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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

È vero che i cattivi non possono usare gli iPhone nei film e nei telefilm?

8 de Janeiro de 2023, 9:05, por Il Disinformatico

L’uscita del film Glass Onion - Knives Out di Rian Johnson ha fatto riemergere una teoria informatico-cinematografica quasi classica: esisterebbe una regola segreta in base alla quale nessun cattivo, in un film o telefilm, può maneggiare un iPhone o in generale un prodotto Apple, e questo permetterebbe agli spettatori più attenti di capire in anticipo chi è il cattivo o il traditore nascosto nelle sceneggiature.

Questa regola è stata descritta dal regista Rian Johnson in un’intervista a Vanity Fair del 2020, rilasciata in occasione dell’uscita del primo film della serie Knives Out:

Johnson spiega (a partire da 2:50) che non sa se rivelarlo o no, perché potrebbe causargli guai nel prossimo film d’intrigo che scriverà, ma “Apple ti lascia usare gli iPhone nei film ma – e questo è molto centrale se state mai guardando un film d’intrigo – i cattivi non possono avere un iPhone che venga inquadrato” e dice che ora “ogni regista che ha nel proprio film un cattivo che deve restare segreto ora voglia ammazzarmi”.

Also another funny thing, I don't know if I should say this or not... Not cause it's like lascivious or something, but because it's going to screw me on the next mystery movie that I write, but forget it, I'll say it. It's very interesting.

Apple... they let you use iPhones in movies but – and this is very pivotal if you're ever watching a mystery movie – bad guys cannot have iPhones on camera.

So, there you go... oh nooooooo, every single filmmaker that has a bad guy in their movie that's supposed to be a secret wants to murder me right now.

E infatti nel suo film, il primo della serie Knives Out, guardando la marca di telefonino usata dai vari personaggi si può dedurre quali sono buoni e quali sono cattivi. Nel secondo no, grazie a una soluzione molto semplice ed elegante. Non dico altro per non fare troppi spoiler.

Non è la prima volta che si parla di questa faccenda, ma mancava una dichiarazione esplicita da parte di un addetto ai lavori. La teoria dei prodotti Apple usabili solo dai “buoni” era emersa già oltre vent’anni fa, quando fu trasmessa la prima stagione della serie TV 24, nella quale un traditore inaspettato sarebbe stato in realtà smacherabile dagli spettatori, secondo la teoria presentata da alcuni fan, per il fatto che usava un laptop della marca Dell mentre tutti i suoi colleghi usavano dei Mac, e viceversa il personaggio che la trama sembrava suggerire come possibile traditore sarebbe stato scartabile immediatamente perché usava un PowerBook di Apple.

Una ricerca del sito Wired.com condotta all’epoca segnalava anche altri casi cinematografici nei quali i buoni usavano Apple e i cattivi altre marche: per esempio nei film C’è posta per te (You’ve Got Mail), La rivincita delle bionde (Legally Blonde), Austin Powers, e anche il celebre critico cinematografico Roger Ebert aveva notato nel 2003 che “siccome molti computer Windows hanno lo stesso aspetto, Apple è una delle poche case produttrici che può avere convenienza a fare product placement (pubblicità indiretta)”, aggiungendo che secondo lui “l’industria del cinema e i tipi creativi in generale preferiscono il Mac” (l’articolo originale è oggi irreperibile).

La tendenza sembra essere ben documentata, insomma, ma non è chiaro se questa regola sia una consuetudine nata per motivi estetici e narrativi oppure un’imposizione di Apple. Vanity Fair ha chiesto chiarimenti ad Apple in seguito alle parole di Rian Johnson, ma non ha ottenuto risposta; ci ha provato anche Ars Technica, con lo stesso risultato.

Secondo l’esperto di proprietà intellettuale John Bergmayer dell’associazione Public Knowledge, consultato da Ars Technica, chi realizza un film non ha bisogno di permessi o licenze dei fabbricanti per far usare dai propri personaggi dei prodotti comuni in maniere normali, ed è improbabile che una casa produttrice possa vincere una causa argomentando che far usare a un cattivo una certa marca di telefono o di auto costituisca uno screditamento di quella marca. Quindi, nota Ars Technica, la regola “i cattivi non usano prodotti Apple” non sarebbe un obbligo legale.

Le cose cambiano, però, se Apple paga per il product placement, ossia sponsorizza il film in modo che i personaggi mostrino i suoi prodotti, per esempio fornendo degli esemplari gratuiti da usare come oggetti di scena. In questo caso sarebbe normale che Apple mettesse dei vincoli sul modo in cui vengono usati e a chi vengono associati.

In altre parole: la regola non è un obbligo di legge, ma è quasi sicuramente una consuetudine diffusa regolamentata da accordi commerciali, e quindi la si può applicare per tentare di scoprire indizi utili nei film e nei telefilm.

Se riuscite a trovare altri esempi di serie TV o di film che applicano questa regola o la smentiscono, segnalateli nei commenti. Senza spoiler, mi raccomando! E sempre dai commenti arriva la segnalazione (grazie a Ivan) di Product Placement Blog, un sito che raccoglie esempi di product placement, ordinato per tipo di prodotto e per titolo di film.


Fonti aggiuntive: MacRumors, MacObserver, Iphoneitalia.com,

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Mi hanno chiesto di raccontarmi un po’ a Teleticino

4 de Janeiro de 2023, 9:37, por Il Disinformatico

Il 29 dicembre scorso sono stato ospite a Teleticino per parlare di un argomento un po’ inconsueto: me stesso. Sacha Dalcol mi ha intervistato su alcuni aspetti forse poco conosciuti della mia attività e della mia vita personale. Se vi interessa, il video è qui: io arrivo a 25:48.


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Walt Cunningham, astronauta di Apollo 7, 1932-2023

3 de Janeiro de 2023, 20:32, por Il Disinformatico

Pubblicazione iniziale: 2023/01/03 23:21. Ultimo aggiornamento: 2023/01/04 00:30.

Walt Cunningham, uno dei tre protagonisti della storica missione Apollo 7 che a ottobre del 1968 segnò la ripresa dei voli spaziali umani statunitensi dopo la tragedia di Apollo 1, è morto oggi a Houston all’età di 90 anni in seguito alle complicanze di una caduta. Ne danno annuncio la NASA(anche qui) e NPR.

 

Cunningham fece un solo volo spaziale in tutta la propria carriera, ma quegli undici giorni che trascorse in orbita intorno alla Terra, a bordo di una capsula mai collaudata prima, insieme al suo comandante Wally Schirra e al pilota del Modulo di Comando Donn Eisele, furono una tappa fondamentale del Progetto Apollo che rese possibile, già l’anno successivo, l’atterraggio dei primi due esseri umani sulla Luna.

Se qualcosa fosse andato storto, se qualcuno dei tanti sistemi della navicella della cui gestione era responsabile Cunningham avesse funzionato male, quell’allunaggio sarebbe avvenuto ben più tardi e forse sarebbero arrivati per primi sulla Luna i sovietici con il loro vettore N-1 e il loro veicolo lunare LK (come immaginato dalla serie TV ucronica For All Mankind). Senza il successo di Apollo 7, nessuno avrebbe osato l’incredibile balzo di Apollo 8, la prima missione umana intorno alla Luna, alla fine del 1968.

Da sinistra, Donn Eisele, Wally Schirra e Walt Cunningham, a bordo della portaerei USS Essex, appena tornati dalla loro missione. Foto KSC-68PC-211.

Quel successo, però, fu accompagnato dal primo “ammutinamento” nello spazio, quando i tre astronauti, afflitti da un sovraccarico di lavoro e da un raffreddore che in assenza di peso causava congestioni dolorose e altri problemi,  a un certo punto decisero di respingere alcune delle richieste insistenti del Controllo Missione, e lo fecero con parole decisamente pesanti, mai sentite prima in una missione spaziale. La NASA non perdonò questa trasgressione; conferì ai tre la sua Exceptional Service Medal, ma nessuno di loro volò più nello spazio. Cunningham restò alla NASA come direttore del reparto Skylab dell’Ufficio Astronauti dell’ente spaziale fino al 1971.

I dettagli delle sue avventure, in questa missione e nelle tante altre cose che ha realizzato nel corso della sua lunga vita, sono raccontati senza peli sulla lingua nel suo libro The All-American Boys, disponibile anche in italiano con il titolo I ragazzi della Luna (Mursia).

Io con Walt Cunningham a Tradate, aprile 2011. Credit: Rodri Van Click.

Ho avuto il piacere e l’emozione di incontrare Cunningham e sua moglie Dot in varie occasioni, sia in Italia sia negli Stati Uniti, grazie alla sua amicizia con l’esperto di storia dello spazio e organizzatore di eventi spaziali Luigi Pizzimenti, e di tradurre per il pubblico le sue apparizioni in Italia, chiacchierando con lui anche in privato. Era tornato in Italia nel 2017, sempre grazie a Luigi Pizzimenti e all’associazione ADAA.

Walt Cunningham e la moglie Dot allo Sheraton Malpensa nel 2017. Credit: Rodri van Click.

L’ho visto per l’ultima volta nel 2019 allo Starmus di Zurigo. Uomo dei suoi tempi, non era il tipo da dire le cose a metà: era ben conosciuto per la sua posizione estremamente scettica sul ruolo umano nei cambiamenti climatici, considerava eccessivamente cauti gli astronauti Shuttle e i piani della NASA degli anni Duemila, e non nascondeva la sua intolleranza totale per la presidenza Obama e per le sue riforme sanitarie.

Questo è il video della sua conferenza a Tradate nel 2011:

Un altro testimone della Storia che se ne va.

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Aggiornamento sulla traduzione di Carrying the Fire; promemoria per sconti ed edizione speciale de L'ultimo uomo sulla Luna

3 de Janeiro de 2023, 15:48, por Il Disinformatico

La traduzione in italiano di Carrying the Fire (l’autobiografia di Michael Collins) è partita e ha già un titolo quasi definitivo, emerso anche grazie ai vostri suggerimenti: Carrying the Fire: il mio viaggio verso la Luna. Alla fine è risultata questa la scelta più chiara dal punto di vista comunicativo e la formula “ibrida” che riprende il titolo originale permette di mantenere i riferimenti al titolo che ci sono nel testo del libro; inoltre diventa immediatamente chiaro, sin dal titolo, che si tratta della traduzione di quello specifico libro di Collins.

Vi darò a breve dettagli sulla formula di crowdfunding che renderà possibile finalmente l’uscita in italiano di questo libro con quasi cinquant’anni di ritardo. Per ora posso dirvi solo che ho anticipato di tasca mia i fondi necessari: era l’unico modo per far partire il progetto, altrimenti insostenibile, e questo è un libro a cui tengo profondamente (la prosa ricca e schietta di Collins ci sta facendo tribolare non poco, ma ne vale davvero la pena). Nel frattempo, per ora non mandate soldi, altrimenti la contabilità del progetto si incasina e rischiate di perdervi i vari bonus previsti per i partecipanti, come per esempio il vostro nome nell’elenco dei donatori.

Carrying the Fire: il mio viaggio verso la Luna verrà pubblicato come e-book e su carta entro la fine del 2023 dall’editore Cartabianca Publishing, che ha già reso possibili le edizioni italiane di altre due autobiografie degli astronauti Apollo, ossia quella di John Young (Forever Young) e quella di Gene Cernan (L’ultimo uomo sulla Luna), di cui ho curato la revisione tecnica. A proposito di quest’ultima autobiografia, segnalo di nuovo che l’editore ne ha pubblicato poche settimane fa un’edizione speciale ampliata con nuove foto e allineata agli standard terminologici della serie. La potete assaggiare in un’anteprima scaricabile gratuitamente in formato PDF e sbirciare in questo video:

L’edizione speciale del libro è acquistabile subito, su carta e in e-book, sul sito dell’editore, a 21,90 euro per l’edizione cartacea e 9,99 euro per la versione digitale, con un’estesa sezione di 84 fotografie a colori su carta patinata e in bianconero all’inizio di ogni capitolo, molte delle quali sono inedite e provengono dagli archivi della famiglia Cernan; invece l’edizione base cartacea, senza foto interne e con un numero inferiore di pagine, resterà in vendita a prezzo speciale (15 euro) fino a esaurimento.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Svizzera, cosa fare se la TV digitale di Sunrise non vi funziona più e siete ex clienti UPC (come me)

3 de Janeiro de 2023, 0:27, por Il Disinformatico
Se siete utenti della TV digitale diffusa via cavo in Svizzera da Sunrise e improvvisamente non vi funziona più, forse la causa è più banale di quel che potreste immaginare. Io ci ho perso due settimane, restando per ore al telefono con l’assistenza clienti senza che si riuscisse a venirne a capo. Poi è arrivata la rivelazione.

Ve la condivido subito, così non perderete tempo anche voi: se siete ex clienti UPC passati a Sunrise e di colpo il servizio cessa di funzionare, assicuratevi prima di tutto che il vostro TV Box sia marchiato Sunrise. Se è ancora marchiato UPC, ditelo subito all’assistenza clienti e fatevene mandare uno marchiato Sunrise. Insistete e siate inamovibili. Qui sotto spiego perché.

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Piccola premessa per i non svizzeri: in quasi tutta la Confederazione la TV è diffusa via cavo coassiale da molti anni, dapprima in formato analogico e poi in formato digitale. Le tipiche antenne sui tetti, così diffuse in altri paesi, qui sono rarissime. Oggi c’è la concorrenza dei canali TV satellitari e dello streaming via Internet, ma “la via cavo”, come si chiama comunemente qui, è ancora diffusissima. Sul coassiale viaggia anche Internet, e qui al Maniero Digitale ho una connessione di questo tipo che mi offre un gigabit in download e 100 megabit in upload.

Il mio provider, sia per Internet sia per la TV, è Sunrise. Prima avevo UPC, ma UPC si è fusa con Sunrise e così alcuni mesi fa sono diventato cliente Sunrise (e in questa migrazione sta, temo, l’origine di tutte le mie tribolazioni).

La migrazione inizialmente è andata bene: è cambiato il software sul TV Box (il ricevitore che prende il segnale digitale dal cavo coassiale e lo passa alla TV tramite cavo HDMI), la Dama del Maniero ed io abbiamo continuato a ricevere i programmi TV, e anche il servizio Internet è stato erogato senza interruzioni (a parte il tempo di installare un nuovo “modem” per gestire la connessione a 1 gigabit).

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Il 5 dicembre scorso la Dama mi ha segnalato che la sua Apple TV personale (foto qui accanto, che mostra solo il monitor ma non l’Apple TV vera e propria) non le permetteva più di vedere i programmi TV tramite l’apposita app di Sunrise. Compariva sullo schermo la dicitura “Accesso non possibile - Per utilizzare la Sunrise TV App sulla tua piattaforma TV, hai bisogno di un abbonamento attuale a Sunrise TV con o senza Sunrise TV box”, seguita dalla richiesta di digitare di nuovo nome utente e password. Anche il TV Box non dava più accesso, con un codice di errore CS9993. Un guasto strano, visto che la Apple TV riceve il servizio TV di Sunrise via Internet (e la connessione a Internet era perfettamente funzionante) mentre il TV Box riceve il servizio TV di Sunrise tramite cavo coassiale.

Ho pensato a un errore di digitazione delle credenziali (erano giuste), poi a un errore di software (ho rimosso e reinstallato l’app di Sunrise), poi a un difetto della Apple TV (ho reinstallato il sistema operativo e ho fatto tutti gli aggiornamenti), ma niente da fare. Intanto il diagnostico del TV Box dava segnale inesistente sul cavo (cosa impossibile, visto che Internet funzionava).

Dopo aver aspettato qualche giorno pensando che potesse trattarsi di un malfunzionamento temporaneo del servizio, il 9 dicembre ho iniziato il calvario delle chiamate al servizio clienti: gentilissimo, per carità, e dotato di pazienza infinita, ma chiaramente gestito da persone che devono seguire un diagramma di flusso scritto da altri e non sanno come funziona l’hardware. Ho spiegato il problema, precisando che ero un ex utente UPC, descrivendo dettagliatamente tutti i sintomi e aggiungendo che avevo già provato a reinstallare sia l’app sia il sistema operativo sulla Apple TV. Ma gentilmente e pazientemente mi hanno chiesto di rifare tutto quanto da capo. Ovviamente non è servito a nulla.

Poi gentilmente e pazientemente hanno provato a cambiarmi nome utente e password tramite i loro sistemi, e io pazientemente ho immesso le nuove credenziali nell’Apple TV. Altrettanto ovviamente, non è servito a nulla neanche questo. La Apple TV ha continuato a non dare accesso ai servizi Sunrise. 

Intanto il TV Box (lo scatolotto nero appena visibile sotto il televisore, sulla destra, nella foto qui accanto) aveva cambiato errore: a questo punto dava il codice Errore del conto CS1011 e diceva “Non siamo in grado di recuperare i dettagli del tuo account. Per favore contattaci”. Cosa che appunto stavo facendo, ma non stava servendo a nulla.

Siamo andati avanti così per un paio di giorni, con infiniti tentativi di cambio password e nome utente e persino con un reset da remoto del modem (fatto prima che io li potessi fermare e costatomi una mezza giornata per reimpostare tutta la configurazione), mentre io dicevo che era chiaro che era inutile continuare a tentare con cambi di password perché non si trattava di un errore nel mio dispositivo o nel suo software ma c’era un problema nella loro gestione degli accessi. Infatti se immettevo nell’Apple TV le credenziali giuste compariva “Accesso non riuscito”; se invece sbagliavo intenzionalmente le credenziali, mi diceva “Nome utente o password non valido”.

Paradossalmente, però, le credenziali funzionavano perfettamente se immesse nell’app Sunrise per telefonini o nel sito Web di Sunrise per vedere la TV in streaming tramite browser.

Dopo l’ennesimo tentativo infruttuoso di rianimare l’Apple TV, l’assistenza clienti telefonica si è arresa e ha finalmente deciso di inviare un tecnico al Maniero.

Ci siamo ingegnati guardando la TV via browser e tramite il servizio concorrente (Zattoo) in attesa della Fatidica Visita.

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Il 19 dicembre è arrivato il tecnico della Cablex, l’azienda che fa l’assistenza in loco per i clienti Sunrise. ha fatto qualche test di base, confermando che il segnale sul cavo coassiale era ottimo, ha ascoltato pazientemente la mia spiegazione dei sintomi e ha visto che non stavo vaneggiando, e inizialmente ha alzato bandiera bianca: un Apple TV che non accettava le credenziali e un TV Box che non riusciva a recuperare i dettagli dell’account erano chiari indicatori di un problema di gestione delle credenziali stesse (ma che sorpresa), però il servizio tramite browser che le accettava era un controsenso. In ogni caso, tutto indicava un problema nel backend di Sunrise.

All’ultimo momento, però, gli è caduto l’occhio sul frontale del TV Box e si è accorto che era ancora marchiato UPC. Era ancora quello vecchio, di quando eravamo clienti UPC. Sunrise avrebbe dovuto mandarci quello nuovo, ma non lo aveva fatto. E quello vecchio aveva continuato a funzionare per mesi, e quindi io non mi ero posto il problema di doverlo eventualmente sostituire.

Il tecnico ha ordinato subito per telefono un TV Box nuovo, e ha spiegato che tutto si sarebbe risolto installandolo: infatti la gestione dell’autenticazione dell’account dipende non solo da nome utente e password, ma anche dalla presenza online del TV Box abbinato all’account (l’abbinamento è basato sul MAC Address del TV Box). In altre parole, il messaggio della app di Sunrise su Apple TV “Per utilizzare la Sunrise TV App sulla tua piattaforma TV, hai bisogno di un abbonamento attuale a Sunrise TV con o senza Sunrise TV box è totalmente ingannevole: il TV Box ci vuole eccome.

Non abbiamo pagato nulla e il TV Box nuovo è arrivato il giorno dopo: non appena installato, tutto ha ripreso a funzionare, anche la Apple TV.

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La spiegazione più probabile di questo gran garbuglio è che quando UPC e Sunrise si sono fuse, il backend di UPC è rimasto attivo in parallelo a quello di Sunrise per un periodo di transizione (e quindi il vecchio TV Box ha continuato a funzionare); alla fine di questo periodo, però, il vecchio backend è stato disattivato e quindi chi aveva ancora il vecchio TV Box si è trovato senza servizio di colpo e soprattutto senza motivo apparente.

Tutto si sarebbe risolto immediatamente se il servizio clienti avesse prestato attenzione alla mia segnalazione del fatto che ero un ex cliente UPC e mi avesse chiesto se avevo ricevuto un TV Box aggiornato; se i messaggi diagnostici fossero stati almeno vagamente informativi invece di creare confusione; o se qualcuno avesse notato che c’era una discrepanza fra il numero di utenti ex UPC e il numero di TV Box nuovi inviati. Insomma, se siete ex clienti UPC e ora siete clienti Sunrise, mi raccomando: per prima cosa controllate che sul vostro TV Box (lo scatolotto nero) ci sia il marchio Sunrise e non quello UPC.

Spero che questi appunti possano essere utili ad altre anime dannate.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


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