è un account gratuito su uno dei tanti motori di ricerca specializzati. Il server risulta situato in Irlanda e gestito da Amazon.
Se non si tratta appunto di un database di prova, il server è piuttosto mal configurato per custodirlo correttamente:
Staremo a vedere. Nel frattempo, con la stessa tecnica elementare ho trovato 665 altri database altrettanto vulnerabili in giro per il mondo. Di questi, due sono in Svizzera, 38 sono in Francia, 50 in Germania e 23 nel Regno Unito; non ce n’è nessuno in Italia.
Se vi stavate chiedendo come fanno i criminali informatici a trovare i bersagli per i loro attacchi e a sferrarli con così tanta efficacia, ora avete la risposta. Niente, a parte l’etica, mi impedirebbe di cancellare questi database esposti alla mercé del primo che passa. E la cosa, sinceramente, mi dà i brividi.
Un anno di auto elettrica, 7000 km senza pistoni
21 de Fevereiro de 2019, 10:03![]() |
Carica gratuita alla Wiener Haus di Como. |
È già passato un anno da quando ho acquistato la mia prima auto elettrica, la Peugeot iOn di seconda mano che vedete nella foto qui accanto, ed è tempo di fare un primo bilancio.
La prima sorpresa, anche per me, è che la uso molto di più di quanto avessi preventivato. L’intento iniziale era quello di usarla come city car, per andare a fare la spesa (e portarla direttamente davanti alla porta di casa del Maniero Digitale, cosa essenziale per ragioni di salute lunghe da spiegare) o per andare in città o nelle vicinanze. Ma insieme alla Dama del Maniero mi sono reso conto che è talmente piacevole il silenzio della trazione elettrica che la usiamo anche per viaggi un po’ più impegnativi e al limite delle sue prestazioni modeste di autonomia: è appunto un’elettrica da città, non concepita per viaggi lunghi, ma la portiamo spesso oltre i suoi parametri di utilizzo normale, con un pizzico di gusto per l’avventura, come ho raccontato in altri articoli.
E così sono arrivato a fare, con una city car che ha 80 km di autonomia, in tutto 7000 chilometri e spiccioli in un anno (il proprietario precedente ne aveva fatti in media la metà). Lascio a casa sempre più spesso l’auto a benzina (una Opel Mokka), che uso ormai solo per i viaggi molto lunghi (prima che lo chiediate: no, quelli che ho fatto non potrei farli in treno o con i mezzi pubblici, perché ci metterei ore che toglierei al lavoro; uso comunque il treno quando posso).
Qui sotto trovate il mio riepilogo annuale: poco meno di un quarto dei miei chilometri è ora elettrico, ma soprattutto l’uso dell’auto a pistoni si è ridotto a due-tre volte ogni mese.
La seconda sorpresa è che fare viaggi ben oltre l’autonomia normale è molto più facile del previsto. Basta pianificare tenendo margini ragionevoli: in settemila chilometri, nonostante un’autonomia garantita di soli 80 km (la sua batteria ha otto anni), siamo riusciti a fare viaggetti di 170 km senza particolari ansie da autonomia e senza mai restare a piedi. In tutti i giri che abbiamo fatto, siamo arrivati alla “modalità tartaruga” (l’equivalente della “riserva” in un motore a pistoni) una sola volta. Abbiamo ricaricato e siamo ripartiti senza problemi.
Siamo riusciti a fare tutto questo anche grazie a un’osservazione ben poco ovvia per chi non ha esperienza di guida elettrica: la relativa carenza di colonnine di ricarica non è un problema, perché una presa elettrica si trova ovunque. Una volta sono andato a fare lezione in una scuola ad Ambrì, a circa 70 km di distanza e in forte salita, restando quindi con poca autonomia per tornare verso casa fino alla colonnina già pianificata, e ho semplicemente chiesto se potevo attaccare l’auto a una delle normali prese esterne della scuola (quelle da 10 ampere). Alla fine delle lezioni avevo caricato abbastanza per ripartire senza problemi, gravando sulla bolletta dell’istituto per un paio di franchi/euro.
Non solo: se si fa un certo tragitto una volta, la volta successiva non c’è più bisogno di pianificare nulla, perché si sa già come fare. Se devo andare a Biasca (dove vado spesso per fare lezioni o conferenze), so già che sta a 56 km dal Maniero, per cui so già che posso partire col “pieno” fatto a casa, arrivare andando alla media di 90 km/h (nonostante la salita del Monte Ceneri) avendo autonomia sufficiente per tornare verso casa per 22 km e fare una ricarica rapida alla colonnina CHAdeMO sull’autostrada a Bellinzona. Nei venti minuti di tempo di ricarica, la Dama e io facciamo uno pranzo veloce e siamo pronti a ripartire verso casa. Il pranzo dura più del tempo di ricarica, per cui fermarsi a caricare non incide sul tempo di viaggio complessivo.
Un altro esempio: siamo andati a Como (primo viaggio oltre frontiera con ELSA) per un pranzo alla Wiener Haus, dove abbiamo caricato gratis alla colonnina del ristorante. Abbiamo scelto di pranzare lì anche per questo motivo: ristoratori, meditate. Le colonnine (lente, tanto il cliente non ha fretta) sono un ottimo modo per attirare clienti e differenziarsi dalla concorrenza.
Insomma, è tutto molto meno difficile del previsto, e arrivare a casa con dieci chilometri di autonomia residua non ci angoscia più perché l’abbiamo fatto tante volte (e comunque ci sono ancora circa 10 km di autonomia “tartaruga” e lungo la strada, in emergenza, una colonnina o una presa si trova sempre).
Visto che la mia ELSA (acronimo di ELectric Silent Automobile) ha un connettore lento di Tipo 1 e un connettore veloce CHAdeMO (80% in 20 minuti) ma le colonnine nuove (sempre più numerose) usano il connettore Tipo 2, ho acquistato per circa 150 euro un cavo adattatore da Tipo 2 a Tipo 1, per cui ora posso caricare anche a tutte queste colonnine. Posso anche caricare gratis all’IKEA che sta vicinissimo al Maniero e ad alcuni dei parcheggi in centro a Lugano. Avete mai visto un centro commerciale o un autosilo regalare benzina?
Il terzo aspetto interessante è il risparmio. In questi settemila chilometri, calcolando i consumi medi della mia auto a pistoni e i costi medi di ricarica di quella elettrica, ho risparmiato circa 600 franchi (530 euro). Se avessi un’auto elettrica a lunga autonomia, che potrei caricare quasi sempre gratis, eliminerei la mia spesa di carburante, che senza ELSA ammonterebbe a circa 3500 franchi (3000 euro) l’anno. Non compro subito un’elettrica a lunga autonomia perché mi costerebbe più di quanto mi costa tenere, mantenere e rifornire la mia attuale auto a pistoni e perché investire 50.000 franchi o più per un’auto che uso tre-quattro volte al mese non è giustificabile in termini pratici.
Per chi si sta chiedendo che senso abbia parlare di 600 franchi di risparmio se poi devo pagare tassa di circolazione e assicurazione per la seconda auto: in Svizzera esiste il sistema delle targhe trasferibili. Ho una targa sola, trasferibile da un'auto all’altra in un paio di minuti, e ho una sola assicurazione che copre entrambe ma soltanto se ne uso una per volta. In famiglia guido solo io. Di conseguenza, avere ELSA mi costa soltanto 121 franchi (107 €) l’anno in più: 50 CHF (44 €) di assicurazione e 71 CHF (63 €) di tassa di circolazione.
Proprio questo uso sporadico dell’auto a pistoni ha messo in luce un’altra grande comodità: non dover andare a “fare benzina”. Carico l’auto elettrica in garage grazie alla normale presa elettrica che ho fatto installare. Quando arrivo a casa “a secco”, la attacco alla presa e non ci penso più. L'indomani mattina, senza gravare eccessivamente sul mio contatore (ELSA assorbe al massimo 2,3 kW), me la ritrovo col “pieno”. È un sistema talmente comodo che non vado quasi mai a fare cariche gratuite perché il costo del “pieno” fatto a casa (circa due euro/2,5 franchi) non giustifica il trambusto di uscire, prendere l’auto e poi aspettare che si carichi. Ho anche una colonnina veloce gratuita vicino a casa (carica all’80% in 20 minuti, “pieno” in un’ora), ma non la uso mai.
Avrete probabilmente notato che finora non ho parlato di ecologia o inquinamento: non è un caso. Certamente mi rendo conto che togliere 7000 km di percorrenza a pistoni ha ridotto il mio contributo all’inquinamento, specialmente nei viaggi brevi o nei percorsi cittadini nei quali l’auto a pistoni ha consumi agghiaccianti ai quali normalmente non si pensa (il computer di bordo della Mokka mi dice 12,4 litri per 100 km quando faccio i 5 km che mi servono per andare a fare la spesa; 6,4 l/100 km quando viaggio in autostrada). E la lezione di quest’anno di guida è che le auto elettriche sono particolarmente utili e usabili già ora per ridurre l’inquinamento in città senza svenarsi (ELSA mi è costata circa 10.000 euro). Ma devo ammettere che il vero motivo per cui mi piace l’auto elettrica non è perché mi fa sentire nobile paladino dell’ambiente (o nazivegano elettrico, come ha detto qualcuno a proposito degli automobilisti elettrici che se la tirano). È una buona cosa inquinare meno, ma io vado in elettrico soprattutto perché è piacevole.
È passato un anno e ancora adesso guidare ELSA mi diverte. Adoro il suo silenzio, la sua accelerazione vivace e fluida a ogni semaforo, l’assenza totale di vibrazioni, la sua semplicità di guida senza cambi di marce e senza frizione. In più è divertente “hackerarla” e fare esperimenti, per esempio collegando al suo connettore OBD un tablet con un’app che fornisce in tempo reale i dati di consumo.
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ELSA modificata con un tablet per il monitoraggio dei consumi. |
Studiando i dati forniti dall’app ho imparato come ottenere un’autonomia maggiore e come guidare in maniera più efficiente. È nato insomma il gioco di calcolare come fare un viaggio ottimizzando i consumi e le tappe di ricarica. È un po’ come andare in barca a vela rispetto ad andare in giro in motoscafo: è ovvio che il motoscafo ti porterà sicuramente a destinazione, ma vuoi mettere il piacere di arrivarci usando soltanto il vento e il tuo ingegno, veleggiando nel silenzio?
In sintesi: è passato un anno, ma la Dama ed io siamo ancora innamorati di ELSA.
Ma la lezione più importante di quest’anno elettrico è come rapportarsi con chi ha auto a pistoni. Ci sono parecchi automobilisti elettrici che si atteggiano a salvatori del mondo e criticano aspramente chi rimane ancorato all’auto “fossile” (e di questi atteggiamenti mi sono probabilmente macchiato anch’io in passato), senza rendersi conto che per molti l’auto elettrica è semplicemente irraggiungibile per motivi di costo o per difficoltà di ricarica. È inutile rinfacciare l’inquinamento a chi ha un’utilitaria di dieci anni fa e non può permettersi di cambiarla, neanche con un’altra auto a pistoni meno inquinante, o non ha un garage nel quale installare una presa elettrica.
Criticare e sfottere chi magari vorrebbe passare all’elettrico ma non può è inutile: crea solo ostilità. So di andare controcorrente nel dirlo, ma a mio avviso anche riservare parcheggi per la ricarica, togliendoli alle auto a pistoni, contribuisce a generare risentimento (“ci sarebbe un posto, accidenti, ma è riservato per i ricchi con le Tesla”). Forse la scelta intelligente sarebbe dotare di una presa di ricarica lenta tutti i posti auto (o almeno la metà), senza riservarne nessuno per le elettriche.
Il messaggio, a mio parere, non deve essere “Dovete passare tutti subito alle auto elettriche, sporchi inquinatori, assassini del pianeta!” rivolto a tutti, ma deve essere un appello a chi ha il portafogli ben fornito: “Ehi, le auto elettriche sono divertenti, vivaci, cool e molto più facili da usare di quel che pensi; provale e valuta se comprarne una al posto del tuo macchinone attuale. Risparmierai un sacco di soldi in carburante.” Insomma, chi può permettersela, se la compri: farà un favore a tutti, oltre che a se stesso.
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Tengo un corso online di giornalismo digitale
20 de Fevereiro de 2019, 9:21Visto che alcuni di voi mi hanno chiesto di provare a fare dei tutorial in video e di poter partecipare alle mie lezioni di giornalismo digitale ma non si trovano in luoghi che posso raggiungere, con Suisse Vague/Lezionidalfuturo.com ho registrato un corso online apposito, rivolto non solo a giornalisti ed esperti di comunicazione ma anche a tutti coloro che vogliono verificare o cercare le notizie online.
Il corso spiega tutte le tecniche che uso quotidianamente come giornalista e come debunker ed è composto da sei lezioni, per un totale di circa 85 minuti. Non è gratuito, perché creare un corso e fare un video, ahimé, costa e richiede tempo. Parte del costo arriva a me, per cui partecipare è un modo per contribuire al mio sostentamento.
Qui sotto trovate l’introduzione al corso.
A proposito di quell’Intelligenza artificiale di OpenAI troppo pericolosa da pubblicare
19 de Fevereiro de 2019, 5:03È scoppiato un certo pandemonio nel mondo dell’intelligenza artificiale: OpenAI, un ente di ricerca senza scopo di lucro finanziato anche da Elon Musk, ha annunciato di aver creato GPT-2, un programma d’intelligenza artificiale che è così sofisticato e potente che l’ente ha deciso di non rendere pubbliche tutte le proprie ricerche e di mostrarne solo alcuni risultati a giornalisti selezionati. GPT-2, dicono, sarebbe troppo pericoloso.
Se state immaginando robot assassini o cose del genere, niente panico: GPT-2 è incorporeo e non è ostile. È solo un generatore di testi molto sofisticato. Se gli si danno in pasto alcuni paragrafi di testo su qualunque argomento, è capace di proseguire con quel tema all’infinito, in modo coerente non solo a livello linguistico ma anche a livello concettuale.
Inizio (digitato da un essere umano): In a shocking finding, scientist discovered a herd of unicorns living in a remote, previously unexplored valley, in the Andes Mountains. Even more surprising to the researchers was the fact that the unicorns spoke perfect English.
Seguito, generato da GPT-2: The scientist named the population, after their distinctive horn, Ovid’s Unicorn. These four-horned, silver-white unicorns were previously unknown to science.
Now, after almost two centuries, the mystery of what sparked this odd phenomenon is finally solved.
Dr. Jorge Pérez, an evolutionary biologist from the University of La Paz, and several companions, were exploring the Andes Mountains when they found a small valley, with no other animals or humans. Pérez noticed that the valley had what appeared to be a natural fountain, surrounded by two peaks of rock and silver snow.
Pérez and the others then ventured further into the valley. “By the time we reached the top of one peak, the water looked blue, with some crystals on top,” said Pérez.
Pérez and his friends were astonished to see the unicorn herd. These creatures could be seen from the air without having to move too much to see them – they were so close they could touch their horns.
While examining these bizarre creatures the scientists discovered that the creatures also spoke some fairly regular English. Pérez stated, “We can see, for example, that they have a common ‘language,’ something like a dialect or dialectic.”
Dr. Pérez believes that the unicorns may have originated in Argentina, where the animals were believed to be descendants of a lost race of people who lived there before the arrival of humans in those parts of South America.
While their origins are still unclear, some believe that perhaps the creatures were created when a human and a unicorn met each other in a time before human civilization. According to Pérez, “In South America, such incidents seem to be quite common.”
However, Pérez also pointed out that it is likely that the only way of knowing for sure if unicorns are indeed the descendants of a lost alien race is through DNA. “But they seem to be able to communicate in English quite well, which I believe is a sign of evolution, or at least a change in social organization,” said the scientist.
Non è il primo generatore di testi del suo genere, ma è il primo che li genera con una qualità paragonabile a quella di un essere umano. Se gli si chiede di scrivere un articolo di giornale, GPT-2 si inventa anche cifre e statistiche e persino citazioni virgolettate di persone pertinenti all’argomento. Vederlo in azione crea un immediato senso di inquietudine in chiunque debba scrivere testi per lavoro o per studio, dal giornalista all’addetto ai comunicati stampa allo studente a corto di idee per un tema.
Inizio (digitato da un essere umano): Hillary Clinton and George Soros...
Seguito, generato da GPT-2: ...are a perfect match, and their agenda appears to be to create a political movement where Soros and his political machine and Clinton are two of the only major players. This is the first time Soros and Clinton have been caught on tape directly colluding in promoting the same false narrative. One of the key revelations in the leaked audio was Clinton's admission to a Russian banker that she knew about the Uranium One deal before it was approved by Congress. Clinton was shown sharing the same talking points that were originally drafted by a Fusion GPS contractor hired by an anti-Trump Republican donor. The leaked audio is the clearest evidence yet that the Clinton campaign and the Hillary Foundation colluded with Fusion GPS to manufacture propaganda against President Trump.
Inizio di un articolo del Guardian (digitato da un essere umano): The creators of a revolutionary AI system that can write news stories and works of fiction – dubbed “deepfakes for text” – have taken the unusual step of not releasing their research publicly, for fear of potential misuse. OpenAI, an nonprofit research company backed by Elon Musk, Reid Hoffman, Sam Altman, and others, says its new AI model, called GPT2 is so good and the risk of malicious use so high that it is breaking from its normal practice of releasing the full research to the public in order to allow more time to discuss the ramifications of the technological breakthrough.
Seguito, generato da GPT-2: The first thing that strikes you about GPT2 is its simplicity. First, the system is built on unsupervised learning from text, which essentially means the software is trained to spot instances of certain words that, when paired with other words, trigger the system to give it a human review of them. The system also learns through example and repetition, but does not have the capability to recognize itself.
This new, artificial intelligence approach could revolutionize machine learning by making it a far more effective tool to teach machines about the workings of the language. Deep-learning systems currently only have the ability to learn something specific; a particular sentence, set of words or even a word or phrase; or what certain types of input (for example, how words are written on a paper) cause certain behaviors on computer screens.
GPT2 learns by absorbing words and sentences like food does at a restaurant, said DeepFakes’ lead researcher Chris Nicholson, and then the system has to take the text and analyze it to find more meaning and meaning by the next layer of training. Instead of learning about words by themselves, the system learns by understanding word combinations, a technique researchers can then apply to the system’s work to teach its own language.
Once the system is fully ready, DeepFakes plan to make the software openly available for machine learning researchers.
DeepFakes’ research was supported by a $400,000 grant from the OpenAI Prize competition, which aims to boost the capabilities and diversity of autonomous systems that are safe to release to the public. OpenAI is a nonprofit dedicated to building and promoting open source AI systems, or as Nicholson aptly puts it, the “last, best hope for humanity to be safe and secure on Earth.”
DeepFakes’ team consists of 15 researchers in 12 departments working together to make GPT2, which was the result of two years of work. However, the team is not releasing the code for the system — a fact that might be surprising to some if they’re not familiar with how machine learning works — because GPT2 is so powerful, Nicholson explains.
He explained: “All of our AI systems must work together to make decisions that are more accurate and useful, but one of the problems we’ve encountered lately is not knowing how to trust a system at all, especially when it is working in such a large, complex system. When a system performs its normal function, it tends to make errors because of an unforeseen problem at the deeper level of the system.”
The team hopes that the software can create AI systems that are both safe and also highly useful in some way, but ultimately they’re excited about what they’ve built. Because of its ability to understand the human language, GPT2 is able to understand how to make some of the most important changes to the world in the years to come.
Nicholson explains: “GPT2 is the kind of system that we really need to build because we’ve built a society based entirely on humans creating information and then humans interpreting that information.”
È proprio per questo motivo, dicono i ricercatori di OpenAI, che è stata pubblicata solo in parte la ricetta per creare GPT-2, anche se secondo alcuni commentatori esperti la decisione è motivata anche dall’intento di farsi pubblicità e sarebbe stato più corretto condividere questa ricetta con altri ricercatori per farla criticare da esperti invece di stupire i giornalisti e creare allarme.
Comunque sia, è abbastanza chiaro che presto saranno disponibili generatori di testi artificiali quasi impossibili da distinguere da quelli scritti da esseri umani, e vale la pena di chiedersi quali potrebbero essere le conseguenze. I grandi autori di prosa non hanno di che preoccuparsi, ma diventerà facilissimo, per esempio, inondare Internet di testi sintetici.
Da un lato questo permetterebbe alle persone di dedicarsi a scritture più creative invece di sfornare articoli o temi scritti a macchinetta. Ma immaginate Facebook, Tripadvisor o Amazon invasi da commenti e recensioni scritti da sistemi automatici, tutti assolutamente inventati, per screditare un interlocutore o un concorrente: il danno di credibilità sarebbe enorme.
Inizio recensione (digitato da un essere umano): I hate Tom Simonite’s book.
Seguito, generato da GPT-2: Tom Simonite does not keep it simple. He doesn't give you enough info on a subject to make the reading of the book enjoyable. He has over 400 pages of footnotes, so that is a way of getting your work for a subject out of the way. And of course, you never really feel like the author has a clear vision of his subject. He does not give you enough details on how a group of people is going to come together to solve a problem or come about a solution to a problem. This book was so depressing to me, I can't even talk about it without feeling like I want to punch the kindle.
Fabbricare notizie false e diffonderle in mille varianti, per sfuggire ai filtri anti-fake news, sarebbe questione di pochi clic. Creare interi siti e giornali online (e magari anche cartacei) ricolmi di storie mai accadute e di dichiarazioni mai fatte avrebbe costi bassissimi e sommergerebbe in poco tempo i contenuti reali.
In altre parole, se l’intelligenza artificiale continua a evolversi in questo modo, distinguere il vero dal falso in Rete sarà ancora più difficile di quanto lo sia già adesso. È meglio saperlo e prepararsi, per evitare di trovarsi a parlare online con programmi invece che con persone. E magari per riscoprire l’autenticità di una bella conversazione fatta faccia a faccia.
Fonti aggiuntive: Wired.com, The Guardian.