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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Ci vediamo il 13-14 gennaio 2024 a Peschiera del Garda per Sci-Fi Universe? Due giorni di fantascienza, astronomia e astrofisica

22 de Setembro de 2023, 4:32, por Il Disinformatico
Pubblicazione iniziale: 2023/09/18 15:43. Ultimo aggiornamento: 2023/09/22 9:35.

Finalmente posso annunciare pubblicamente un progetto che ho in lavorazione da parecchi mesi (chi è venuto al Pranzo dei Disinformatici ha avuto un’anteprima): la co-organizzazione di una convention dedicata a scienza e fantascienza. Formalmente si chiama Sci-Fi Universe, ma per gli amici è la SciallaCon: due giorni (13 e 14 gennaio 2024) a Peschiera del Garda, presso il Parc Hotel, per incontrarsi tra gente che ha la passione per la fantascienza e la scienza, per chiacchierare sciallamente faccia a faccia con persone che magari si conoscono solo online e per vedere e ascoltare cose e conferenze che è impossibile trovare online o fare altrove.

La Sci-Fi Universe è organizzata dallo Stargate Fanclub Italia, un’associazione a carattere culturale che si occupa di divulgare la passione per la saga di Stargate e per la fantascienza in generale in Italia. Non posso ancora annunciarvi gli ospiti e i relatori, ma posso già dirvi che sarò il conduttore dei due giorni di incontri e farò da traduttore per gli ospiti non italofoni. Inoltre, per i fan di Doctor Who ma non solo, terrò una conferenza inedita, intitolata Doctor Who Secrets, con contenuti introvabili sul dietro le quinte della produzione, sulle scene tagliate (e sul perché dei tagli) e sulla traduzione di alcune puntate di questa serie. E se volete vedermi in costume, preparatevi a una sorpresa, visto che il cosplay a tema fantascientifico è incoraggiato :-)

Se vi state chiedendo il motivo di una data così insolita come metà gennaio, è stata scelta intenzionalmente per non sovrapporsi ad altri eventi analoghi: la SFU non sostituisce, si aggiunge. Perché le occasioni per trovarsi fra appassionati e fare festa non bastano mai.

Cito inoltre dal sito della SFU: si tratta di un “evento concentrato soprattutto sulla divulgazione e la condivisione, non solo della passione per la fantascienza ma anche per tutte quelle scienze legate all’universo e al progresso: astronomia, astrofisica, chimica… Sci-Fi Universe sarà l’evento dedicato a tutti gli appassionati del genere, ai club e ai gruppi legati alla fantascienza, nonché ai loro associati e a chiunque sia interessato ad avvicinarsi al mondo delle convention. Sarà l’occasione per indossare ancora una volta la maglietta nerd che teniamo in quel cassetto, per continuare a dire che la TOS è sempre la serie Trek che più ci è rimasta nel cuore, per creare un nuovo costume o comprare la divisa per la quale aspettavamo solo la giusta occasione… per ritrovare vecchi amici e conoscerne di nuovi, appassionati come noi a questo immenso e magnifico universo letterario, televisivo, cinematografico e videoludico.”

Questo mio annuncio è per ora solo un promemoria per darvi modo di sapere le date e tenerle libere se vi interessa partecipare: programma dettagliato, iscrizioni, nomi e temi dei relatori e tutto il resto arriveranno a breve. Potete già leggere le FAQ per sapere qualche dettaglio e i prezzi e contattare la SFU per avere maggiori informazioni. Posso già dirvi che potete alloggiare e mangiare dove preferite, anche se stare al Parc Hotel è ovviamente più comodo, e che gli orari sono stati scelti per permettere anche di non alloggiare del tutto e venire solo per la giornata (o le giornate). Le prenotazioni alberghiere sono indipendenti dalla convention; se volete prenotare camere, potete farlo anche subito (anzi, è consigliabile, soprattutto se volete alloggiare al Parc Hotel). Non occorre che aspettiate l’apertura delle iscrizioni alla SFU.

La struttura e la convention sono pienamente accessibili a portatori di handicap. Come scrive il sito della SFU, nella scelta del luogo abbiamo valutato diversi dettagli: oltre alla comodità nel raggiungerla sia in auto che con i mezzi pubblici e alla graziosa posizione geografica, abbiamo pensato anche al benessere degli eventuali accompagnatori che, meno interessati all’evento, potessero avere a disposizione attività alternative come la piscina, la palestra e la spa. Abbiamo cercato un ambiente curato e confortevole, con camere accoglienti e sale riunioni all’avanguardia sotto il punto di vista tecnologico, di taglia adeguata alla misura del nostro evento, dove si potesse anche consumare i pasti tutti insieme e con la comodità di non doversi spostare di luogo, in modo da trasformare anche quelle occasioni in un’opportunità di aggregazione ed amicizia.

Nei prossimi giorni verranno annunciati i relatori e le relatrici di Sci-Fi Universe 2024. Se volete saperne di più, cominciate a seguire la SFU sui social network: Facebook, X/Twitter, YouTube, Instagram, WhatsApp e TikTok. Naturalmente c’è anche la mail: info chiocciola scifiuniverse.it.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Il Delirio del Giorno: Darwin aveva torto, lo dimostrano i geoglifi di umani e rettili

20 de Setembro de 2023, 19:08, por Il Disinformatico

Mail ricevuta poco fa, con nome e numero di telefono del mittente:

Caro Paolo,

Mi chiamo [omissis]. Le piacera avere conoscienza di questa scoperta. Contribuirà alla pace, alla prosperità e allo sviluppo del nostro pianeta e dell’umanità.. Può pubblicarlo sui loro social network.

Quest'informazione proverá che la teoria di Darwin è falsa,

[segue chilometrica teoria illustrata sulla sua interpretazione di alcuni geoglifi in Giordania come disegni che “rappresentano esperimenti di embrioni, e se osservati con grande attenzione vedrete il risultato di due specie: quella umana e quella rettile.”]

La mia risposta:

Buonasera,

se davvero vuole contribuire alla pace, può cominciare a farlo subito smettendo di mandarmi messaggi di questo genere.

Cordiali saluti

Paolo Attivissimo

PS Qualunque altro messaggio verrà immediatamente cestinato senza essere letto.

Mi spiace, ma ho proprio esaurito la pazienza con questa gente.

Come prevedibile, è infatti arrivata la sua risposta di piena e serena apertura al dialogo:

Ho visto che hai pubblicato un articolo sui cerchi nel grano. Ti piaccerà. Utilizza il tuo spirito critico. Idiota!

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Antibufala: no, Elon Musk non ha detto che Twitter/X diventerà a pagamento per tutti

20 de Setembro de 2023, 6:14, por Il Disinformatico

Pubblicazione iniziale: 2023/09/19 12:04. Ultimo aggiornamento: 2023/09/20 10:50. Immagine generata da Lexica.art.

Sta circolando la diceria, riportata da moltissime testate giornalistiche, che Elon Musk avrebbe dichiarato che X (quello che una volta si chiamava Twitter) diventerà a pagamento per tutti. Non è così.

Tutto nasce da una dichiarazione fatta da Musk durante un incontro pubblico con Benjamin Netanyahu, trasmesso in streaming su X, a 34 minuti e 45 secondi dall’inizio (ringrazio Andrea Bettini per quest’indicazione). Netanyahu chiede a Musk se esiste un modo per frenare gli “eserciti di bot” che diffondono e amplificano l’odio, in modo che se c’è un hater perlomeno agisca solo con la propria voce invece di trovarsela amplificata dai bot.

Musk risponde dicendo:

“This is actually a super tough problem. And really, I'd say the single most important reason that we're moving to having a small monthly payment for use of the X system is, it's the only way I can think of to combat vast armies of bots. Because a bot costs a fraction of a penny, call it a tenth of a penny. But if somebody even has to pay a few dollars or something, some minor amount, the effective cost of bots is very high. And then you also have to get a new payment method every time you have a new bot. So that actually, the constraint of how many different credit cards you can find, even on the dark web or whatever. And then, so, prioritizing posts that are written by basically X Premium subscribers. And we're actually going to come out with a lower tier pricing. So we want it to be just a small amount of money...”

In altre parole, non ha detto che tutti gli account diventeranno a pagamento: ha detto solo che X si sta spostando verso l’adozione di un piccolo pagamento mensile per l’uso del sistema X e che X intende presentare un’opzione con un prezzo inferiore. “Spostarsi” non significa “obbligare”.

Sembra, insomma, che Musk stia soltanto proponendo di aggiungere un’iscrizione più a buon mercato per incentivare l’uso di X a pagamento, che attualmente langue intorno allo 0,3% di tutti gli utenti. E da come ne parla, non sembra che questa proposta sia già stata discussa o pianificata in dettaglio: sembra più un’idea partorita sul momento. Musk ha dimostrato ampiamente in passato di ventilare scenari che poi non si concretizzano.

Le Community notes, ossia il debunking interno di X coordinato dagli utenti, definiscono “ingannevoli” i post che parlano di un passaggio di X a un modello a pagamento per tutti, precisando che “in una recente intervista con il primo ministro di Israele, Elon ha dichiarato che [X] introdurrà "una fascia tariffaria ridotta" per i membri premium. Non c’è stato alcun riferimento a far pagare tutti per usare X” (“Misleading post. In a recent interview with the PM of Israel, Elon stated they will introduce "lower tier pricing" for premium members. There was absolutely no mention of charging everyone to use X.”).

Elon Musk is reportedly considering the idea of charging everyone to use Twitter/X pic.twitter.com/LKGtGNiLVW

— Dexerto (@Dexerto) September 18, 2023

Va detto che quest’ipotetica strategia sarebbe efficace contro i bot solo se fosse un pay-to-post universale; per contro, un pay-to-read sarebbe un suicidio. Per dirla in altre parole: “a pagamento per tutti” significherebbe che bisognerebbe pagare anche solo per leggere i post. Significherebbe pagare semplicemente per avere un account X che permetta di seguire specifici account. Questo sarebbe un colossale autogol commerciale, l'equivalente di un paywall intorno a X. Quindi, a meno che Elon Musk non abbia intenzioni autodistruttive per X, parlare di “a pagamento per tutti” non ha assolutamente senso.

La questione sarebbe differente se si trattasse di un ipotetico canone per poter postare (e/o mettere like, fare repost o commenti); ma a quel punto non sarebbe più un “per tutti”.

Fonti aggiuntive: Ars Technica, BBC, Social Media Today.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Podcast RSI - Confederazione e fediverso: perché il governo svizzero è su Mastodon, e perché è così importante?

19 de Setembro de 2023, 9:01, por Il Disinformatico
logo del Disinformatico

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate qui sul sito della RSI (si apre in una finestra/scheda separata) e lo potete scaricare qui.

[Nota: gli embed sono temporaneamente disattivati]

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite iTunes, Google Podcasts, Spotify e feed RSS.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

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I rami del fediverso (da Joinfediverse.wiki).
[CLIP: Il “boop” di notifica di default di Mastodon]

Il 12 settembre scorso è stata presentata formalmente l’istanza Mastodon del governo federale svizzero: la Confederazione entra nel fediverso. Dietro questi termini tecnici, magari poco familiari per molti utenti di Internet, c’è una novità decisamente importante per la protezione dei dati dei cittadini e per la sovranità delle comunicazioni di qualunque paese.

Molti governi e molte istituzioni, infatti, usano i social network per comunicare con i cittadini, ma questo significa che i cittadini sono costretti a iscriversi ai social network e quindi cedere dati personali, ma soprattutto significa che c’è qualcuno -- il gestore del social network -- che quando gli pare può interferire nelle comunicazioni e può anche interromperle. Non è un’ipotesi fantasiosa, visto quello che è successo con Twitter, o X come vuole farsi chiamare adesso, dove molti account governativi e di testate giornalistiche sono stati silenziati o limitati da quando Elon Musk ha preso il controllo di questo social network. Ma esiste un’alternativa.

Questa alternativa è il tema della puntata del 15 settembre 2023 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Benvenuti. Io sono Paolo Attivissimo.

[SIGLA di apertura]

La Cancelleria federale svizzera ha annunciato il 12 settembre di aver aperto una cosiddetta istanza su Mastodon. Traduco subito: un’istanza è, in sintesi, un computer collegato a Internet, sul quale è installato un software che gli permette di funzionare come un piccolo social network completamente autogestito, per la diffusione di notizie e la discussione fra utenti in un formato simile a Twitter ma senza le intemperanze e la profilazione commerciale di Twitter.

Questo software è gratuito, è open source, cioè liberamente installabile e ispezionabile, e adotta un formato standard di comunicazione, per cui gli utenti di quel mini-social network, ossia di quella istanza, possono comunicare anche con gli utenti di tutte le altre istanze che usano lo stesso standard, ovunque nel mondo. Uno dei software più popolari in questo campo si chiama Mastodon.

Non c’è una grande organizzazione centrale che controlla tutto, non c’è un singolo padrone commerciale: ogni istanza si autogoverna, come se fosse un’isola, e comunica con le altre, in un sistema federato. L’insieme delle istanze, ossia l’arcipelago delle isole, si chiama fediverso: l’universo dei sistemi federati. Nel caso del governo federale svizzero, l’istanza, ossia il mini-social network autogestito, si chiama Social.admin.ch. È online in questo momento ed è visitabile con qualunque dispositivo, come qualsiasi altro sito di Internet. Non occorre iscriversi per consultarlo.

Per ora ci trovate poco, visto che si tratta di un esperimento pilota, oltretutto appena iniziato, ma il portavoce del Consiglio federale, André Simonazzi, è già attivo: lo trovate a @gov@social.admin.ch. E sono già operativi gli account del Dipartimento federale degli affari esteri (@EDA_DFAE@social.admin.ch, in inglese @swissmfa@social.admin.ch), del Dipartimento federale dell’economia, della formazione e della ricerca (@WBF_DEFR@social.admin.ch) e del Dipartimento federale dell’interno (@EDI_DFI@social.admin.ch). Trovate i loro indirizzi Mastodon su Disinformatico.info o su social.admin.ch/directory.

Se visitate l’istanza Mastodon del governo svizzero, o qualunque altra istanza dello stesso tipo, c’è una differenza importante di cui probabilmente non vi accorgerete finché qualcuno non ve la farà notare: manca l’onnipresente, estenuante richiesta di accettare i cookie. Manca per una ragione molto semplice e molto importante: le istanze non fanno profilazione, non raccolgono dati personali e non hanno bisogno di cookie ficcanaso. Questa è la differenza fondamentale tra i social network tradizionali, come Facebook, Instagram, TikTok o X/Twitter, e le istanze del fediverso: le istanze rispettano automaticamente le leggi sulla protezione dei dati, rilevano solo i dati strettamente necessari per la gestione ed escludono esplicitamente la vendita e il commercio di dati degli utenti.

È per questo che le istanze di Mastodon e simili sono così allettanti per la comunicazione a livello governativo:

  • sono gestite direttamente dal governo, senza dazieri o intermediari magari stranieri che potrebbero decidere in qualunque momento di bloccare tutto;

  • non obbligano i cittadini e gli utenti a consegnare dati personali ad aziende che li vendono;

  • evitano che le istituzioni pubbliche facciano indirettamente promozione dei vari social network commerciali e incoraggino i cittadini a usarli e a diventarne utenti sorvegliati;

  • e offrono garanzie di autenticazione senza dover pagare per avere “bollini blu” o consegnare scansioni di documenti di identità a chissà chi.

Le istanze, insomma, offrono un modo rispettoso della sovranità e della privacy per raggiungere la popolazione, che soprattutto nelle fasce più giovani sarebbe difficilmente raggiungibile attraverso altri canali.

Ma i vantaggi del fediverso non riguardano solo i governi; valgono anche per le testate giornalistiche, le emittenti radiotelevisive, le scuole e le aziende, e per i rispettivi utenti. Cioè noi.

Fedigoverno, ma non solo

Fedigov.eu è un sito che raduna informazioni e risorse per facilitare la transizione di governi, aziende e istituzioni verso questi software privi di controllori. Un’esigenza sempre più pressante, visto che le nuove leggi europee sulla protezione dei dati non si conciliano con la passione vorace dei social network per farsi i fatti nostri, come è successo con Threads di Meta, che non è operativo in Europa perché è troppo ficcanaso e non può rinunciare ad esserlo, perché è così che fa soldi.

Intanto X/Twitter, sotto la gestione di Elon Musk, ha iniziato a ridurre la circolazione dei post delle testate giornalistiche che non vanno a genio al nuovo proprietario o ha rallentato intenzionalmente i link ai loro siti: è successo ai danni di Reuters, del New York Times, di Substack e dei social network concorrenti Facebook e Bluesky a metà agosto scorso, e nel 2022 Twitter aveva bloccato del tutto i link a Mastodon. Tutti questi comportamenti sono stati interrotti dopo che sono stati rivelati dagli esperti (New York Times; Washington Post), ma pochi giorni fa la società di analisi del traffico social NewsWhip ha pubblicato dati che sembrano indicare un crollo delle condivisioni su X degli articoli del New York Times, giornale che Elon Musk dichiara pubblicamente di disprezzare.

Per fare un esempio, quando l’ex presidente statunitense Barack Obama ha condiviso su X una serie di articoli del Times, quelle condivisioni hanno raggiunto meno di un milione di utenti di X. Ma quando Obama ha condiviso articoli di altre testate, i suoi post sono stati visti da quasi 13 milioni di utenti (Semafor.com). Sono episodi che rivelano il potere di controllo dei social network commerciali e privati sulla circolazione delle informazioni e rivelano soprattutto la natura capricciosa di questo controllo.

Alcune testate giornalistiche sono già corse ai ripari, aprendo account nel fediverso perché quelli che hanno su Twitter o altri social network vengono limitati in vari modi dai gestori di quei social network. La BBC, per esempio, ha avviato un esperimento simile a quello del governo svizzero presso Social.bbc, e lo stesso hanno fatto molte testate giornalistiche internazionali, il governo olandese (social.overheid.nl) e l’Unione europea (social.network.europa.eu).

Nel fediverso, infatti, non ci sono i cosiddetti algoritmi social, quei complicati e oscuri meccanismi in base ai quali certi contenuti vengono fatti circolare più di altri. Nei sistemi federati è l'utente che sceglie cosa vuole vedere e chi vuole seguire. Non c’è pubblicità, non c’è tracciamento e si può comunicare facilmente,con gli amministratori, nella propria lingua, in caso di problemi. Non ci sono censure, perlomeno finché si rispettano le regole di moderazione dell’istanza dove si è aperto l’account. E non c’è niente da pagare, visto che tutto si regge sul volontariato e sulle donazioni degli utenti.

Inoltre nel fediverso non c’è solo Mastodon, pensato per la condivisione di notizie e brevi testi come alternativa a Twitter. Ci sono anche sostituti di Instagram, come Pixelfed, e di YouTube, come Peertube, tutti interconnessi e basati sugli stessi principi e sullo stesso standard di interoperabilità, denominato ActivityPub. Anche qui, niente richieste assillanti di cookie, niente pubblicità, niente algoritmi che decidono per noi cosa dobbiamo leggere o vedere.

Ma allora perché non siamo già tutti su Mastodon?

Mastodon, pochi ma buoni

Secondo i dati pubblicati dall’account automatico Mastodon Users (@mastodonusercount@mastodon.social), su Mastodon ci sono oggi poco più di quattordici milioni di account. Un numero in crescita costante, ma comunque modestissimo rispetto alle centinaia di milioni di account X/Twitter o ai tre miliardi e passa di Meta.

[2023/09/15 13:55 Poco dopo la chiusura del podcast è stato annunciato che l’istanza Mastodon.social ha appena superato il milione e mezzo di iscritti]

È quindi molto probabile che i vostri amici non siano su Mastodon. Non ci sono per un’ottima ragione: non è lì che trovano i loro amici, che sono invece tutti sui social network commerciali e da lì non si muovono per la stessa ragione: non vogliono andare via dal social in cui si trovano i loro amici. Siamo, in un certo senso, ostaggi gli uni degli altri. Questo fenomeno si chiama network effect, effetto rete, o anche effetto carrozzone, ed è tipico di qualunque prodotto o servizio di rete: il suo valore per gli utenti aumenta man mano che aumenta il numero degli utenti, e viceversa. Per fare un esempio, è inutile avere un fax se nessun altro ha più un fax, come è inutile essere su Telegram se tutti gli amici sono su WhatsApp.

Per spezzare questo stallo ci sono due modi fondamentali: rendere il prodotto nuovo compatibile con quello vecchio, come è successo per esempio con la telefonia mobile, che permetteva sin da subito di chiamare numeri della rete fissa esistente e viceversa, oppure rendere il prodotto nuovo così interessante, e quello attuale così frustrante, da spingere gli utenti a superare la naturale resistenza al cambiamento.

Gli account su Mastodon sono pochi, ma quei pochi sono costituiti da numerosissime testate giornalistiche, radio e TV, bot informativi automatici, istituzioni e adesso anche governi. Se usate i social network per informarvi presso fonti di questo tipo, allora su Mastodon troverete già un buon numero di account interessanti da seguire. Se siete su Twitter, potete usare Fedifinder per trovare automaticamente gli equivalenti su Mastodon degli account che seguite su Twitter.

Sul versante frustrazione non occorre fare nulla: molti utenti di spicco hanno già abbandonato Twitter, rendendolo meno appetibile, e la gestione di Elon Musk sembra voler fare di tutto per rendere difficile la vita di chi resta. Un recente test ha indicato che l’86% di un campione di post indiscutibilmente dedicati all’odio, al negazionismo dell’Olocausto, all’esaltazione del nazismo e al suprematismo bianco non è stato rimosso da X neanche dopo che è stato segnalato; X ha risposto a questa critica con una parziale smentita. Inoltre, secondo Media Matters, X ha pubblicato inserzioni pubblicitarie di grandi marche accanto a contenuti di antisemitismo, fra cui spiccano accuse esplicite di coinvolgimento di Israele e degli ebrei negli attentati dell’11 settembre 2001. Comprensibilmente, molti utenti non ci tengono a frequentare un ambiente del genere e cercano alternative dove i contenuti di odio vengano gestiti correttamente.

Come entrare in Mastodon, senza panico

Iscriversi a Mastodon non è difficile, ma richiede un passo in più che forse è poco intuitivo rispetto alla normale iscrizione a un social network commerciale: bisogna scegliere per prima cosa l’istanza dove aprire l’account, e solo a quel punto si può scegliere il nome dell’account. È un po’ come quando si apre un account di mail: bisogna selezionare prima quale fornitore usare e poi decidere il nome dell’utente.

Per scegliere l’istanza si può andare a Joinmastodon.org/servers e fare una selezione, per esempio per lingua o area geografica, in modo da avere assistenza e moderazione nella propria lingua, oppure si può chiedere consiglio a qualcuno che è già su Mastodon. In ogni caso, se si cambia idea in seguito si può sempre traslocare su un’altra istanza senza perdere nulla.

Fatto questo, si sceglie il nome del proprio account e si scelgono gli account da seguire, che hanno un formato strano: chiocciola-nome utente - chiocciola - istanza. Per esempio, io su Mastodon sono @ildisinformatico@mastodon.uno.

[2023/09/17 17:55: Rispondo qui a una domanda che è emersa nei commenti e che probabilmente verrà posta da altri commentatori: ho scelto Mastodon.uno per avere un responsabile che parli italiano, conosca il contesto italiano e conosca la mia reputazione professionale, così se ci sono problemi o se segnalo qualcosa tutto si risolve più efficientemente. Ma se non sapete che pesci pigliare, potete scegliere l’istanza di default, che è Mastodon.social]

Tutto qui; il resto si impara strada facendo. Non è neanche indispensabile scaricare e installare un’app apposita: basta usare un browser qualsiasi, anche se le varie app permettono un uso più efficiente e flessibile.

Certo, Mastodon non è per ora il posto per chi aspira ai grandi numeri o a diventare influencer: per quello ci sono i social network commerciali, e comunque si può anche tenere il piede in due scarpe, come fanno molti utenti, molte organizzazioni e molti governi, compreso quello svizzero. Ma se si cerca gente interessante da leggere o servizi d’informazione utili da seguire, e se si vuole provare il piacere un po’ ruspante di usare Internet così com’era stata concepita in origine, con software e servizi creati dagli utenti per gli utenti, senza gestori miliardari dispotici e capricciosi e senza algoritmi che amplificano l’odio, Mastodon e tutto il fediverso sono un’occasione ghiotta, anche per ricordare, come dice l’autore e attivista informatico Cory Doctorow (@pluralistic@mamot.fr), che Internet può essere molto più che “cinque siti web giganti, pieni di screenshot degli altri quattro”.

[Nota: la frase è stata probabilmente coniata da Tom Eastman su Twitter il 3 dicembre 2018 e in originale è “I'm old enough to remember when the Internet wasn't a group of five websites, each consisting of screenshots of text from the other four.”]

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Podcast RSI - Cronaca di una truffa online “made in Switzerland”

19 de Setembro de 2023, 8:59, por Il Disinformatico
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È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate qui sul sito della RSI (si apre in una finestra/scheda separata) e lo potete scaricare qui.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite iTunes, Google Podcasts, Spotify e feed RSS.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

2023/09/12: La RSI ha disabilitato gli embed e quindi quelli presenti nei miei articoli hanno smesso di funzionare. Li sto togliendo man mano, sostituendoli con i link diretti; portate pazienza.

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[CLIP: Raffica di suoni di notifica di WhatsApp su iPhone]

Il truffatore mi sta tempestando di messaggi su WhatsApp. Ovviamente non sa che sta conversando con me: crede di avere a che fare con una delle sue vittime. Vittime che hanno perso decine di migliaia di dollari o euro, o franchi svizzeri nel caso che sto per raccontarvi, in un raggiro che parte da un’offerta di lavoro online e ha una particolarità che lo distingue dalle truffe online abituali: i criminali operano all’interno dello stesso paese in cui risiedono le loro vittime.

Di solito, invece, c’è di mezzo una frontiera, in modo da complicare le indagini, ma nel caso tuttora in corso che mi è stato segnalato tutto avviene in Svizzera, e per incompetenza o spavalderia i truffatori usano numeri di telefono locali, di cui è facile identificare i titolari. È una tecnica di inganno ben strutturata, che è meglio conoscere e far conoscere per evitare di finire nella sua complessa e costosa ragnatela.

Benvenuti alla puntata dell’8 settembre 2023 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo.

[SIGLA di apertura]

Tutta la vicenda prende il via alla fine di agosto 2023. Trattandosi di una storia che ha anche dei risvolti legali ancora aperti, nel raccontarla cambierò i nomi delle persone e di alcuni dei luoghi e siti coinvolti, lasciando comunque intatta la sostanza della tecnica della truffa.

[per la stessa ragione non posso pubblicare il nome del sito truffaldino e dell’agenzia]

La vittima, che chiamerò Mario e risiede in Svizzera, viene contattata su WhatsApp da una persona che si presenta come rappresentante di un’agenzia che gli offre un lavoro: una situazione frequente e assolutamente normale, soprattutto per una persona come Mario, che come tante altre ha un profilo professionale pubblico su LinkedIn proprio per ricevere offerte lavorative. L’agenzia, fra l’altro, è piuttosto ben conosciuta, e nei siti antitruffa come Scamadviser o Trustpilot gode di ottima reputazione fra le aziende che si occupano di recensire prodotti.

Il lavoro proposto consiste nell’aiutare altre aziende a migliorare i risultati di vendita facendo compravendite di prodotti in cambio di una provvigione. Per rassicurare Mario, l’agenzia gli propone di aprire un account di prova per una settimana e gli affianca una persona che non solo lo guida e lo assiste, ma deposita anche sull’account del denaro dell’agenzia, da usare per le compravendite. Mario esegue diligentemente i compiti che gli vengono assegnati e alla fine del periodo di prova risulta che ha guadagnato quasi mille dollari di provvigioni. Tutto si svolge online, sul sito dell’agenzia, che per ovvie ragioni non posso nominare qui, e via WhatsApp.

Mario vede che il meccanismo funziona e quindi apre un account effettivo, sul quale carica una piccola cifra in criptovaluta, che ogni sera gli viene effettivamente restituita, insieme alle provvigioni guadagnate, depositandola sul suo conto presso Binance.com, che è estranea al raggiro.

Fino a questo punto, insomma, Mario ha incassato più di quanto abbia investito. I suoi soldi sono rientrati sul suo conto Binance: non sono numeri fittizi di un conto altrettanto fittizio sul sito dei criminali, come avviene spesso. E su WhatsApp entra in contatto con altri collaboratori dell’agenzia, che è un nome di spicco nel suo settore, e tutti sono molto contenti dei guadagni che stanno ottenendo. Sono pareri rassicuranti, resi ancora più credibili dal fatto che i numeri di telefono visibili su WhatsApp di queste persone sono nazionali: hanno il prefisso locale 022, che corrisponde a Ginevra, non a qualche nazione lontana.

Ma se gli incassi di Mario sono maggiori dei suoi investimenti, allora dove sta la truffa?

La truffa del “retail rating boost”

I truffatori hanno costruito attentamente la propria trappola. In realtà non rappresentano affatto una nota agenzia affidabile, ma hanno creato un sito falso che replica il nome e la grafica di quell’agenzia e lo hanno reso quasi invisibile ai principali motori di ricerca per non attirare attenzioni indesiderate.

Vanno in giro su siti come LinkedIn e guardano i profili delle persone in cerca di lavoro, selezionando quelle che hanno maggiori probabilità di diventare vittime, in base alla situazione lavorativa, all’età e ad altri fattori. Da quei profili estraggono i numeri di telefono e poi contattano le persone via WhatsApp.

Se la persona contattata accetta la proposta e apre un account presso il sito dei truffatori, i criminali inizialmente la mettono a proprio agio e le fanno fare piccole compravendite che hanno successo [questo tipo di truffa viene a volte chiamato retail rating boost scam o boosting sales scam]. Come ulteriore rassicurazione, fanno fare alla vittima anche un certo guadagno. Tutto sembra andare per il meglio, e anzi arriva la grande occasione: una compravendita molto importante, che promette provvigioni altrettanto importanti.

Alla vittima viene quindi chiesto di procedere come al solito, ossia anticipando la cifra, qualche migliaio di dollari, e poi arriva un’occasione ancora più grande, per la quale va versato un altro anticipo, cosa che le vittime fanno spesso, perché hanno visto che il sistema funziona e le provvigioni promesse sono arrivate. È a questo punto che scatta la trappola: i criminali continuano a rilanciare, offrendo compravendite sempre più impegnative, finché la vittima non ha più soldi da inviare.

A quel punto i soldi inviati, decine di migliaia di dollari, euro o franchi, non tornano più indietro, e se la vittima contesta, i truffatori rispondono accusandola di non aver rispettato le regole del contratto, che prevedono un numero minimo di transazioni prima che vengano erogate le provvigioni. In realtà sono tutte scuse, il “contratto” è carta straccia e i criminali non hanno la minima intenzione di restituire il maltolto.

Il “contratto” (l’ho reso intenzionalmente illeggibile per non identificare il sito; l’importante è la sua brevità, decisamente sospetta).

A Mario è andata esattamente così: ha eseguito gli acquisti iniziali come richiesto, e tutto è andato liscio. Ma poi gli è arrivato un cosiddetto “package”, una serie di tre acquisti di importo superiore a quello presente sul suo account ma con provvigioni promesse molto elevate. Ha versato qualche migliaio di dollari in criptovaluta per colmare la differenza e ha completato le prime due transazioni. Poi ne è arrivata un’altra, che richiedeva circa diecimila dollari di versamento, li ha racimolati e li ha inviati. Ma a quel punto è arrivato un altro “package”, che avrebbe richiesto un anticipo di altri quindicimila; Mario ha protestato e i truffatori gli hanno risposto che senza questo ulteriore versamento non avrebbe ricevuto le sue spettanze, come previsto dal contratto.

Mario non ha più rivisto il proprio denaro e ha sporto denuncia alla polizia, raccontando tutti i dettagli della vicenda, che poi ha raccontato a me, sperando che la storia di quello che è successo a lui possa essere di aiuto, e di monito, a qualcun altro.

In chat con i truffatori

Quello che colpisce in questa truffa, oltre al danno economico ingente subìto dalla vittima, è l’uso di numeri di telefono nazionali, ai quali corrispondono persone reali, non bot. Me ne sono accorto perché esaminando il codice HTML pubblico del sito dei truffatori ho trovato il link al loro “servizio clienti”, che in teoria sarebbe appunto accessibile solo a chi ha un account, ossia alle vittime, e ho iniziato una conversazione via WhatsApp con uno degli “agenti” del sito truffaldino, che ha dato risposte decisamente umane e non preprogrammate alle mie domande, intenzionalmente molto differenti da quelle gestibili da un eventuale sistema automatico.

Queste persone reali, con numeri di telefono di rete fissa nella zona di Ginevra, sono tutte complici? Oppure nel gruppo WhatsApp dei collaboratori ci sono anche altre vittime che ancora non si sono accorte di essere finite in una truffa? Lo appureranno, si spera, le indagini delle autorità, che non dovrebbero avere particolari difficoltà a rintracciare gli intestatari di quei numeri. Se non altro, qui non c’è l’ostacolo abituale di doversi rivolgere a forze di polizia di altri paesi.

Nel frattempo, ho segnalato il nome del sito dei truffatori a Google, a Microsoft e ad altri servizi di protezione degli utenti, come Netcraft e Antiphishing.ch, in modo che chi usa Chrome, Firefox, Edge e altri browser riceva automaticamente un vistoso avviso se cerca di collegarsi a quel sito.

Poche ore dopo la mia segnalazione, il sito dei truffatori è stato etichettato da Google come pericoloso e ora mostra questa schermata a chi usa Google Chrome e i vari servizi di protezione che si appoggiano a Google. La voce si è sparsa in fretta.

Ho poi contattato il registrar, ossia la società che gestisce il nome di dominio usato dai truffatori, per avvisarla della situazione. I criminali probabilmente riapriranno un altro sito entro pochi giorni, ma nel frattempo qualche vittima, forse, avrà evitato la trappola.

[aggiornamento: guardando l’HTML del sito dei truffatori ho anche trovato un link a un servizio di chat commerciale, contenente quello che sembrava un identificativo numero di cliente. Ho contattato i gestori del servizio di chat, spiegando la situazione, e hanno detto che si tratta effettivamente di un ID di un ex cliente, di cui hanno ancora i dati; hanno aggiunto che sono disposti a fornire tutti i dati dell’ex cliente dietro richiesta formale delle autorità]

[altro aggiornamento (2023/09/08 14:40): i criminali hanno riaperto con un altro nome di dominio. Ho segnalato anche quello]

Sono piccoli gesti di contrasto che ogni utente di Internet può fare e che collettivamente rendono un po’ più difficile la vita ai criminali. Trovate i link per fare queste segnalazioni presso Disinformatico.info.

Ma c’è anche un altro gesto di contrasto utile che chiunque può fare: raccontare agli amici, ai familiari e ai colleghi truffe come questa, come raccomanda anche il sito della Prevenzione Svizzera della Criminalità, per mettere in guardia chi potrebbe incapparvi perché comprensibilmente fa fatica a immaginare che ci possano essere criminali dall’aria così rispettabile, così premurosi e pazienti, con numeri di telefono nazionali e addirittura disposti a dare dei soldi inizialmente alla vittima per poi rubargliene molti di più in seguito. E non c’è da vergognarsi o da sentirsi stupidi: questi truffatori sono professionisti e sanno esattamente come mettere sotto pressione le persone e approfittare della loro fiducia.

E non hanno pietà: mentre registro questo podcast, stanno ancora tormentando Mario dicendogli che i suoi soldi sono ancora lì, e che se li rivuole deve racimolare altri soldi da versare per completare il contratto, facendo se necessario una colletta fra amici e parenti o chiedendoli anche a uno strozzino. Quando Mario li ha avvisati che si sarebbe rivolto alla polizia, hanno risposto che questo avrebbe violato la clausola di confidenzialità del contratto e hanno minacciato di citare lui, la vittima, in giudizio.

In attesa di un intervento delle autorità, si può solo fare prevenzione. Se un’offerta online sembra un po’ troppo remunerativa, se non richiede competenze professionali specifiche, e soprattutto se esige che il lavoratore paghi il presunto datore di lavoro invece del contrario, è fondamentale mantenere i nervi saldi e non cedere alla pressione psicologica e alla speranza di aver trovato la soluzione per i propri problemi finanziari o lavorativi. Tutte cose facili da dire quando si esaminano queste situazioni dall’esterno, ma molto meno facili da fare quando ci si è in mezzo, e l’emozione è un macigno. Siate prudenti.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


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