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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Twitterremoto (quarta puntata): compare il numero di visualizzazioni, #ThereIsHelp rimosso temporaneamente, giornalisti ancora bloccati e altro ancora

24 de Dezembro de 2022, 11:21, por Il Disinformatico

Grosso modo da stamattina (ora italiana, 24 dicembre) Twitter ha attivato l’indicazione del numero di visualizzazioni di un tweet. Su Twitter Web e nell’app, ma non su Tweetdeck, sotto alcuni tweet compare un numero accanto all’icona delle statistiche.

Questa indicazione, però, non è sempre presente; quando manca, cliccando sull’icona delle statistiche compare l’avviso “I dati relativi alle visualizzazioni di questo Tweet non sono disponibili” accompagnato da un pulsante Cestina che è molto ingannevole, visto che non cestina nulla ma semplicemente chiude l’avviso.

Non sembra essere un filtro sul numero minimo di visualizzazioni, visto che ho notato tweet che indicavano anche una singola visualizzazione; forse è solo un ritardo nella propagazione del dato.

Resta da capire che cosa intende Twitter per “visualizzazione”. Un tweet che viene letto semplicemente facendo scorrere la cronologia verrà contato, oppure è necessario cliccarvi sopra? Inoltre sembra che mettere un like (chiaro segno che il tweet è stato letto) non faccia aumentare il contatore.

Questa nuova funzione potrebbe essere un autogol, perché rischia di rivelare che in realtà i tweet non vengono visti da tutti i follower e molti tweet non vengono letti praticamente da nessuno.

Sto facendo un test con questo tweet: quanti dei miei 420.964 follower attuali lo vedranno realmente? Finora (12.30), dopo tre ore circa, lo hanno “visualizzato” circa 17.200 account; dopo cinque ore (14.50), circa 29.000. 

È emersa una contraddizione: il numero di “visualizzazioni” indicato nel tweet è completamente differente da quello che viene indicato cliccando sull’icona delle statistiche, come mostrato qui sotto: il tweet dice 29.362, le statistiche dicono 7.463. Ho segnalato il problema a @TwitterSupport.

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Gli utenti paganti di Twitter hanno ora un piazzamento prioritario nelle conversazioni e possono caricare video lunghi fino a 60 minuti, secondo un aggiornamento della pagina informativa del servizio Twitter Blue (“Prioritized rankings in conversations: This feature prioritizes your replies on Tweets that you interact with. Longer video upload: Share more content with your followers. Twitter Blue subscribers can upload videos up to ~60 minutes long up to 2GB file size (1080p) (web only)”) (copia permanente).

C’è anche un progetto pilota chiamato Twitter Blue for Business, che aggiunge un bollino color oro agli account professionali o aziendali ufficiali.

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Intanto Reuters segnala che nei giorni scorsi Twitter ha “rimosso una funzione che promuoveva i numeri telefonici di prevezione del suicidio e altre risorse di sicurezza agli utenti che cercavano alcuni tipi di contenuto”. Questa rimozione sarebbe avvenuta per ordine di Elon Musk. Ella Irwin, head of trust and safety di Twitter, ha dichiarato a Reuters che si tratta di una rimozione temporanea e che la funzione, denominata #ThereIsHelp, dovrebbe tornare online la prossima settimana. 

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L’informatico e hacker George Hotz (aka Geohot), assunto a Twitter da Musk il 18 novembre scorso, si è dimesso il 22 dicembre (ANSA). Hotz è noto non solo per essere stato fra i primi a fare il jailbreak degli iPhone (2007) ma anche per aver fondato Comma.ai, un’azienda dedicata al software per la guida autonoma. Ha tweetato “[...] Appreciate the opportunity, but didn’t think there was any real impact I could make there [...]” (“apprezzo l’opportunità, ma non credo che ci fosse alcun impatto reale che io potessi produrre lì”).

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I giornalisti i cui account Twitter erano stati bloccati (sospesi) la settimana scorsa lo sono tuttora, nonostante le dichiarazioni di riammissione di Elon Musk, perché si rifiutano di accettare la richiesta, inviata privatamente da Twitter, di eliminare alcuni tweet riguardanti l’account @ElonJet, quello che pubblica i voli del jet privato di Musk. Lo segnala il Washington Post.

Si rifiutano perché considerano che accettare la richiesta di eliminazione costituirebbe una falsa ammissione di torto e una resa alle imposizioni arbitrarie di Musk. “Non ho intenzione di cancellare un tweet che conteneva informazioni basate sui fatti e non violava le regole di nessuno” ha dichiarato Drew Harwell del Washington Post, uno dei giornalisti bloccati, al quale Twitter ha chiesto di rimuovere un tweet che segnalava la sospensione dell’account di Mastodon da parte di Twitter perché segnalava l’esistenza dell’account Mastodon di @ElonJet.

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Mastodon si starebbe avvicinando ai nove milioni di utenti, secondo Mastodon Users.

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Il gestore di un’istanza Mastodon italiana, Mastodon Uno, getta luce sui propri costi di gestione: 1150 euro al mese per gestire oltre 60.000 persone di cui oltre 20.000 attive tutti i giorni (2 eurocent al mese a testa, insomma). Anche Fosstodon fa altrettanto (2100 dollari/mese). Entrambi dipendono dalle donazioni degli utenti (io ho già contribuito).

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L’account che traccia il jet di Musk è tornato su Twitter in una nuova veste: l’originale (@ElonJet) è ancora bloccato, ma il suo gestore, Jack Sweeney, ha attivato @ElonJetNextDay, che fa lo stesso tracciamento ma pubblica i dati con ventiquattro ore di ritardo in modo da adeguarsi alle nuove regole di Twitter, che permettono la condivisione di informazioni di localizzazione pubblicamente disponibili se è trascorso un lasso di tempo ragionevole.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Podcast RSI - Megamulta a Fortnite per "dark pattern", Twitterremoto, Lensa AI e gli avatar pericolosi

23 de Dezembro de 2022, 6:01, por Il Disinformatico
logo del Disinformatico

È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo integrale e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Comunicazione di servizio: è stata richiesta l’eliminazione di un articolo di questo blog per diritto all’oblio

22 de Dezembro de 2022, 22:14, por Il Disinformatico

Il 21/12/2022 un avvocato italiano mi ha contattato via mail (inviatami a paolo.attivissimo@gmail.com) richiedendo l’eliminazione di un intero articolo risalente al 2008 (ha chiesto esplicitamente l’eliminazione dell’URL) in relazione al diritto all’oblio dei suoi assistiti.

Sono andato a controllare l’articolo: non contiene nessun riferimento agli assistiti dell’avvocato. Gli assistiti vengono citati soltanto nei commenti all’articolo, e comunque solo per segnalare un allarme-catena di sant’Antonio che li riguarda.

Ho risposto chiedendo prima di tutto di comunicare tramite la mia casella PEC (paolo.attivissimo@pec.net), come faccio sempre in casi come questo.

La richiesta è comunque mal posta, dato che mi viene chiesto di eliminare un articolo quando sarebbe più che sufficiente eliminare i commenti che citano gli assistiti.

Per ovvie ragioni non specifico qui di quali dati o quale articolo si tratti, ma desidero tenere traccia pubblica di questa richiesta, anche per ricordare ai commentatori le ragioni per le quali la moderazione di questo blog a volte può sembrare troppo severa a chi la vede da fuori. 

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Megamulta a Epic Games: cosa sono i “dark pattern” di Fortnite

22 de Dezembro de 2022, 12:35, por Il Disinformatico

La Federal Trade Commission, un organo governativo statunitense di protezione dei consumatori, ha raggiunto un accordo con Epic Games, la casa produttrice di Fortnite, ordinandole di pagare ben 520 milioni di dollari di risarcimenti per aver violato le norme sulla protezione dei minori e aver usato i cosiddetti dark pattern per indurre milioni di giocatori a fare acquisti involontari.

La megamulta è divisa in due parti: la prima, di 275 milioni, riguarda il fatto che Epic Games ha raccolto informazioni personali su bambini al di sotto dei 13 anni, senza il consenso dei loro genitori, mentre giocavano a Fortnite e sapendo benissimo che si trattava di minori protetti dalle leggi salvaprivacy statunitensi, in particolare il Children’s Online Privacy Protection Act.

La casa produttrice del gioco è anche accusata di aver obbligato i genitori a seguire un percorso a ostacoli per ottenere la cancellazione dei dati dei propri figli, e di aver usato impostazioni predefinite troppo pericolose, come per esempio l’attivazione automatica delle conversazioni testuali e a voce, che ha portato molti minori ad essere esposti ad adulti online che li hanno aggrediti e molestati via Internet.

Epic Games, in un comunicato stampa, ha accettato l’accordo, dice, per “essere in prima linea nella protezione dei consumatori e per dare ai nostri giocatori l’esperienza migliore”.

La seconda parte della megamulta, pari a 245 milioni, è costituita da rimborsi agli utenti che secondo la Federal Trade Commission sono stati ingannati dai dark pattern, ossia da pulsanti disposti in modo confuso e contraddittorio allo scopo di far fare acquisti indesiderati ai giocatori.

Per esempio, dice la FTC, bastava premere un singolo pulsante per trovarsi degli addebiti durante una schermata di caricamento o mentre si riavviava il gioco dopo averlo messo in pausa, e fino al 2018 i bambini potevano spendere soldi reali per acquistare i V-Bucks, la valuta interna del gioco, senza dover chiedere il consenso dei genitori, che a fine mese si trovavano con centinaia di dollari di spese.

Nel loro complesso, questi trucchi hanno causato addebiti per centinaia di milioni di dollari, ed Epic Games era perfettamente consapevole della loro esistenza, tanto da aver ignorato oltre un milione di lamentele degli utenti e aver addirittura nascosto intenzionalmente le funzioni di rimborso, oltretutto bloccando i conti delle carte di credito di chi contestava addebiti, afferma la FTC.

L’azienda ha promesso di evitare in futuro questi dark pattern e di rendere più chiaro ed esplicito il procedimento di pagamento nel gioco. Ma il problema degli acquisti troppo facili da parte dei minori a insaputa dei genitori è molto diffuso: la FTC nota infatti che ha già contestato comportamenti analoghi ad Amazon, Apple e Google per i cosiddetti acquisti in-app involontari, che sono già costati milioni ai consumatori.

Se avete figli videogiocatori, insomma, è il caso di controllare bene se hanno accesso a opzioni di acquisto troppo facili e di valutare se limitarle o bloccarle. Il metodo più semplice, di solito, è immettere nel gioco i dati di una carta di credito prepagata, che fissa automaticamente un limite di spesa, oppure quelli delle apposite carte di pagamento associate ai vari giochi.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Twitterremoto, terza puntata: giornalisti bannati, Mastodon segnalato come malware, Musk litigioso, la burla di “John Mastodon” e altro ancora

22 de Dezembro de 2022, 9:15, por Il Disinformatico

Pubblicazione iniziale: 2022/12/18 19:55. Ultimo aggiornamento: 2022/12/22 09:30.

Sto cercando di evitare di parlare troppo di Twitter e Elon Musk, ma gli ultimi sviluppi e dietrofront sono talmente assurdi e comici che mi tocca fare un aggiornamento ai riassunti che ho già pubblicato (uno, due). Come ho già detto, sospetto che fra qualche anno ci chiederemo se sia davvero successa tutta questa follia, per cui credo sia opportuno tenerne traccia adesso, finché è possibile.

Giornalisti bannati e poi (parzialmente) ripristinati

Cominciamo dal ban di Twitter a vari giornalisti di cui avevo già segnalato le prime avvisaglie: il 15 dicembre (le prime ore del 16 in Europa) almeno dieci giornalisti hanno scoperto che i propri account Twitter erano stati sospesi permanentemente, senza preavviso e senza dare alcuna motivazione. Questo è l’elenco stilato da Gizmodo:

  • Matt Binder (Mashable)
  • Drew Harwell (Washington Post)
  • Steve Herman (VOA News)
  • It’s Going Down News (Independent Site)
  • Micah Lee (The Intercept)
  • Ryan Mac (New York Times)
  • Mastadon (Social Media Site)
  • Keith Olbermann (formerly MSNBC)
  • Donie O’Sullivan (CNN)
  • Tony Webster (Minnesota Reformer)

A questi dieci si sono aggiunti Taylor Lorenz (Washington Post), che racconta la propria vicenda qui, Aaron Rupar e Linette Lopez.

Queste sospensioni hanno ricevuto la condanna delle Nazioni Unite, dell’Unione Europea e del ministero degli affari esteri tedesco, come riferisce la BBC aggiungendo che un portavoce di Twitter ha dichiarato che i ban sarebbero legati alla “condivisione in tempo reale di dati di localizzazione”, che è vietata dalle nuove Regole di Twitter anche quando queste informazioni sono pubbliche.

Se usate Twitter, insomma, teoricamente potreste trovarvi nei guai se postate una foto di un vostro amico mentre state mangiando insieme al ristorante e il tweet è geolocalizzato automaticamente, come capita spesso.

A giudicare da vari tweet di Elon Musk, i giornalisti sarebbero stati bannati per aver segnalato ai loro lettori l’esistenza di un account che era su Twitter e ora è su Mastodon e permette di sapere dove si trova il suo jet personale, cosa che secondo Musk avrebbe permesso a uno stalker di accostarsi a un’auto che trasportava almeno uno dei suoi figli a Los Angeles. La polizia della città, però, non ha trovato alcun nesso fra questo account e l’episodio di stalking contestato da Musk, che è avvenuto 23 ore dopo l’ultimo tweet di tracciamento da parte di @elonjet e a circa 40 chilometri di distanza dall’aeroporto.

Inoltre alcuni dei giornalisti bannati non avevano nemmeno menzionato questa vicenda (Lorenz, per esempio, si era limitata a chiedere a Musk un commento), e nessuno di loro aveva pubblicato informazioni sugli spostamenti in auto di Musk o della sua famiglia (Lorenz è stata accusata nel 2022 di aver condiviso un indirizzo di abitazione, via Twitter e in un articolo per il New York Times, ma di un’altra persona e in una vicenda legale completamente slegata da Musk e famiglia).

Alcuni di questi giornalisti hanno semplicemente citato l’account Twitter @elonjet, che pubblicava in tempo reale, usando dati pubblici, i voli del jet di Musk per segnalarne l’impatto ambientale ed è stato nel frattempo sospeso da Twitter il 13 dicembre.

Zoe Kleinman, technology editor per la BBC, ha riassunto la situazione come segue:

[...] Fondamentalmente, Elon Musk ha abbattuto e fatto precipitare in fiamme il suo tanto strombazzato impegno per la “libertà di parola”. Libertà di parola, purché la parola non lo faccia arrabbiare personalmente: questo sembra essere il messaggio.

Il 16 dicembre Elon Musk ha avviato un sondaggio fra gli utenti di Twitter chiedendo se gli account dei giornalisti andassero ripristinati subito o entro una settimana: ha vinto con il 58,7% l’opzione “subito”, e Musk ha dichiarato che avrebbe revocato immediatamente le sospensioni. 

Il 17 dicembre Twitter ha annunciato di aver iniziato a ripristinare alcuni account che erano stati sospesi perché riteneva che la sospensione permanente fosse una “azione sproporzionata per la violazione delle regole di Twitter”. Twitter non ha indicato quali fossero gli account in questione, ma alcuni degli account dei giornalisti che erano stati sospesi risultano ora parzialmente riattivati (CNN).

Ma il 21 dicembre molti dei giornalisti bannati hanno dichiarato che in realtà i loro account non sono stati affatto ripristinati: risultano visibili agli altri utenti, ma non possono più pubblicare nulla se prima non rimuovono i tweet che forniscono al pubblico l’informazione, giornalisticamente rilevante, che esiste un modo semplice per sapere dove si trovano i jet personali di Elon Musk e di molti altri miliardari e sapere quanto inquinano usando soltanto informazioni pubbliche.

Sì, i jet personali sono tracciabili usando solo dati pubblici. Anche quello di Musk

Elon Musk afferma che pubblicare i dati dei suoi voli è doxxing, ossia rivelazione di dati privati, e dichiara (16 dicembre) che il suo aereo “non è tracciabile senza usare dati non pubblici” (“My plane is actually not trackable without using non-public data”). Ma non è vero.

Un’indagine dettagliata di Open sui singoli ban ai giornalisti spiega infatti che i dati di volo in tempo reale degli aerei, compresi i jet privati, sono pubblici: vengono trasmessi via radio in chiaro da appositi localizzatori di bordo (Automatic Dependent Surveillance – Broadcast o ADS-B, obbligatorio nello spazio aereo USA) e sono pubblicamente accessibili da chiunque acquisti un semplice ricevitore.

Per consultarli, anche senza ricevitore, è sufficiente visitare un sito come Flightradar24 oppure ADSBExchange e sapere qual è l’identificativo del jet privato che interessa. Quello del jet di Musk è N628TS: un dato facilissimo da trovare con Google, per esempio su Superyachtfan.com, che cita appunto questo identificativo, che è dipinto a grandi lettere sull’aereo stesso. L’aereo è un Gulfstream G650ER del 2015, che vale 70 milioni di dollari.

C’è una diffusa diceria secondo la quale sarebbe impossibile tracciare il jet personale di Musk senza usare dati riservati perché Musk avrebbe usato un’opzione di mascheramento dell’identificativo, il cosiddetto PIA (Privacy ICAO Address, spiegato benissimo qui), ossia un identificativo temporaneo che cambia ogni 20 giorni lavorativi. La diceria è sbagliata, come hanno spiegato Aric Toler di Bellingcat, Olivier Tesquet e Veronica Irwin di Protocol. L’identificativo ICAO dell’aereo di Elon Musk è citato pubblicamente nel database della Federal Aviation Administration, su FlightAware e nei dati di Flightradar24: è A835AF.

Immettendo questi dati in ADSBexchange si ottiene l’attuale localizzazione del jet di Musk: per esempio, il 18 dicembre 2022 ho provato personalmente a ottenerla ed è risultato che era in Qatar.

E in effetti quel giorno Elon Musk era lì:

Ho segnalato quel tweet come violazione delle nuove Regole di Twitter, che vietano la condivisione di informazioni di localizzazione in tempo reale anche se queste informazioni sono reperibili altrove pubblicamente, come avevo già raccontato la settimana scorsa. Ma la segnalazione è stata respinta.

Secondo le stime di @elonjet, il volo di Musk dalla California al Qatar con ritorno in Texas ha consumato 65 mila litri di carburante e ha prodotto 163 tonnellate di emissioni di CO2, ossia l’equivalente di 35 anni di emissioni di un’automobile a carburante.

Mastodon segnalato falsamente da Twitter come malware, poi non più

Il 16 dicembre Twitter ha iniziato a impedire agli utenti di condividere qualunque link che portasse al social network alternativo Mastodon, indicando falsamente che si trattava di un link “potenzialmente dannoso”.

Ci ho provato anch’io, linkando semplicemente il sito del server originale di Mastodon, ossia Mastodon.social, e il tweet in effetti è stato respinto con il messaggio “Qualcosa è andato storto, ma non preoccuparti. Riproviamo” e “La richiesta non può essere completata poiché Twitter o un suo partner ha identificato questo link come potenzialmente dannoso. Per saperne di più, visita il nostro Centro assistenza.”


Twitter ha anche bloccato l’inclusione di qualunque link a Mastodon nelle informazioni dei profili, con un avviso ingannevole che affermava che era “considerato pericoloso (malware)”:

Nei giorni successivi questi blocchi sono stati revocati dopo le proteste degli utenti, per cui ora è di nuovo possibile pubblicare tweet che contengono link a Mastodon e includere questo tipo di link anche nella propria bio su Twitter.

Divieto di link ad altri social, poi ritirato

Il 18 dicembre l’account ufficiale @TwitterSupport ha annunciato che sarebbero stati rimossi “gli account creati solo allo scopo di promuovere altre piattaforme social e il contenuto contenente link o nomi utente per le seguenti piattaforme: Facebook, Instagram, Mastodon, Truth Social, Tribel, Nostr e Post.”

We recognize that many of our users are active on other social media platforms. However, we will no longer allow free promotion of certain social media platforms on Twitter. Specifically, we will remove accounts created solely for the purpose of promoting other social platforms and content that contains links or usernames for the following platforms: Facebook, Instagram, Mastodon, Truth Social, Tribel, Nostr and Post. We still allow cross-posting content from any social media platform. Posting links or usernames to social media platforms not listed above are also not in violation of this policy.

Il nuovo regolamento in merito (pubblicato qui) ha causato la reazione di molti utenti influenti di Twitter che si sono trovati sospesi dal social network di Elon Musk, ma poche ore dopo è stato rimosso e sono stati rimossi anche i tweet che lo annunciavano (una copia permanente di questo regolamento molto effimero è archiviata qui; i tweet di annuncio sono archiviati qui). Se questo regolamento fosse stato introdotto definitivamente, sarebbe stato probabilmente in violazione del Digital Markets Act europeo, che regolamenta i comportamenti dei social network, con sanzioni pesantissime.

Successivamente l’account ufficiale @TwitterSafety ha avviato un sondaggio, che si è concluso con l’87% di contrari al divieto di linkare altri social network.

Should we have a policy preventing the creation of or use of existing accounts for the main purpose of advertising other social media platforms?

— Twitter Safety (@TwitterSafety) December 19, 2022

Paradossalmente, Twitter pratica attualmente e da tempo quello stesso comportamento che avrebbe voluto vietare in casa propria: infatti ha degli account puramente autopromozionali su Instagram e su Facebook.

www.instagram.com/twitter/
www.facebook.com/TwitterInc

Il battibecco pubblico con i giornalisti, le accuse false di Musk

Il 16 dicembre Elon Musk si è inoltre unito a un dibattito online tenutosi su Twitter, usando la funzione Twitter Spaces che consente conversazioni vocali di gruppo, e ha detto che i giornalisti stavano condividendo il suo indirizzo. Quando gli hanno fatto notare che non era vero, e che lui stava usando lo stesso metodo di blocco dei link che aveva trovato così inaccettabile quando era stato usato per la vicenda del laptop di Hunter Biden, Elon Musk se ne è andato senza rispondere ad altre domande.

Riporto qui sotto la trascrizione del suo breve intervento.

Here is Elon’s full appearance in @katienotopoulos’ spaces with banned journalists tonight pic.twitter.com/1xPFtrVjf6

— Brennan Murphy (@brenonade) December 16, 2022
Musk: Well, as I'm sure everyone who's been doxxed would agree, showing real-time information about somebody's location is inappropriate. And I think everyone would not like that to be done to them. And there's not going to be any distinction in the future between simple journalists and regular people.
Everyone is going to be treated the same—no special treatment.
You doxx, you get suspended. End of story. And ban evasion or trying to be clever about it, like "Oh, I posted a link - to the real-time information," that's obviously something trying to evade the meaning, that's no different from actually showing real-time information.

Katie Notopoulos: When you're saying, 'posting a link to it,' I mean, some of the people like Drew and Ryan Mac from The New York Times, who were banned, they were reporting on it in the course of pretty normal journalistic endeavors. You consider that like a tricky attempted ban evasion?

Musk: You show the link to the real-time information – ban evasion, obviously.

Katie Notopoulos: Drew, I don't think you were posting the real-time information, right?

Drew Harwell: You're suggesting that we're sharing your address, which is not true. I never posted your address.

Musk: You posted a link to the address.

Drew Harwell: In the course of reporting about ElonJet, we posted links to ElonJet, which are now banned on Twitter. Twitter also marks even the Instagram and Mastodon accounts of ElonJet as harmful.
We have to acknowledge, using the exact same link-blocking technique that you have criticized as part of the Hunter Biden-New York Post story in 2020.
So what is different here?

Musk: It's not more acceptable for you than it is for me. It's the same thing.

Drew Harwell: So it's unacceptable what you're doing?

Musk: No.
You doxx, you get suspended.
End of story. That's it.

Circa mezz’ora dopo, l’intero servizio Twitter Spaces è stato disabilitato. È poi tornato online nei giorni successivi.

Musk litiga pubblicamente anche con gli esperti di marketing e di informatica e li insulta

In una discussione su Twitter Spaces fra esperti di marketing pubblicitario, Musk li ha interrotti affermando che stavano dicendo stupidaggini quando in realtà stavano parlando delle basi di come funziona la pubblicità nei social:

man who recently bought website for $44 billion dollars infuriated to hear the basics of online advertising accurately explained pic.twitter.com/SkYzIXAy11

— caleb gamman (@calebgamman) December 21, 2022

In una conversazione, sempre su Twitter Spaces, con ex ingegneri informatici di Twitter, quando uno di loro gli ha chiesto di descrivere tecnicamente cosa non andasse bene dell’attuale software del social, Musk ha tagliato corto e gli ha dato del “jackass”, ossia dell’ignorante.

How it started:
Ex-Twitter engineer asks Elon about new features to which Elon replied “to have high velocity features, there needs to be a total rewrite of the stack”

Elon Musk claims to be an engineer, but he can’t even answer simple tech question & attacks REAL engineers pic.twitter.com/Bnui1NoKRx

— RΛISINI ライシニ (@iamraisini) December 21, 2022

Il sondaggio di Musk se stare a capo di Twitter o no

Il 19 dicembre Elon Musk ha tweetato un sondaggio, indetto da lui stesso, per chiedere se restare a capo di Twitter o no, aggiungendo che avrebbe rispettato l’esito del sondaggio. "Vox populi, vox dei", diceva. Il risultato finale, con circa 17 milioni di account partecipanti, è stato che il 57,4% è a favore della sua rinuncia alla carica.

Should I step down as head of Twitter? I will abide by the results of this poll.

— Elon Musk (@elonmusk) December 18, 2022

Dopo due giorni di sostanziale silenzio, Musk ha annunciato il 21 dicembre che si dimetterà dal ruolo di CEO non appena troverà “qualcuno abbastanza incosciente da accettare l’incarico” e che resterà a capo dei reparti software e server (“I will resign as CEO as soon as I find someone foolish enough to take the job! After that, I will just run the software & servers teams.”).

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A Twitter, insomma, regna ancora la confusione e non c’è un piano organico di ristrutturazione: le decisioni vengono prese sull’impulso del momento, senza valutarne le conseguenze.

La burla di “John Mastodon”

E per finire, se vi state chiedendo perché si parla tanto online del signor John Mastodon ed è così popolare l’hashtag #JohnMastodon, tutto nasce da un errore di un giornalista, Isaac Schorr, che il 16 dicembre ha scritto su Mediaite.com un articolo sulla vicenda Twitter (copia d'archivio qui) nel quale voleva parlare dell’account Twitter @joinmastodon, che era stato bandito, ma ha invece scritto John Mastodon, descrivendolo come “il fondatore di una società concorrente nei social media che prende il nome da lui” (“the platform removed John Mastodon, the founder of a competing social media company named after himself”).

Ed è così che è nato un mito, con memi, biografie inventate e fotografie dell’inesistente signor John Mastodon generate con l’intelligenza artificiale.


Fonti aggiuntive: BBC; Ars Technica; Gizmodo.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


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