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Disinformatico

septiembre 4, 2012 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Disinformatico radio, un po’ di podcast arretrati

agosto 11, 2014 9:18, por Desconocido - 0no comments yet

Scusatemi, ultimamente sono stato travolto dagli impegni e ho accumulato in coda le segnalazioni dei podcast del Disinformatico radiofonico. Per farmi perdonare, ecco una foto del mio gatto Ombra.

2014/07/18 – Ho parlato di foto false e link-truffa riguardanti il disastro aereo del volo MH17; dell'idea di Microsoft di usare anche password semplici; della farsa del diritto all'oblio in Google; dello svedese autore di 3 milioni di voci di Wikipedia; e della burla di Steven Spielberg cacciatore di dinosauri. Il podcast è scaricabile qui.

2014/07/25Banche svizzere sotto attacco (ma anche no); Sciacalli online dei disastri aerei; Apple e la “backdoor” scoperta in iOS; Chi ha inventato la correzione automatica?; Lista di regole semiserie per luddisti digitali. Il podcast è a vostra disposizione qui.

2014/08/01 – Essendo festa nazionale in Svizzera, la consueta puntata è saltata, quindi niente podcast.

2014/08/08Il motore impossibile “garantito dalla NASA”; CryptoLocker, “hacker buoni” recuperano le chiavi per annullare l'estorsione; Furto di più di un miliardo di password, ma occhio a chi se ne approfitta; Si può ricostruire l'audio di una ripresa muta; 20 anni fa il primo sito Web di Microsoft. Ho anche parlato di disastri da eruzioni solari paventate e di censura tramite pixellamento inaffidabile se applicato al testo. Il podcast è qui. Buon ascolto.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Star Trek, nuova puntata della Serie Classica. O quasi

agosto 11, 2014 4:07, por Desconocido - 0no comments yet

L'articolo è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

È fatta dai fan, ma è fatta davvero bene, con scenografie e oggetti di scena ricostruiti fedelmente e lo stesso stile di fotografia, ma soprattutto con storie ben scritte: è Star Trek Continues, serie di telefilm ispirati alla Serie Classica di Star Trek, dalla quale prendono spunto ampliandone le storie, come in questo terzo episodio, Fairest of Them All, che si chiede che cosa accadde nell'Universo dello Specchio dopo il ritorno del “nostro” Kirk. Buona visione.




Per darvi un'idea della cura nella ricostruzione delle ambientazioni e delle atmosfere di Star Trek Continues, date un'occhiata a questi confronti fra una puntata della Serie Classica originale e l'episodio correlato (prequel, sequel o sidequel) di Continues.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Si può ricostruire l'audio di una ripresa video muta

agosto 10, 2014 18:19, por Desconocido - 0no comments yet

Un gruppo di ricercatori dei MIT, della Adobe e della Microsoft è riuscito a ottenere un risultato che a prima vista sembra magico: ricostruire l'audio di una ripresa video priva di sonoro.

La tecnica è molto elegante: le onde sonore presenti nella scena che viene ripresa fanno vibrare gli oggetti inquadrati, ma normalmente questa vibrazione è troppo piccola e rapida per essere vista. Però se si usa una telecamera che riprende 20.000 fotogrammi al secondo (contro i 25, 30 o 60 di una ripresa normale) e si elabora il video con un sistema molto potente, anche uno spostamento di un millesimo di pixel diventa visibile e quindi è possibile usare i piccolissimi spostamenti degli oggetti presenti in una scena per ricostruire l'audio della scena stessa.

I ricercatori hanno iniziato estraendo musica e voci da video ripresi usando questa telecamera ad altissima cadenza di ripresa. Da un'immagine di una cuffietta che riproduceva una canzone sono riusciti a ricostruire e identificare il brano (Under Pressure dei Queen). La dimostrazione è andata benissimo, ma il requisito di una telecamera di questo genere limitava l'utilità pratica di questa tecnica ad alcuni casi particolari di sorveglianza o spionaggio.

Poi hanno avuto un'intuizione brillante: normalmente ogni fotogramma di una ripresa video o di un'immagine digitale è in realtà composto da tante linee che vengono acquisite in istanti leggermente differenti (circa 16 microsecondi fra una riga e la successiva, nella videocamera commerciale usata dai ricercatori). Questo è il motivo per cui le foto digitali di oggetti in rapido movimento, per esempio una fila di lampioni ripresa da un'auto in corsa, a volte hanno delle curiose deformazioni.

Ma allora, se si analizza ciascuna linea dell'immagine come se fosse un “fotogramma” separato, si ha una cadenza di ripresa altissima anche con una videocamera normale e questo permette di rilevare le vibrazioni sonore degli oggetti ripresi senza ricorrere a tecnologie ultrasofisticate. Infatti con questa tecnica i ricercatori hanno ripreso a 60 fotogrammi al secondo un sacchetto di patatine, un oggetto particolarmente adatto perché sottile e quindi in grado di vibrare bene a varie frequenze, e hanno ricostruito il sonoro circostante. La ricerca è presentata in un video e in un articolo, The Visual Microphone: Passive Recovery of Sound from Video, disponibile per lo scaricamento.

Morale della storia: attenti a quello che dite quando mangiate patatine.


Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Antibufala: il motore impossibile “garantito dalla NASA”

agosto 10, 2014 18:18, por Desconocido - 0no comments yet

Se un inventore solitario annuncia di aver inventato un motore che va contro le leggi della fisica come le conosciamo, l'amara esperienza di tante bufale e truffe precedenti spinge a presumere che si tratti di nuovo di un imbroglio o di un abbaglio fino a prova contraria. Ma se c'è una conferma indipendente e se oltretutto ci si mette di mezzo nientemeno che la NASA a garantire la scoperta, allora cambia tutto. È quello che è successo con l'EmDrive (immagine qui accanto) dello scienziato britannico Roger Shawyer pochi giorni fa. O almeno così è sembrato, a giudicare dagli annunci fatti da Wired UK, NBC News, Discovery.com, The Independent, HuffingtonPost.itRepubblica e tante altre testate giornalistiche. Poi è arrivata la realtà, largamente snobbata dai media che avevano pompato la notizia.

L'EmDrive, secondo il suo inventore, sarebbe un sistema di propulsione basato sull'emissione di microonde in una cavità chiusa simile a un tronco di cono. La forma della cavità e le sue dimensioni che producono la risonanza alle microonde produrrebbero spinta senza dover usare propellente, a differenza di qualunque altro sistema di propulsione. Questo sarebbe rivoluzionario, perché permetterebbe di avere un motore con autonomia infinita: per esempio, basterebbe dotare un'astronave di un EmDrive, alimentato da pannelli solari, per poter viaggiare sotto spinta continua tra i pianeti. Sparirebbe il problema del propellente, che costituisce la stragrande maggioranza della massa di un veicolo spaziale odierno e che obbliga a viaggiare nello spazio principalmente per inerzia, allungando enormemente i tempi di viaggio.

Sembra troppo bello per essere vero, insomma. Eppure anche un esperimento indipendente condotto in Cina alcuni anni fa ha ottenuto lo stesso risultato e la NASA ha pubblicato un articolo (più precisamente un conference paper) che sembra confermare che l'EmDrive funziona. La spinta ottenuta dal test della NASA è mille volte più ridotta di quella ottenuta in Cina ed è modestissima (circa 30-50 micronewton, paragonabile a tre-cinque centomillesimi della spinta esercitata dal peso di un telefonino tenuto in mano), ma comunque esiste e soprattutto è inattesa secondo le leggi della fisica.

C'è un problema, come segnalano gli esperti linkati in coda a questo articolo: nell'esperimento condotto dai ricercatori NASA anche un esemplare di controllo che non doveva produrre spinta ha prodotto una spinta. L'esemplare di controllo, essendo privo delle modifiche fisiche interne progettate per generare spinta (fessure), non doveva funzionare: serviva per validare il metodo di sperimentazione. Se si provano due dispositivi, uno costruito per funzionare e l'altro costruito per non funzionare, e salta fuori che funzionano entrambi, c'è decisamente qualcosa che non va nell'impostazione dell'esperimento.

Con valori di forza così piccoli, è molto probabile insomma che il risultato sia in realtà un errore. Per esempio, il propulsore non è stato provato nel vuoto, ma in aria, per cui la piccolissima spinta potrebbe essere stata indotta da un flusso d'aria riscaldata dall'apparato.

Un altro problema segnalato dagli esperti è che l'esperimento attribuito dai media alla NASA nel suo complesso è stato svolto in realtà da un piccolo gruppo di ricercatori della NASA nel corso di soli otto giorni e riguarda soltanto alcune misurazioni, senza addentrarsi in valutazioni dei principi fisici, e un conference paper è tipicamente un semplice annuncio di risultati preliminari, senza la solidità e il rigore richiesti a una pubblicazione scientifica formale. L'ente spaziale, insomma, non ha affatto confermato o avallato massicciamente il funzionamento dell'EmDrive.

Prima di considerare confermata una rivoluzione scientifica del genere servono prove ripetute e schiaccianti, come sempre. Comunque sia, l'episodio dimostra che la comunità scientifica non è affatto chiusa e pronta a liquidare qualunque invenzione che sembra violare le leggi della fisica: se vengono portate prove sufficienti, anche concetti apparentemente bizzarri come una propulsione senza propellente vengono investigati. Per ora le prove non sono sufficienti, per cui si resta con i piedi per terra in attesa di altri esperimenti.

Fonti aggiuntive: Phil Plait, Mika McKinnon, Steven Novella, John Baez (anche qui), Marco Passarello, Greg Egan, Ars Technica.
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    Apple spiega la “backdoor” di iOS che facilita la sorveglianza

    agosto 9, 2014 13:11, por Desconocido - 0no comments yet

    Un ricercatore d'informatica forense, Jonathan Zdziarski, sostiene che nei dispositivi Apple che usano il sistema operativo iOS (iPhone, iPad, iPod touch) c'è una backdoor, ossia una via d'accesso che consente a un intruso di scavalcare le protezioni di sicurezza (password, PIN eccetera) a e accedere ai dati contenuti nel dispositivo nonostante siano cifrati.

    La backdoor, secondo Zdiarski, funziona così: un dispositivo Apple può essere sincronizzato con un computer attraverso il pairing. In questo pairing vengono scambiate chiavi di cifratura e certificati che stabiliscono un canale di comunicazione cifrato (tunnel SSL) fra i dispositivi. Queste chiavi non vengono mai cancellate, tranne quando si ripristina il dispositivo. Un aggressore può quindi infettare il computer di una vittima, estrarne le chiavi di pairing, e poi collegarsi via WiFi al dispositivo iOS. Potrebbe, per esempio, creare una rete WiFi che ha lo stesso nome di quella usata dalla vittima, inducendo il dispositivo Apple a connettervisi automaticamente, e da lì trafugare tutti i dati contenuti nel dispositivo.

    Apple ha risposto con un comunicato stampa, confermando l'accesso tramite pairing ma chiamandolo una “funzione diagnostica” necessaria per “sviluppatori, reparti informatici e Apple per la soluzione di problemi tecnici”; inoltre, sottolinea Apple, l'utente deve concedere fiducia al computer al quale si collega e i dati non vengono trasferiti senza il suo consenso (il pairing chiede all'utente un OK).

    Zdziarski obietta che la quantità di dati resa accessibile tramite questa “funzione diagnostica” è assolutamente eccessiva: mail, Twitter, iCloud, tutti gli indirizzi della rubrica (comprese le voci cancellate), la cache, le geolocalizzazioni e l'intero album fotografico. C'è un servizio, com.apple.pcapd, che consente il monitoraggio senza fili di tutto il traffico di rete entrante e uscente dal dispositivo iOS. Zdziarski, fra l'altro, usa queste tecniche per sorvegliare i propri figli dotati di iPhone.

    A distanza di qualche giorno, Apple ha pubblicato i dettagli tecnici di queste “funzioni diagnostiche”, ma Zdziarski continua a obiettare che i dati accessibili con questa tecnica non c'entrano nulla con la diagnosi dei problemi tecnici e che quest'accesso non dovrebbe essere possibile via Wi-Fi e non dovrebbe scavalcare la cifratura dei backup.

    Fonti aggiuntive: Ars Technica.

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