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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Soyuz in avaria nello spazio, verrà lanciato un veicolo sostitutivo il 20 febbraio (aggiornato al 2023/14/01)

14 de Janeiro de 2023, 13:02, por Il Disinformatico

L’agenzia spaziale russa Roscosmos ha preso una decisione sulla questione del veicolo Soyuz attraccato alla Stazione Spaziale Internazionale che il 15 dicembre 2022 aveva sviluppato un’avaria importante al sistema di raffreddamento, forse a causa di un impatto con microdetriti spaziali o micrometeoroidi. L’avaria aveva messo in dubbio la sicurezza del veicolo, che avrebbe dovuto riportare sulla Terra due cosmonauti russi (Sergey Prokopyev e Dmitri Petelin) e un astronauta statunitense (Frank Rubio).

Roscosmos ha deciso che la Soyuz MS-22 in avaria verrà sganciata dalla Stazione e tornerà sulla Terra senza un equipaggio a bordo e che dalla Terra verrà lanciata il 20 febbraio la Soyuz MS-23 senza equipaggio, che verrà successivamente usata per il rientro di Prokopyev, Petelin e Rubio. Lo segnala Katya Pavlushchenko citando un annuncio di Roscosmos su Telegram:

 «Союз МС-22»: решение госкомиссии

15 декабря произошла разгерметизация внешнего контура радиатора системы терморегулирования корабля «Союз МС-22». Версия технического повреждения радиатора при изготовлении не подтверждается. Экспериментально доказано, что повреждение трубопровода радиатора произошло в результате удара метеороида. Диаметр отверстия — менее 1 миллиметра.

Специалисты сделали вывод: «Союз МС-22» должен спускаться на Землю без экипажа.
Запуск «Союза МС-23» — 20 февраля 2023 года в беспилотном режиме.

Ранее планировалось, что на этом корабле 16 марта отправятся на станцию космонавты Роскосмоса Олег Кононенко и Николай Чуб и астронавт NASA Лорал О’Хара.

Экспедиция Сергея Прокопьева, Дмитрия Петелина и Франциско Рубио на МКС продлевается. Они вернутся на Землю на «Союзе МС-23».

Traduco con l’aiuto di DeepL:

Il 15 dicembre si è verificata una depressurizzazione del circuito esterno del radiatore del sistema di controllo della temperatura della Soyuz MS-22. Non è confermata la tesi di un danno tecnico avvenuto durante la fabbricazione. È stato dimostrato sperimentalmente che le tubazioni del radiatore sono state danneggiate in seguito a un impatto di micrometeoroide. Il diametro del foro è inferiore a 1 millimetri.

Gli specialisti hanno deciso: la Soyuz MS-22 deve scendere sulla Terra senza equipaggio. Il lancio della Soyuz MS-23 avverrà il 20 febbraio 2023 in modalità senza equipaggio.

In precedenza era stato previsto che il 16 marzo questo veicolo spaziale sarebbe stato assegnato agli astronauti di Roscosmos Oleg Kononenko e Nikolai Chub e all’astronauta della NASA Loral O'Hara.

La spedizione di Sergey Prokopyev, Dmitry Petelin e Francisco Rubio sulla Stazione viene prolungata. Torneranno sulla Terra a bordo della Soyuz MS-23.

Gli astronauti e cosmonauti a bordo della Stazione sono al sicuro, ma in caso di evacuazione in emergenza al momento non ci sono veicoli spaziali sufficienti per tutti e questa situazione resterà invariata fino al 20 febbraio prossimo.

---

2023/01/11 15:40. Dalle successive dichiarazioni di NASA e Roscosmos risulta che Prokopyev, Petelin e Rubio resteranno a bordo vari mesi in più del previsto (forse fino a settembre, presumibilmente per non “sprecare” del tutto la Soyuz sostitutiva). La Soyuz danneggiata viene considerata non riparabile in volo ma ancora usabile per il rientro dell’equipaggio in caso di grave emergenza. La NASA concorda sulla probabile causa meteorica del danno. Tutte le attrezzature necessarie, comprese le imbottiture personalizzate dei sedili, verranno tolte dalla Soyuz MS-22 e installate dentro la Soyuz MS-23. La MS-22 atterrerà senza equipaggio in Kazakistan, trasportando del cargo, una settimana o due dopo l’arrivo della MS-23.

---

2023/01/14 17:00. Katya Pavlushchenko traduce dal russo un annuncio di Roscosmos secondo il quale verranno prese alcune misure per aumentare la sicurezza dell’equipaggio della MS-22 in attesa dell’arrivo della MS-23: l’imbottitura personalizzata del sedile di Rubio verrà trasferita alla Crew Dragon, sulla quale Rubio rientrerà sulla Terra in caso di emergenza mentre Prokopyev e Petelin rientreranno sulla MS-22. Quando arriverà la MS-23, l’imbottitura di Rubio verrà installata lì in modo che tutti e tre possano rientrare su questa navicella Soyuz. Un post sul blog NASA dedicato alla Stazione Spaziale conferma il tutto e precisa che il trasferimento avverrà il 17 gennaio e la sua installazione e configurazione dureranno fino al giorno successivo.

Questa misura aumenta la protezione dell’equipaggio perché in caso di rientro d’emergenza sulla Soyuz MS-22 danneggiata ci saranno due persone invece di tre, riducendo così il carico termico all’interno della capsula, che il sistema di controllo della temperatura, reso inservibile dal danno, non può gestire.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Podcast RSI - Story: HERT, il computer meno durevole del mondo, e CCS, quello che funziona da 45 anni

12 de Janeiro de 2023, 11:21, por Il Disinformatico
logo del Disinformatico

ALLERTA SPOILER: Questo è il testo di accompagnamento al podcast Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera che uscirà questo venerdì presso www.rsi.ch/ildisinformatico.

---

[CLIP audio: avvio lento di un computer]

Ci si lamenta spesso che i computer e gli smartphone diventano obsoleti nel giro di pochi anni, spingendo a cambiarli spesso, con tutti i costi connessi, e creando tanta spazzatura elettronica, ma ci sono computer la cui vita utile non si misura in anni e neanche in mesi. Si accendono una sola volta, fanno calcoli frenetici per qualche istante, e poi vengono distrutti. Uno spreco incredibile e a prima vista assurdo, ma da questi computer, in un certo senso, dipende la pace nel mondo.

Questa è la storia di HERT, il computer meno longevo di sempre, e delle sue prestazioni incredibili. Non lo troverete nei negozi: noi comuni mortali non possiamo comperarlo, e c’è un’ottima ragione per questo divieto.

[SIGLA di apertura]

La storia di HERT, perlomeno quella pubblica, inizia intorno alla metà degli anni Novanta del secolo scorso, ed è stata portata alla luce dal divulgatore scientifico Scott Manley in un video pubblicato recentemente su YouTube.

Si tratta di uno speciale computer per telemetria che aveva dei requisiti molto particolari: doveva trasmettere dati a circa 100 megabit al secondo (che negli anni Novanta erano una velocità notevolissima) ed era dotato di un processore FPGA o field-programmable gate array a 100 MHz. Questi FPGA, a differenza dei normali processori, sono riconfigurabili perché i loro circuiti non vengono fissati durante la fabbricazione e possono essere ridefiniti dal software che ci gira sopra, dando loro una flessibilità impareggiabile: un computer dotato di FPGA, in pratica, può modificare se stesso per adattarsi meglio al compito che deve svolgere. Oggi gli FPGA vanno molto di moda nel campo dell’intelligenza artificiale, ma ai tempi dell’esordio di HERT erano rari e nuovi: il primo FPGA commerciale era stato realizzato solo una decina d’anni prima, nel 1985.

Per contro, la memoria di HERT era davvero miserrima, persino per gli standard di allora: solo 1280 bit (sì, bit, non megabit o gigabit). Ma non era un problema, perché i dati che doveva raccogliere erano pochissimi e quello che contava era che quella poca memoria fosse incredibilmente veloce, perché doveva incamerare i dati di telemetria e passarli al trasmettitore radio che li inviava ai ricercatori del committente.

E il committente che aveva bisogno di questo strano computer era quasi altrettanto strano: era il Dipartimento per l’Energia degli Stati Uniti. Non è il tipo di ente che normalmente si associa all’informatica ad alte prestazioni, ma questo è un caso particolare, perché questo computer doveva attivarsi, raccogliere dati e trasmetterli nel giro di qualche milionesimo di secondo. Provate a pensare ai tempi di accensione del vostro computer o telefonino e immaginate, oltre trent’anni fa, un computer che era pronto all’uso nel giro di un milionesimo di secondo.

Probabilmente vi starete chiedendo il perché di tanta fretta di accendersi e partire. La spiegazione è nascosta nel significato della sigla HERT, che sta per High Explosive Radio Telemetry, ossia “telemetria via radio per alto esplosivo”. Questo piccolo computer dalle prestazioni pazzesche, infatti, doveva lavorare così in fretta perché doveva trasmettere tutti i dati raccolti prima che venisse distrutto intenzionalmente da un’esplosione. L’esplosione della bomba atomica all’interno della quale era installato.

----

Dietro l’etichetta apparentemente blanda del Dipartimento per l’Energia statunitense c’è in realtà la ricerca militare sulle armi nucleari, che ha ormai da alcuni decenni una sfida notevole da risolvere. Nel 1996 i test nucleari convenzionali, ossia quelli nei quali si fa esplodere una bomba, sono stati formalmente banditi da un trattato internazionale. Da ormai trent’anni, le grandi potenze nucleari firmatarie del trattato, ossia Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito (cui si aggiungono molti altri paesi con arsenali nucleari relativamente minori), non effettuano più test pratici. E quindi questi paesi hanno un problema: come si fa a dimostrare che un’arma nucleare funziona davvero, se non la si può far esplodere?

[CLIP audio: il presidente USA dialoga con il presidente sovietico in “Il Dottor Stranamore” di Stanley Kubrick]

I test nucleari passati non sono sufficienti, perché le bombe invecchiano: contengono molti componenti e sostanze, come per esempio certi polimeri e gli esplosivi chimici che innescano la detonazione nucleare, che perdono le loro proprietà con il passare del tempo, e quindi bisogna fabbricarne periodicamente delle altre o sostituire questi componenti e materiali se si vuole mantenere quantitativamente stabile il proprio deterrente atomico. E bisogna fabbricarle o aggiornarle rispettando degli standard di precisione elevatissimi, altrimenti non funzioneranno.

In estrema sintesi, infatti, l’esplosione di una testata nucleare viene innescata usando degli esplosivi convenzionali, disposti in modo da produrre un’onda di pressione intorno al materiale radioattivo, comprimendolo immensamente in un tempo brevissimo. Se quest’onda non è uniforme, la reazione nucleare a catena non avviene correttamente e l’arma non funziona o funziona con potenza enormemente ridotta. Con le simulazioni al computer di oggi si può fare tanto, ma alla fine si tratta pur sempre di simulazioni, mentre per convincere i propri avversari potenziali che il proprio deterrente nucleare funziona davvero e non solo sulla carta, e che quindi non è il caso di attaccare, servono delle dimostrazioni pratiche.

È qui che entrava in gioco HERT: questo piccolo, velocissimo computer che pesava poco meno di 700 grammi veniva installato dentro una Flight Test Unit (FTU), una replica molto fedele di una bomba atomica ma priva di materiale nucleare e montata su un missile balistico lanciato verso un bersaglio fittizio, e i suoi sensori rilevavano in vari punti dell’ordigno la forma dell’onda di pressione che veniva prodotta dall’esplosivo convenzionale quando la bomba veniva fatta esplodere sul bersaglio. Nell’istante in cui iniziava l’esplosione, HERT doveva accendersi, raccogliere i dati che gli arrivavano da questi sensori, codificarli freneticamente e trasmetterli via radio. Doveva fare tutto questo entro non più di venti milionesimi di secondo, ossia nel tempo che ci metteva l’esplosione a raggiungerlo e distruggerlo. In pratica, la sua intera vita operativa durava cinquemila volte meno di un singolo battito di ciglia. Questa sì che è obsolescenza rapida.

Fonte: OSTI.gov, 2006.

Se i dati di questa telemetria confermavano che la forma dell’onda di pressione era regolare, dimostravano che la bomba funzionava e che quindi il deterrente nucleare era reale e credibile. Secondo la dottrina della distruzione reciproca garantita, questo deterrente scoraggiava i conflitti e quindi HERT, il computer meno durevole del mondo, a modo suo contribuiva alla pace.

---

Va detto che quello che si sa pubblicamente di HERT rappresenta lo stato dell’arte di tre decenni fa di una delle tante tecnologie informatiche estreme usate per la verifica delle armi nucleari, e non si sa quali dispositivi vengano usati oggi al suo posto, anche se i documenti governativi pubblici confermano che HERT, in una delle sue numerose versioni, è rimasto in uso almeno fino al 2007.

In compenso, si sa che il settore del controllo qualità delle testate nucleari, per così dire, utilizza anche oggi dei computer straordinariamente sofisticati, ma si tratta di dispositivi che durano decisamente più a lungo di HERT, anche perché hanno uno scopo molto differente: sono i supercalcolatori giganti che simulano con estrema finezza le reazioni di fusione nucleare, come Sierra e JADE, installati rispettivamente nel 2018 e nel 2016 presso la National Nuclear Security Administration in California e tuttora pienamente operativi, tanto che sono stati protagonisti poco citati dell’annuncio che ha fatto il giro del mondo, a dicembre 2022, di un importante passo avanti nella generazione di energia da fusione nucleare controllata.

Sierra al LLNL. Credit: Randy Wong/LLNL.

Anche questi supercomputer, come il loro ben più effimero parente prossimo HERT, sono gestiti dal Dipartimento per l’Energia statunitense, e quel passo avanti è stato reso possibile dalle loro simulazioni digitali, che hanno definito i parametri dell’esperimento concreto che è stato al centro dell’annuncio. E benché i media si siano concentrati sugli aspetti energetici e le applicazioni commerciali della notizia, in realtà l’annuncio è stato di natura principalmente militare.

Riascoltando la conferenza stampa di presentazione si nota infatti che il fisico Marvin Adams che la conduce è vicedirettore per i programmi della Difesa degli Stati Uniti, e dice molto chiaramente (a 14:00) che il risultato annunciato ha sì delle implicazioni per l’energia pulita, ma soprattutto offre benefici diretti per la sicurezza nazionale, consentendo esperimenti che mantengono l’affidabilità e la credibilità del deterrente nucleare senza effettuare test esplosivi atomici. Esattamente come HERT, insomma.

Queste sono le sue parole [CLIP]:

Fusion is an essential process in modern nuclear weapons, and fusion also has the potential for abundant clean energy. As you have heard, and you’ll hear more, the breakthrough at NIF does have ramifications for clean energy. More immediately, this achievement will advance our national security in at least three ways. First, it will lead to laboratory experiments that help NNSA defense programs continue to maintain confidence in our deterrent without nuclear explosive testing. Second, it underpins the credibility of our deterrent by demonstrating world-leading expertise in weapons-relevant technologies. That is, we know what we’re doing. Third, continuing to assure our allies that we know what we’re doing and continuing to avoid testing will advance our nonproliferation goals, also increasing our national security.”

----

Anche i supercomputer come JADE e Sierra, però, non durano a lungo: dopo qualche anno diventano obsoleti, superati da sistemi ancora più potenti. Ma se HERT è un caso estremo di vita breve di un dispositivo digitale, misurata in milionesimi di secondo, all’altro estremo c’è un computer decisamente longevo.

Secondo il Guinness dei Primati, il computer che è rimasto acceso e operativo più a lungo in tutta la storia della tecnologia digitale è in funzione ininterrottamente da 45 anni e 4 mesi: è entrato in attività il 20 agosto 1977 (il Dekatron britannico risale al 1951 ed è funzionante, ma non è rimasto continuamente attivo).

Anche questo computer ha a che fare con le radiazioni e con l’energia nucleare, ma stavolta le bombe non c’entrano: è infatti il CCS o Computer Command System, una coppia di computer interconnessi a bordo della sonda spaziale Voyager 2, lanciata appunto il 20 agosto del ’77. C’è anche un altro CCS ultralongevo: quello installato sulla sonda gemella Voyager 1, che nonostante la numerazione fu lanciata poco dopo la sorella Voyager 2, il 5 settembre 1977.

Questi Computer Command System sono alimentati ciascuno da un piccolo reattore nucleare che dovrebbe durare fino al 2030 circa e sopportano da 45 anni le radiazioni cosmiche dello spazio profondo; non contengono microprocessori ma soltanto componenti discreti e hanno solo 70 kilobyte di memoria. Oggi i CCS si trovano a oltre venti miliardi di chilometri dalla Terra, ben oltre i pianeti del Sistema Solare, e sfrecciano a più di 15 chilometri al secondo nel gelo e nel buio, continuando a trasmettere diligentemente informazioni scientifiche da quasi mezzo secolo. Pensateci, la prossima volta che vi sentite in obbligo di cambiare telefonino perché vi sembra vecchio.


Fonti aggiuntive:  

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Podcast RSI - Story: HERT, il computer meno longevo del mondo

12 de Janeiro de 2023, 4:58, por Il Disinformatico
logo del Disinformatico

ALLERTA SPOILER: Questo è il testo di accompagnamento al podcast Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera che uscirà questo venerdì presso www.rsi.ch/ildisinformatico.

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[CLIP]

Ci si lamenta spesso che i computer e gli smartphone diventano obsoleti nel giro di pochi anni, spingendo a cambiarli spesso, con tutti i costi connessi, e creando tanta spazzatura elettronica, ma ci sono computer la cui vita utile non si misura in anni e neanche in mesi. Si accendono una sola volta, fanno calcoli frenetici per qualche istante, e poi vengono distrutti. Uno spreco incredibile e a prima vista assurdo, ma da questi computer, in un certo senso, dipende la pace nel mondo.

Questa è la storia di HERT, il computer meno longevo di sempre, e delle sue prestazioni incredibili. Non lo troverete nei negozi: noi comuni mortali non possiamo comperarlo, e c’è un’ottima ragione per questo divieto.

[SIGLA di apertura]

La storia di HERT, perlomeno quella pubblica, inizia intorno alla metà degli anni Novanta del secolo scorso, ed è stata portata alla luce dal divulgatore scientifico Scott Manley in un video pubblicato recentemente su YouTube.

Si tratta di uno speciale computer per telemetria che aveva dei requisiti molto particolari: doveva trasmettere dati a circa 100 megabit al secondo (che negli anni Novanta erano una velocità notevolissima) ed era dotato di un processore FPGA o field-programmable gate array a 100 MHz. Questi FPGA, a differenza dei normali processori, sono riconfigurabile perché i loro circuiti non vengono fissati durante la fabbricazione e possono essere ridefiniti dal software che ci gira sopra, dando loro una flessibilità impareggiabile: un computer dotato di FPGA, in pratica, può modificare se stesso per adattarsi meglio al compito che deve svolgere. Oggi gli FPGA vanno molto di moda nel campo dell’intelligenza artificiale, ma ai tempi dell’esordio di HERT erano rari e nuovi: il primo FPGA commerciale era stato realizzato solo una decina d’anni prima, nel 1985.

Per contro, la memoria di HERT era davvero miserrima, persino per gli standard di allora: solo 1280 bit (sì, bit, non megabit o gigabit). Ma non era un problema, perché i dati che doveva raccogliere erano pochissimi e quello che contava era che quella poca memoria fosse incredibilmente veloce, perché doveva incamerare i dati di telemetria e passarli al trasmettitore radio che li inviava ai ricercatori del committente.

E il committente che aveva bisogno di questo strano computer era quasi altrettanto strano: era il Dipartimento per l’Energia degli Stati Uniti. Non è il tipo di ente che normalmente si associa all’informatica ad alte prestazioni, ma questo è un caso particolare, perché questo computer doveva attivarsi, raccogliere dati e trasmetterli nel giro di qualche milionesimo di secondo. Provate a pensare ai tempi di accensione del vostro computer o telefonino e immaginate, oltre trent’anni fa, un computer che era pronto all’uso nel giro di un milionesimo di secondo.

Probabilmente vi starete chiedendo il perché di tanta fretta di accendersi e partire. La spiegazione è nascosta nel significato della sigla HERT, che sta per High Explosive Radio Telemetry, ossia “telemetria via radio per alto esplosivo”. Questo piccolo computer dalle prestazioni pazzesche, infatti, doveva lavorare così in fretta perché doveva trasmettere tutti i dati raccolti prima che venisse distrutto intenzionalmente da un’esplosione. L’esplosione della bomba atomica all’interno della quale era installato.

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Dietro l’etichetta apparentemente blanda del Dipartimento per l’Energia statunitense c’è in realtà la ricerca militare sulle armi nucleari, che ha ormai da alcuni decenni una sfida notevole da risolvere. Nel 1996 i test nucleari convenzionali, ossia quelli nei quali si fa esplodere una bomba, sono stati formalmente banditi da un trattato internazionale. Da ormai trent’anni, le grandi potenze nucleari firmatarie del trattato, ossia Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Regno Unito, non effettuano più test pratico. E quindi questi paesi hanno un problema: come si fa a dimostrare che un’arma nucleare funziona davvero, se non la si può far esplodere?

I test nucleari passati non sono sufficienti, perché le bombe invecchiano: contengono molti componenti e sostanze, come per esempio certi polimeri e gli esplosivi chimici che innescano la detonazione nucleare, che perdono le loro proprietà con il passare del tempo, e quindi bisogna fabbricarne periodicamente delle altre o sostituire questi componenti e materiali se si vuole mantenere quantitativamente stabile il proprio deterrente atomico. E bisogna fabbricarle o aggiornarle rispettando degli standard di precisione elevatissimi, altrimenti non funzionano.

In estrema sintesi, infatti, l’esplosione di una testata nucleare viene innescata usando degli esplosivi convenzionali, disposti in modo da produrre un’onda di pressione intorno al materiale radioattivo, comprimendolo immensamente in un tempo brevissimo. Se quest’onda non è uniforme, la reazione nucleare a catena non avviene correttamente e l’arma non funziona o funziona con potenza enormemente ridotta. Con le simulazioni al computer di oggi si può fare tanto, ma alla fine si tratta pur sempre di simulazioni, mentre per convicere i propri avversari potenziali che il proprio deterrente nucleare funziona davvero e non solo sulla carta, e che quindi non è il caso di attaccare, servono delle dimostrazioni pratiche.

È qui che entrava in gioco HERT: questo piccolo, velocissimo computer che pesava poco meno di 700 grammi veniva installato dentro una Flight Test Unit (FTU), una replica molto fedele di una bomba atomica ma priva di materiale nucleare e montata su un missile balistico lanciato verso un bersaglio fittizio, e i suoi sensori rilevavano in vari punti dell’ordigno la forma dell’onda di pressione che veniva prodotta dall’esplosivo convenzionale quando la bomba veniva fatta esplodere sul bersaglio. Nell’istante in cui iniziava l’esplosione, HERT doveva accendersi, raccogliere i dati che gli arrivavano da questi sensori, codificarli freneticamente e trasmetterli via radio. Doveva fare tutto questo entro non più di venti milionesimi di secondo, ossia nel tempo che ci metteva l’esplosione a raggiungerlo e distruggerlo. In pratica, la sua intera vita operativa durava cinquemila volte meno di un singolo battito di ciglia. Questa sì che è obsolescenza rapida.

Se i dati di questa telemetria confermavano che la forma dell’onda di pressione era regolare, dimostravano che la bomba funzionava e che quindi il deterrente nucleare era reale e credibile. Secondo la dottrina della distruzione reciproca garantita, questo deterrente scoraggiava i conflitti e quindi HERT, il computer meno durevole del mondo, a modo suo contribuiva alla pace.

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Va detto che quello che si sa pubblicamente di HERT rappresenta lo stato dell’arte di tre decenni fa di una delle tante tecnologie informatiche estreme usate per la verifica delle armi nucleari, e non si sa quali dispositivi vengano usati oggi al suo posto, anche se i documenti governativi pubblici confermano che HERT, in una delle sue numerose versioni, è rimasto in uso almeno fino al 2007.

In compenso, si sa che il settore del controllo qualità delle testate nucleari, per così dire, utilizza anche oggi dei computer straordinariamente sofisticati, ma si tratta di dispositivi che durano decisamente più a lungo di HERT, anche perché hanno uno scopo molto differente: sono i supercalcolatori giganti che simulano con estrema finezza le reazioni di fusione nucleare, come Sierra e JADE, installati rispettivamente nel 2018 e nel 2016 presso la National Nuclear Security Administration in California e tuttora pienamente operativi, tanto che sono stati protagonisti poco citati dell’annuncio che ha fatto il giro del mondo, a dicembre 2022, di un importante passo avanti nella generazione di energia da fusione nucleare controllata.

Anche questi supercomputer, come il loro ben più effimero parente prossimo HERT, sono gestiti dal Dipartimento per l’Energia statunitense, e quel passo avanti è stato reso possibile dalle loro simulazioni digitali, che hanno definito i parametri dell’esperimento concreto che è stato al centro dell’annuncio. E benché i media si siano concentrati sugli aspetti energetici e le applicazioni commerciali della notizia, in realtà l’annuncio è stato di natura principalmente militare.

Riascoltando la conferenza stampa di presentazione si nota infatti che il fisico Marvin Adams che la conduce è vicedirettore per i programmi della Difesa degli Stati Uniti, e dice molto chiaramente (a 14:00) che il risultato annunciato ha sì delle implicazioni per l’energia pulita, ma soprattutto offre benefici diretti per la sicurezza nazionale, consentendo esperimenti che mantengono l’affidabilità e la credibilità del deterrente nucleare senza effettuare test esplosivi atomici. Esattamente come HERT, insomma.

Queste sono le sue parole [CLIP]:

Fusion is an essential process in modern nuclear weapons, and fusion also has the potential for abundant clean energy. As you have heard, and you’ll hear more, the breakthrough at NIF does have ramifications for clean energy. More immediately, this achievement will advance our national security in at least three ways. First, it will lead to laboratory experiments that help NNSA defense programs continue to maintain confidence in our deterrent without nuclear explosive testing. Second, it underpins the credibility of our deterrent by demonstrating world-leading expertise in weapons-relevant technologies. That is, we know what we’re doing. Third, continuing to assure our allies that we know what we’re doing and continuing to avoid testing will advance our nonproliferation goals, also increasing our national security.”

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Anche i supercomputer come JADE e Sierra, però, non durano a lungo: dopo qualche anno diventano obsoleti, superati da sistemi ancora più potenti. Ma se HERT è un caso estremo di vita breve di un dispositivo digitale, misurata in milionesimi di secondo, all’altro estremo c’è un computer decisamente longevo.

Secondo il Guinness dei Primati, il computer che è rimasto acceso e operativo più a lungo in tutta la storia della tecnologia digitale è in funzione ininterrottamente da 45 anni e 4 mesi: è entrato in attività il 20 agosto 1977. Anche questo computer ha a che fare con le radiazioni e con l’energia nucleare, ma stavolta le bombe non c’entrano: è infatti il CCS o Computer Command System, una coppia di computer interconnessi a bordo della sonda spaziale Voyager 2, lanciata appunto il 20 agosto del ’77. C’è anche un altro CCS ultralongevo: quello installato sulla sonda gemella Voyager 1, che nonostante la numerazione fu lanciata poco dopo la sorella Voyager 2, il 5 settembre 1977.

Questi Computer Command System sono alimentati ciascuno da un piccolo reattore nucleare e sopportano da 45 anni le radiazioni cosmiche dello spazio profondo; non contengono microprocessori ma soltanto componenti discreti e hanno solo 70 kilobyte di memoria. Oggi i CCS si trovano a oltre venti miliardi di chilometri dalla Terra, ben oltre i pianeti del Sistema Solare, e sfrecciano a oltre 15 chilometri al secondo nel gelo e nel buio, continuando a trasmettere diligentemente informazioni scientifiche da quasi mezzo secolo. Pensateci, la prossima volta che vi sentite in obbligo di cambiare telefonino perché è vecchio.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Soyuz in avaria nello spazio, verrà lanciato un veicolo sostitutivo il 20 febbraio

11 de Janeiro de 2023, 6:31, por Il Disinformatico

L’agenzia spaziale russa Roscosmos ha preso una decisione sulla questione del veicolo Soyuz attraccato alla Stazione Spaziale Internazionale che il 15 dicembre 2022 aveva sviluppato un’avaria importante al sistema di raffreddamento, forse a causa di un impatto con microdetriti spaziali o micrometeoroidi. L’avaria aveva messo in dubbio la sicurezza del veicolo, che avrebbe dovuto riportare sulla Terra due cosmonauti russi (Sergey Prokopyev e Dmitri Petelin) e un astronauta statunitense (Frank Rubio).

Roscosmos ha deciso che la Soyuz MS-22 in avaria verrà sganciata dalla Stazione e tornerà sulla Terra senza un equipaggio a bordo e che dalla Terra verrà lanciata il 20 febbraio la Soyuz MS-23 senza equipaggio, che verrà successivamente usata per il rientro di Prokopyev, Petelin e Rubio. Lo segnala Katya Pavlushchenko citando un annuncio di Roscosmos su Telegram:

 «Союз МС-22»: решение госкомиссии

15 декабря произошла разгерметизация внешнего контура радиатора системы терморегулирования корабля «Союз МС-22». Версия технического повреждения радиатора при изготовлении не подтверждается. Экспериментально доказано, что повреждение трубопровода радиатора произошло в результате удара метеороида. Диаметр отверстия — менее 1 миллиметра.

Специалисты сделали вывод: «Союз МС-22» должен спускаться на Землю без экипажа.
Запуск «Союза МС-23» — 20 февраля 2023 года в беспилотном режиме.

Ранее планировалось, что на этом корабле 16 марта отправятся на станцию космонавты Роскосмоса Олег Кононенко и Николай Чуб и астронавт NASA Лорал О’Хара.

Экспедиция Сергея Прокопьева, Дмитрия Петелина и Франциско Рубио на МКС продлевается. Они вернутся на Землю на «Союзе МС-23».

Traduco con l’aiuto di DeepL:

Il 15 dicembre si è verificata una depressurizzazione del circuito esterno del radiatore del sistema di controllo della temperatura della Soyuz MS-22. Non è confermata la tesi di un danno tecnico avvenuto durante la fabbricazione. È stato dimostrato sperimentalmente che le tubazioni del radiatore sono state danneggiate in seguito a un impatto di micrometeoroide. Il diametro del foro è inferiore a 1 millimetri.

Gli specialisti hanno deciso: la Soyuz MS-22 deve scendere sulla Terra senza equipaggio. Il lancio della Soyuz MS-23 avverrà il 20 febbraio 2023 in modalità senza equipaggio.

In precedenza era stato previsto che il 16 marzo questo veicolo spaziale sarebbe stato assegnato agli astronauti di Roscosmos Oleg Kononenko e Nikolai Chub e all’astronauta della NASA Loral O'Hara.

La spedizione di Sergey Prokopyev, Dmitry Petelin e Francisco Rubio sulla Stazione viene prolungata. Torneranno sulla Terra a bordo della Soyuz MS-23.

Gli astronauti e cosmonauti a bordo della Stazione sono al sicuro, ma in caso di evacuazione in emergenza al momento non ci sono veicoli spaziali sufficienti per tutti e questa situazione resterà invariata fino al 20 febbraio prossimo.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Stasera il primo tentativo di lancio spaziale orbitale dal Regno Unito

9 de Janeiro de 2023, 12:26, por Il Disinformatico

Questa sera intorno alle 22.16 UTC (le 23.16 italiane) verrà effettuato il primo tentativo di lancio di un veicolo spaziale orbitale dall’Europa occidentale, specificamente dal Regno Unito. La Virgin Orbit farà decollare da un aeroporto in Cornovaglia (la ex base RAF di Newquay) un Boeing 747-400 modificato (battezzato Cosmic Girl), che trasporterà il veicolo orbitale vero e proprio. Questo veicolo, il LauncherOne, è un razzo che trasporta minisatelliti di sette clienti statunitensi e britannici, da inserire in orbita a 500 km dalla Terra.

Questa insolita configurazione di volo, nella quale l’aereo-madre può essere considerato come un “primo stadio” riutilizzabile, ha già volato con successo tre volte a partire da gennaio 2021: questa è però la prima volta che decolla per un lancio da suolo europeo, visto che i lanci precedenti sono partiti dagli Stati Uniti.

La scelta tecnica di usare un aereo-madre ha numerosi vantaggi: il razzo parte quando si trova già in alta quota, per cui non è soggetto al maltempo e supera i primi dieci chilometri dell’atmosfera in maniera relativamente dolce senza richiedere uno stadio vettore; il lancio non richiede un sito attrezzato con torri e infrastrutture costose, ma può avvenire da qualunque aeroporto capace di gestire un Boeing 747; lo sgancio del razzo vero e proprio avviene in mare aperto (in questo caso nell’Atlantico, a sud-ovest dell’Irlanda, che tecnicamente è spazio aereo irlandese), riducendo enormemente il rischio di caduta di rottami in zone abitate in caso di avaria. Per contro, il razzo ha dei limiti di dimensioni (21 metri di lunghezza) e di peso (25 tonnellate) piuttosto stretti perché deve essere sollevato dal 747 e portato come carico asimmetrico sotto l’ala sinistra del velivolo.

Se volete una sintesi di uno dei lanci precedenti:

La diretta streaming di stasera dovrebbe essere questa, a partire dalle 22 ora italiana:

Fonti: Ars Technica, BBC, BBC, Sky at Night Magazine.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


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