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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Google Chrome dirà addio al lucchetto da settembre

11 de Maio de 2023, 3:51, por Il Disinformatico
Prendete il vostro smartphone, se potete, e usatelo per visitare una qualsiasi pagina del Web: noterete che a sinistra del nome del sito che state visitando c’è l’icona di un lucchetto. Sapete spiegare che cosa significa quel lucchetto?

Se avete risposto che indica che il sito che state guardando è sicuro e affidabile, avete sbagliato, ma consolatevi: la maggior parte della gente sbaglia allo stesso modo. Secondo uno studio condotto da Google nel 2021, solo l’11% delle persone conosce il vero significato di quest’icona, e anzi molti utenti non sanno neppure che quest’icona è cliccabile. Anche altri studi hanno confermato la diffusione molto ampia di questo equivoco. Ed è per questo che Google ha annunciato che ai primi di settembre 2023 l’icona del lucchetto verrà sostituita da un altro simbolo in Chrome per dispositivi Android e sparirà del tutto su Chrome per iPhone e iPad.

È un cambiamento importante, che rispecchia il cambiamento altrettanto grande che ha coinvolto tutta Internet negli ultimi anni. L’icona del lucchetto indica che il sito viene visitato usando una connessione cifrata e quindi i dati che vengono scambiati non sono intercettabili o alterabili da parte di terzi. Una funzione preziosa, per esempio, per qualunque sito che gestisca dati personali o soldi, come i siti di acquisti o di gestione dei conti bancari.

Questa connessione cifrata, indicata dalla sigla HTTPS, è stata introdotta oltre vent’anni fa, ma è rimasta a lungo una rarità e veniva appunto segnalata come una protezione aggiuntiva da tutti i browser, da Internet Explorer a Safari, grazie all’icona del lucchetto. Ma oggi la connessione cifrata è diventata la norma, per cui quest’icona è quasi sempre presente sullo schermo e quindi ha perso la propria utilità informativa: anzi, secondo Google è diventata pericolosa, perché oggigiorno anche i siti dei truffatori offrono connessioni cifrate e quindi fanno comparire sullo schermo il lucchetto. Lo fanno perché contano sul fatto che moltissimi utenti penseranno che il lucchetto sia un indicatore di autenticità o affidabilità. Ma non lo è affatto.

Se usate Google Chrome, insomma, preparatevi al fatto che tra poco l’icona del lucchetto verrà sostituita, sui computer e sui tablet e smartphone Android, da un simbolo molto differente: due cerchietti e due trattini, che dovrebbero rappresentare delle regolazioni o impostazioni. L’icona sarà cliccabile per avere maggiori informazioni sul sito visitato e sulla protezione delle comunicazioni con quel sito, esattamente come prima. Sui tablet e smartphone Apple, invece, l’icona sparirà completamente. E visto che Chrome è uno dei browser più usati e quello che fa Chrome fa tendenza, è probabile che anche le altre app di navigazione adotteranno presto un cambiamento analogo [in Firefox c’è già un’icona molto simile ma speculare, che ha una funzione differente: informa sui permessi e i cookie concessi a un sito].

Il simbolo che sostituirà il lucchetto in Google Chrome da settembre.

Preparatevi insomma per questo cambiamento a settembre, e nel frattempo ricordate che già adesso l’icona del lucchetto, in qualsiasi browser, non indica che un sito è autentico o fidato, ma significa soltanto che la comunicazione con quel sito è protetta dalla crittografia. Vuol dire che magari state comunicando con dei truffatori, ma lo state facendo in maniera protetta. Magra consolazione, lo so: forse sarebbe meglio non comunicare affatto con certa gente.

 

Fonti aggiuntive: Ars Technica, Engadget.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Spotify, musica sintetica per ascoltatori sintetici

10 de Maio de 2023, 21:21, por Il Disinformatico
Più di quarant’anni fa, lo scrittore di fantascienza e futurologo Arthur C. Clarke scrisse, nel suo libro Profiles of the Future, parole sottilmente sprezzanti e profetiche a proposito della musica generata tramite computer: “[...] ora che ai calcolatori elettronici è stato insegnato come comporla, possiamo aspettarci fiduciosamente che ben presto alcuni di questi calcolatori impareranno ad apprezzarla, evitandoci così lo sforzo”.*

* “The prospect for modern music is a little more favourable; now that electronic computers have been taught to compose it, we may confidently expect that before long some of them will learn to enjoy it, thus saving us the trouble”.

[CLIP: HAL si offre di cantare una filastrocca in 2001 Odissea nello spazio

Sembra che Clarke ci abbia azzeccato ancora una volta: dopo la musica sintetica generata dall’intelligenza artificiale, è ora il turno degli ascoltatori sintetici. 

Pochi giorni fa è emersa la notizia che la piattaforma di streaming audio Spotify ha rimosso dal proprio catalogo decine di migliaia di brani musicali che erano stati generati usando Boomy, un servizio di generazione di musica basato sull’intelligenza artificiale. Spotify ha inoltre bloccato temporaneamente la pubblicazione di nuovi brani provenienti da Boomy.

Questi brani sono stati rimossi perché sospettati di essere ingredienti di una frode di “streaming artificiale”. In pratica, gli account Spotify che consumavano questi brani non erano persone reali che ascoltavano musica: erano programmi che fingevano di essere ascoltatori, allo scopo di far salire artificialmente il numero di ascolti di brani spazzatura e generare incassi fraudolenti.

Va chiarito, fra l’altro, che Boomy è estranea alla frode ed è soltanto uno strumento usato dai truffatori, tanto che Spotify ha riattivato la pubblicazione supervisionata di nuovi brani provenienti da questo servizio di generazione musicale.

La notizia di questo blocco di massa ha fatto scalpore, ma in realtà non è il primo caso del suo genere: il meccanismo della truffa è già noto da tempo, ma secondo le ricerche del sito specializzato Music Business Worldwide è in rapida crescita a causa di tre fattori concomitanti.

Il primo fattore è la recente possibilità di generare a costo bassissimo o nullo un numero enorme di brani musicali, grazie appunto a servizi come Boomy, che dichiara di aver generato per i suoi utenti oltre 14 milioni di tracce musicali. Questo riduce enormemente i costi operativi della frode, perché prima era necessario prendere una persona e farle comporre qualcosa che somigliasse a un brano musicale. E quella persona, ovviamente, doveva essere pagata: poco, ma pagata.

Il secondo fattore è il successo delle cosiddette stream farm, che sono delle organizzazioni illecite che usano dei software basati sull’intelligenza artificiale per simulare il comportamento di un ascoltatore di musica in carne e ossa e coordinano le attività di un numero elevatissimo di questi ascoltatori sintetici per gonfiare il numero di ascolti dei brani spazzatura.

Il terzo fattore, quello decisivo secondo Music Business Worldwide, è l’attuale criterio di distribuzione dei compensi dei servizi di streaming audio, denominato “pro-rata”. In pratica, i soldi che ciascun abbonato paga mensilmente a Spotify, Apple Music o altri servizi analoghi confluiscono in un unico conto generale. Questo totale viene poi distribuito agli artisti e alle etichette musicali in base alla loro rispettiva quota di mercato. Più un brano è alto in classifica, più soldi incassa. E qui sta il problema: questo metodo di distribuzione incentiva gli utenti commerciali del servizio di streaming, cioè quelli che producono la musica, a cercare di ottenere il numero più alto possibile di ascolti (reali o simulati) invece del maggior numero possibile di ascoltatori.

La differenza può sembrare sottile, ma ha un effetto cruciale: con questo criterio pro-rata, parte dei soldi che ciascun abbonato paga per il servizio viene versata a brani che quell’abbonato non ha ascoltato e che spesso non sono stati ascoltati da nessuno, perché il loro piazzamento nella graduatoria dei compensi è stato ottenuto illecitamente usando le stream farm. Varie fonti stimano che questa frode porti via ai servizi di streaming circa un miliardo e duecento milioni di dollari l’anno, sui 17 miliardi e mezzo incassati dallo streaming musicale in tutto il mondo nel 2022, secondo i dati IFPI. E i vari filtri utilizzati dai servizi di streaming per identificare i brani generati dall’intelligenza artificiale e bloccarli sono imperfetti e insufficienti.

Esiste però un rimedio a questo problema, che toglierebbe di colpo l’ossigeno alle frodi di questo tipo: passare a un criterio in cui i soldi dell’abbonamento di un utente vengono dati esclusivamente agli artisti ascoltati da quell’utente. È il modello che SoundCloud, per esempio, chiama fan-powered, e che altri servizi di streaming stanno iniziando ad adottare. In questo modello non c’è un gruzzolo comune di soldi altrui accessibili ai truffatori, e quindi le stream farm e i loro brani musicali fittizi non hanno più motivo di esistere.

Il problema, insomma, è serio, e non potrà che peggiorare con il maturare dei software di generazione di musica sintetica tramite intelligenza artificiale, perché i brani falsi saranno sempre più difficili da distinguere da quelli autentici. Ma una soluzione, volendo, c’è.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Twitterremoto, ottava puntata: Twitter eliminerà gli account inattivi. A rischio anni di storia di Internet e di ricordi di chi non c’è più

10 de Maio de 2023, 20:38, por Il Disinformatico
Elon Musk ha annunciato pochi giorni fa un nuovo cambiamento di Twitter molto controverso: gli account che non hanno avuto alcuna attività per vari anni verranno eliminati e i loro nomi torneranno a essere disponibili.

La “purga”, per citare il termine usato da Musk (“We’re purging accounts that have had no activity at all for several years, so you will probably see follower count drop”), è già in corso, e stando ad alcuni tweet di Elon Musk risalenti a dicembre 2022 potrebbe riguardare addirittura un miliardo e mezzo di account che per anni non hanno pubblicato tweet e non hanno fatto login (“Twitter will soon start freeing the name space of 1.5 billion accounts”; “These are obvious account deletions with no tweets & no log in for years”).

Ma questa decisione comporta dei problemi tecnici e umani notevoli. Utenti Twitter di spicco, come John Carmack, famosissimo sviluppatore di videogiochi fondamentali come Wolfenstein 3D, Doom e Quake, hanno chiesto a Musk di ripensarci:

I may be reading this incorrectly, but if you are actually deleting inactive accounts and all their historic tweets, I would STRONGLY urge you to reconsider.

Letting people know how many “active” followers they have is good information, but deleting the output of inactive accounts would be terrible. I still see people liking ten year old tweets I made, but the threads are already often fragmented with deleted or unavailable tweets. Don’t make it worse!

Some may scoff at any allusion between Twitter and ancient libraries, but while the burning of the library of Alexandria was a tragedy, scrolls and books that were tossed in the trash just because nobody wanted to keep them are kind of worse.

Save it all!

Eliminare gli account che sono inattivi da diversi anni significa infatti cancellare interi pezzi di storia di Internet, rendendo illeggibili tante conversazioni importanti fatte su Twitter negli anni scorsi. Significa anche che gli account Twitter delle persone decedute verranno brutalmente cancellati, privando i familiari del ricordo delle parole scritte e delle immagini pubblicate da chi non c’è più. Rischiano di sparire anche tutti i contenuti pubblicati negli account delle persone famose non più in vita, con milioni di follower (Chadwick Boseman, per esempio).

Il problema è delicato anche per le aziende che non esistono più e per le tante persone famose ancora in vita che hanno smesso di usare Twitter negli anni scorsi e non vi scrivono più nulla: stando a quello che ha dichiarato Elon Musk, i loro account verrebbero eliminati e i loro nomi utente tornerebbero disponibili, con un evidentissimo rischio di furto di identità e di creazione di equivoci e di impostori molto credibili.

Twitter non ha pubblicato dettagli tecnici su come e in quanto tempo verrà effettuata questa eliminazione di massa: se si scrive all’indirizzo di mail riservato alla stampa, ossia press@twitter.com, da marzo scorso si ottiene come unica risposta automatica l’emoji dell’escremento. Cosa di cui Musk sembra andare orgoglioso, visto che ha annunciato l’introduzione di questo comportamento a marzo scorso con un apposito tweet (“press@twitter.com now auto responds with💩”).

Tutto quello che si sa, per ora, è che Musk ha dichiarato che “gli account verranno archiviati”, ma non si sa come verrà fatta questa archiviazione, se i tweet archiviati saranno consultabili e quali saranno gli effetti sui tweet incorporati o embeddati nelle pagine Web per citarli. 

Musk ha inoltre aggiunto che “è importante liberare i nomi utente abbandonati” (gli handle o username sono i nomi utente, ossia quelli che iniziano con il simbolo della chiocciolina, e non vanno confusi con i display name). Si sa anche che pochi giorni fa sono cambiate in sordina le Norme sugli account inattivi di Twitter: prima dicevano che era necessario fare almeno un login ogni sei mesi, ma adesso dicono che bisogna “effettuare l'accesso almeno ogni 30 giorni”.

C’è insomma poca chiarezza, e la questione diventa particolarmente urgente per i tanti casi in cui una persona è deceduta senza lasciare le credenziali di accesso dell’account ai propri eredi, che quindi non possono neanche effettuare un accesso periodico per tenere attivo quell’account in modo fittizio e sottrarlo alla purga. Twitter per ora non ha annunciato nessuna opzione per trasformare un account facendolo diventare commemorativo, come si fa da tempo per esempio su Facebook.

Se volete salvare dall’eliminazione un account Twitter inattivo, conviene che vi muoviate in fretta. Se avete i codici di accesso all’account, potete scaricarne una copia completa seguendo le istruzioni pubblicate sul sito di Twitter. Potete poi caricare questa copia su Archive.org oppure passare da Tweetarchivist.com o Tinysubversions.com per renderla pubblicamente consultabile.

Se invece non avete la password di un account, potete usare dei servizi a pagamento, come Twtdata, per scaricare una copia di tutti i tweet pubblici di un utente, oppure immettere twitter.com/nomeutente nella casella Wayback Machine di Archive.org. Questo vi permetterà di sfogliare le copie archiviate automaticamente dei tweet pubblici di quell’utente. Non è un rimedio perfetto, ma è meglio di niente.


Fonti aggiuntive: Il Post, Ars Technica,

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Star Trek: il ponte dell’Enterprise-D in Google Street View

9 de Maio de 2023, 19:27, por Il Disinformatico

Non è un modello digitale: questa è una scenografia reale esplorabile, che si trova in Google Street View qui.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Se siete stati vittime di truffe sentimentali, o conoscete qualcuno che lo è stato, contattatemi

8 de Maio de 2023, 8:28, por Il Disinformatico

Sto collaborando a un’inchiesta sulle tecniche dei criminali che organizzano i cosiddetti romance scam, quei crudelissimi raggiri nei quali il truffatore contatta la vittima fingendo di essere interessato a una relazione sentimentale via Internet e poi, a distanza di qualche tempo dall’inizio della relazione, chiede soldi per risolvere un suo guaio personale (inventato), facendo partire una truffa che può costare carissimo e lascia ferite emotive profondissime.

Se siete stati vittime (maschili o femminili) di questi criminali e volete raccontare la vostra storia con il massimo anonimato, contattatemi via mail a paolo.attivissimo@rsi.ch oppure su Instagram (instagram.com/disinformatico) o Telegram (t.me/il_Disinformatico). Se conoscete qualcuno che ha subìto questi inganni e potrebbe essere disposto a parlarne per salvare altre persone, informatelo di questo mio invito. Grazie.

Fonte dell’immagine: Lexica.art.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Tags deste artigo: disinformatico attivissimo