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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

(AGG 2023/08/09 12:30) Avventurette in auto elettrica: Lugano-Spotorno-Lugano per Scienzafantastica.it, ma non in Tesla. Forse

9 de Agosto de 2023, 7:44, por Il Disinformatico
Ultimo aggiornamento: 2023/08/08 10:20.

Tess, l’auto elettrica che la Dama del Maniero ed io usiamo solitamente per i viaggi lunghi, è KO in attesa che arrivi il parabrezza nuovo che rimpiazzi quello danneggiato dalla grandine. Probabilmente il ricambio non arriverà in tempo per il prossimo viaggio che dobbiamo fare, che è da Lugano a Spotorno e ritorno per partecipare a Scienza fantastica il 4 agosto con una conferenza pubblica sulla protezione planetaria (protezione della Terra dalle eventuali contaminazioni aliene e degli altri pianeti dalla contaminazione biologica terrestre).

Andare in treno in questa stagione caldissima e affollatissima rischia di essere una bolgia, fra coincidenze e cambi, e non abbiamo più l’agilità e la resistenza di un tempo. E così stiamo esplorando l’idea di andare comunque a Spotorno in auto elettrica, ma noleggiandone una.

Prevengo la domanda inevitabile: no, andarci con ELSA e i suoi 100 km di autonomia a 90 km/h non mi sembra proprio il caso, anche se la Dama del Maniero me l’ha proposto. A parte i tempi di viaggio lunghissimi, mancano colonnine CHAdeMO lungo il tragitto.

Fare il viaggio con un’elettrica a noleggio sarebbe la prima avventuretta di mobilità elettrica per la quale non avremmo tutti i privilegi e le comodità di Tesla, prima fra tutte l’incredibile facilità d’uso della sua rete di ricarica (attacchi l’auto e via, senza tribolare con app e tessere), e sarebbe una buona occasione per provare un’auto elettrica differente e vedere in concreto come vive l’altra metà del mondo della mobilità elettrica, ossia chi ha un’auto elettrica di una marca che non dispone di una propria rete di ricarica e quindi deve destreggiarsi con i vari gestori delle colonnine.

Noto con piacere che sul sito svizzero di Europcar la differenza di prezzo fra auto elettriche e auto termiche è minima, e la corrente ci costa molto meno che la benzina equivalente (e non è neanche necessario restituire l’auto carica), per cui stiamo pensando di noleggiare una VW ID.3 da 58 kWh per due giorni (circa 315 CHF).

EV-database dice che quest’auto ha un’autonomia autostradale reale di circa 325 km, e da Lugano a Spotorno (deviando sulla A26 per evitare il grande traffico) sono circa 290 km, per cui con una guida ragionevolmente morbida dovremmo riuscire a fare il viaggio senza doverci fermare a caricare; all’arrivo, l’albergo dovrebbe avere una presa di ricarica (gli organizzatori di Scienza Fantastica stanno verificando la disponibilità).

In ogni caso, lungo la strada c’è una colonnina veloce Free to X direttamente in autostrada, all’autogrill Stura Ovest (dopo 220 km), per cui potremmo fermarci lì comunque per una pausa e per provare come funzionano le ricariche rapide non-Tesla su un’auto non-Tesla (in tutti questi anni di guida elettrica ne ho fatte pochissime). 

Possiamo anche usare la rete Tesla, visto che ovviamente ho l’app Tesla e alcune stazioni sono abilitate anche alle auto di altre marche (per esempio Vado Ligure, a 280 km dal Maniero); questo avrebbe il vantaggio non trascurabile di non costare nulla grazie ai referral. La mappa delle colonnine Tesla è consultabile qui.

Per il ritorno, c’è per esempio una stazione Free to X sull’autostrada (sempre la A26), a Occimiano (Autogrill Monferrato Est), dopo 130 km di viaggio, oppure il Supercharger Tesla a Vicolungo, dopo 177 km, che è abilitato anche alle auto non-Tesla.

Ho la tessera Enel X e la tessera ChargeMap, per cui dovrei poter caricare senza troppi problemi, sempre che la stazione di ricarica abbia una colonnina libera quando ci arriviamo. Staremo a vedere.

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2023/08/03 22:10. Il centro riparazioni Tesla locale (la Automek di Mezzovico) sta facendo acrobazie logistiche per sistemare almeno il parabrezza in tempo per la partenza per Spotorno di domani. Sul parabrezza sono montati lo specchietto e le telecamere frontali, per cui è un intervento complesso. Forse alla fine riusciamo ad andare con TESS nonostante tutto!

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2023/08/08 10:20. Alla fine ce l’abbiamo fatta: la Automek ha sostituito il parabrezza in tempo. Ho ritirato l’auto la mattina della partenza, l’ho messa sotto carica fino al 100% a casa e siamo partiti insieme a nostro figlio Liam alla volta di Spotorno, percorrendo la A26 invece della A7 (che è più breve ma è molto più trafficata). Abbiamo colto l’occasione di una delle soste fisiologiche per fare una breve ricarica a una colonnina non-Tesla, quella di Free to X presso l’autogrill Stura, sulla A26, dopo 214 chilometri, fatti alle velocità autostradali massime consentite, con pochissimo traffico e solo qualche breve coda per i cantieri. 

Ho usato la tessera di EnelX, che la colonnina ha accettato subito: niente perdita di tempo o complicazione con app varie, cosa oltretutto utile visto che pioveva (sì, si può caricare un’auto elettrica anche sotto la pioggia).

Abbiamo caricato a 50 kW, che non è il massimo ma si trattava comunque un biberonaggio (si chiama così il rabbocco breve ed estemporaneo, fatto mentre si fa altro, approfittando dell’occasione non prevista). Non ne avevamo necessità: era soprattutto un’occasione per provare in pratica le colonnine non-Tesla, che non mi capita mai di usare. Devo dire che avere le colonnine di ricarica agli autogrill, direttamente in autostrada, senza dover uscire come succede quasi sempre con quelle Tesla, è una comodità davvero notevole. Parcheggi, attivi la carica e te ne vai a fare altro, poi quando hai finito riparti. Zero perdite di tempo. Le colonnine erano piuttosto affollate di turisti: buon segno.

Da lì siamo arrivati a Spotorno con ampia riserva di carica. Ho fatto la mia conferenza sulla protezione planetaria (e anche una scenetta di Star Wars improvvisata con due Sith; sì, esiste un video della serata, spero di poterlo pubblicare presto) e bevuto una buona birra con gli amici che ci hanno raggiunto (grazie a tutti per le dosi massiccie di focaccia!).

L’indomani mattina ho fatto una Colazione Galattica con i giovanissimi di Spotorno, chiacchierando di alieni e improvvisando con Liam (che è illustratore) un identikit degli alieni immaginati dai bambini e dalle bambine presenti. Non abbiamo caricato in loco durante la notte, perché per ora a Spotorno non ci sono colonnine, ma tanto avevamo carica più che sufficiente per arrivare al Supercharger di Varazze, cosa che abbiamo fatto dopo un ottimo pranzo in riva al mare e un test drive di Tess per l’organizzatore.

A Varazze ci siamo fermati per ricaricare e intanto riposare un momento (io sono raffreddatissimo, come avrete forse sentito dal podcast, ed eravamo tutti stanchissimi dopo le corse per organizzare la riparazione di Tess e un paio di emergenze di famiglia felicemente risolte). Da lì siamo andati verso casa, sempre lungo una A26 deserta (è un piacere guidare in queste condizioni, nel silenzio, chiacchierando e ascoltando buona musica), con un biberonaggio veloce (un quarto d’ora) durante una pausa per pipì e acquisti di cibarie all’Autogrill Monferrato Est.

Da lì siamo andati velocemente a casa. Abbiamo percorso in tutto 580 chilometri, consumando 111 kWh (consumo medio 192 Wh/km) e spendendo... boh, mi è morto il telefono e devo reinstallare l’app di EnelX su quello d’emergenza per scoprirlo. Datemi tempo.

(qualche minuto dopo) Fatto, ma l’app di EnelX non mi indica i costi (mostra solo i kWh). Il “pieno” a casa mi è costato circa 14 CHF. La prima carica in viaggio, all’andata, è stata di 9,79 kWh in 12 minuti; la seconda, al ritorno, è stata di 10,92 kWh in 14 minuti; in totale ho speso 19,52 euro (ho una tessera EnelX Pay per Use Basic, per cui i pochi kWh che consumo li pago cari, oltre 80 centesimi l’uno). La carica di ritorno al Supercharger è stata gratuita (grazie ai referral) e lo è stata anche la carica dopo il ritorno, fatta anch’essa al Supercharger vicino al Maniero. Fare 580 km con 35 euro di energia non è male.

2023/08/09 12:30. È arrivata via mail la fattura di EnelX, per cui ho aggiunto i dati di spesa qui sopra.



Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


La cittadina che non ha mai conosciuto l’automobile e va solo in elettrico. Dagli anni '80

8 de Agosto de 2023, 15:32, por Il Disinformatico

Tom Scott racconta la bizzarra storia di Zermatt, una piccola località svizzera che non è mai stata rimodellata dall’ingombrante invasione delle automobili e ha scavalcato completamente la mobilità a carburante. Come dice anche lui, Zermatt è un caso speciale, un paesino molto abbiente in uno stato altrettanto abbiente, che ha subappaltato la questione dei parcheggi delle auto al paesino accanto, per cui è chiaro che non può fare testo. Ma il suo esempio concreto mostra che cosa significa avere una città completamente priva del frastuono e dei gas di scarico dei veicoli a carburante, e fa riflettere sull’economia totalmente anticonsumistica di fabbricare veicoli che costano molto cari ma durano da 30 a 50 anni.

Traduco sommariamente quello che dicono Tom e le persone che ha intervistato:

TOM: Uno dei problemi della pianificazione urbanistica è che i cambiamenti sono difficili. La maggior parte delle città è costruita intorno alle automobili. Molte di queste città vorrebbero passare a qualcosa di più congeniale ai sistemi di transito e pedonabile, ma è un processo molto lento e difficile.

Ma se l’automobile non fosse mai arrivata? Se la tua cittadina fosse stata così inaccessibile, e per così tanto tempo, che quando finalmente è diventato possibile farci arrivare delle auto la gente avesse deciso che non le voleva? Questa è Zermatt, una località sciistica nelle alpi della Svizzera meridionale, e questa è la fine della valle. Non c’è un modo facile per valicare quelle montagne.

Qui in auto non si arriva. C’è una strada, ma è stretta e piena di tornanti ed è aperta solo se hai un permesso speciale e paghi una tariffa piuttosto salata. Anche così, non puoi entrare nella cittadina vera e propria, e invece la cittadina più vicina ha molti parcheggi e un treno che trasporta avanti e indietro i turisti.

Una volta, qui, gli unici veicoli erano i carretti trainati dai cavalli. Ma negli anni 80 Zermatt si modernizzò, scavalcando completamente le auto a benzina e i motori a scoppio e diventando interamente elettrica, con alcuni requisiti molto specifici.

IRIS KÜNDIG, vicepresidente del Municipio di Zermatt: Non abbiamo auto private. Gli albergatori e gli edili e tutti i taxi ovviamente non possono andare in bici e basta, per cui chiedono un permesso. Il governo locale decide. Gli imprenditori ci devono mandare una domanda. “Perché ha bisogno di un veicolo?” E poi abbiamo questa checklist. Diamo loro un permesso, magari per tre anni. E se l’impresa è attiva, possono tenerlo. Ma se lei è una persona come... Tom Scott, perché le servirebbe? “Io abito quassù, è molto difficile da raggiungere”. E allora diremmo “Spiacenti, può prendere un taxi”. E chi fa le consegne ha un’auto, ma i negozi non ce l’hanno. I ristoranti non ce l’hanno. Siamo molto severi e così da vent’anni abbiamo circa 520 veicoli.

TOM: Se siete cresciuti nel Regno Unito quando ci sono cresciuto io, state forse pensando “ma questi sono furgoncini del latte” [io me li ricordo, N.d.T.]. Sì, è praticamente la stessa tecnologia: un veicolo elettrico a batteria con una vita operativa molto lunga, progettato per decenni di uso a bassa velocità, per essere riparato facilmente se si rompe, e per fare il minor rumore possibile. Nel ventesimo secolo l’industria del latte britannica usava flotte di veicoli come questi per consegnare le bottiglie di latte a milioni di case ogni mattina. Sembra bizzarro oggi, ma lo è gran parte del ventesimo secolo.

Zermatt usa questi veicoli per fare tutto. Taxi, ovviamente, ma anche autobus, camioncini, l’auto della polizia: hanno tutti lo stesso aspetto e molti sono stati progettati e costruiti localmente da un’azienda che sta lì e ha iniziato con i taxi trainati da cavalli.

BRUNO IMBODEN: Negli anni Settanta mio padre faceva il cocchiere. Avevamo alcune auto elettriche dotate di un pianale, ma nulla per il trasporto di persone. E poi mio padre ha comprato da un’azienda vicino a Zurigo un’auto elettrica per trasportare le persone. Poi nel 1985 mi sono messo insieme a mio fratello e abbiamo fondato la ditta STIMBO. Costruiamo da 10 a 15 auto l’anno, e costruire un’auto elettrica, per un’azienda piccola come noi, non è facile. Nell’azienda siamo in dieci. Quella che vedi lì è una nuova auto elettrica, di nuova generazione, con batterie agli ioni di litio. Prima lavoravamo con le batterie al piombo. Ora con le batterie agli ioni di litio è tutto molto facile. Con questa tecnologia puoi guidare per due o tre ore, non è più un problema. Questo è stato un grande cambiamento. Tutte queste auto elettriche sono fatte a mano. Posso dirti che ogni pezzo che vedi in questo veicolo è stato maneggiato a lungo. Gli altri dicono che il mercato non è grande a sufficienza, ed è per questo che possiamo costruirle noi. Costano circa 140.000 franchi [145.000 euro]. La loro vita operativa è di circa 30 anni, fino a 50 anni. Non è un problema. Con l’alluminio non c’è ruggine, e abbiamo qualità artigianale.

TOM: Mi ci è voluto un po’ per accorgermi di una cosa mentre passeggiavo per Zermatt. In ogni città, in ogni cittadina, c’è un brontolio sordo e costante di traffico che proviene da qualche parte, magari in lontananza. Qui semplicemente non c’è. La cosa è evidentissima di notte, ma ora ovviamente è difficile da dimostrare perché ci sono lavori edili, c’è lo scroscio del fiume che è molto udibile da dove mi trovo e sta portando a valle tutta l’acqua dei ghiacciai che si stanno sciogliendo. Ci sono elicotteri e treni. Ma di notte, quando tutto è tranquillo, non c’è il rumore del traffico.

E anche se so che si tratta di un caso speciale, e che funziona solo perché questa è una piccola località sciistica molto ricca e molto cara con una storia strana, che ha subappaltato i propri parcheggi alla cittadina accanto, non posso fare a meno di pensare che sarebbe bello se ci fossero più cittadine e città con questa sonorità.

IRIS KÜNDIG: Tutti conoscono le regole. I bambini ci crescono insieme. “Posso avere un’auto?” “Ma sei pazzo?” Per cui per la gente del posto fa parte della loro mentalità. Quando dico agli svizzeri che viviamo in una città senza auto a benzina, mi chiedono come ce la caviamo. “In bici, a piedi, o in autobus? Ah.” Ma non ci credono. Eppure se fai parte di questo sistema, è così normale.

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All’altro estremo c’è invece questa segnalazione dell’amico Paolo G. Calisse, che mi ha mandato poco fa le sue foto dell’impianto Unelco di La Palma. Sullo sfondo, la cittadina turistica di Santa Cruz de La Palma. Mi dice che l’impianto fa una puzza formidabile, con grande gioia di chi vive sottovento sulla montagna. Riporto le sue parole dai commenti: “Si tratta di generatori elettrici alimentati a fuel oil, un residuo della lavorazione del diesel, che tra l'altro produce un fumo grigio e puzzolente a meno di un km (ed in piena vista) dal centro principale dell'isola. L'impianto è gestito da ENDESA, di proprietà ENEL. Però se vuoi mettere un pannello fotovoltaico per terra, o un impianto eolico no, perché "deturpa il paesaggio".”.




Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


SpaceX, il test di accensione del Super Heavy con il nuovo sistema di soppressione acustica a “doccia capovolta”

7 de Agosto de 2023, 5:41, por Il Disinformatico

Ieri a Boca Chica, in Texas, si è svolto un test di accensione statica (senza decollo) dei 33 motori del lanciatore Super Heavy di SpaceX, sulla rampa di lancio riparata e migliorata.

La rampa ora ha un originale sistema di soppressione acustica: dato che la natura del terreno non consentiva di scavare le trincee che si usano abitualmente per incanalare lo scarico dei motori e allontanarlo dal veicolo, in modo che le fortissime onde di pressione acustica e il calore non si riflettano verso il veicolo, danneggiandolo o distruggendolo, SpaceX ha progettato e costruito a tempo di record una struttura piatta forellata, dalla quale emergono getti d’acqua rivolti verso l’alto. Una sorta di gigantesca testa di doccia messa sottosopra.

Il sistema sembra aver funzionato bene. Va detto che i motori non sono stati portati a piena potenza (comunque è stato raggiunto un livello di potenza superiore a quello dei 27 motori del Falcon Heavy) e che il serbatoio di metano non era completamente pieno. Inoltre quattro dei 33 motori si sono spenti automaticamente, e questo non è un buon segno, anche se il veicolo è concepito per portare correttamente in orbita il proprio carico anche quando alcuni motori non sono operativi.

Lo spettacolo inizia intorno a 2 minuti dall’inizio del video.

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500.000 km in auto elettrica, con la batteria originale. Per fortuna che gli umarell dicevano che le elettriche non sarebbero durate

6 de Agosto de 2023, 18:58, por Il Disinformatico

Oggi un amico ha festeggiato 500.000 chilometri fatti per lavoro con la stessa auto elettrica, mantenendo la batteria originale, e ha condiviso questa foto.

Eppure ancora oggi una delle critiche più frequenti è “eh, ma le auto elettriche non durano”. Questa ha fatto mezzo milione di chilometri, usata pesantemente come taxi, caricandola per l’85% dei suoi rifornimenti di energia su colonnine rapide (che in teoria dovrebbero accorciare la vita della batteria rispetto alle cariche lente).

Un’altra delle critiche tediosamente frequenti, soprattutto fra chi non si informa prima di sentenziare, è che fabbricare un’auto elettrica inquina molto di più che fabbricarne una tradizionale. In realtà l’impatto ambientale della fabbricazione di un’automobile elettrica è leggermente maggiore di quello di una singola auto a carburante, ma viene recuperato in media dopo 30.000 km di marcia (perché quella a carburante continua a inquinare anche dopo la fabbricazione). 

E se salta fuori che in media le auto elettriche durano molto di più di quelle a carburante, allora dobbiamo fare il confronto non fra un’elettrica e una termica, ma fra un’elettrica e le due-tre termiche che sostituisce.

Dettaglio aggiuntivo: i dischi dei freni sono stati cambiati dopo circa 350.000 km.

Trovate le fonti di questi dati e maggiori dettagli su Fuori di Tesla.

 

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Podcast RSI - Story: L’attacco dei cloni vocali

4 de Agosto de 2023, 3:43, por Il Disinformatico
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È disponibile subito il podcast di oggi de Il Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera, scritto, montato e condotto dal sottoscritto: lo trovate presso www.rsi.ch/ildisinformatico (link diretto) e qui sotto.

Le puntate del Disinformatico sono ascoltabili anche tramite feed RSS, iTunes, Google Podcasts e Spotify.

Buon ascolto, e se vi interessano il testo di accompagnamento e i link alle fonti di questa puntata, sono qui sotto.

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[CLIP: Yoda: “Cominciata la guerra dei cloni è” da “Star Wars - L’Attacco dei Cloni”]

Non è la prima volta che questo podcast si occupa di voci clonate. Ad aprile scorso avevo raccontato la vicenda del brano Heart on My Sleeve, creato con le voci sintetiche di Drake e The Weeknd, e gli esempi di clonazione di voci di personaggi famosi, usati per le truffe, ormai non si contano, come nel caso recente del falso video di Elon Musk che sembra promuovere una truffa basata sulle criptovalute. Ma sono quasi sempre voci in inglese, e soprattutto sono le voci degli altri.

Che cosa succede, e come ci si sente, quando la voce clonata è invece in italiano, e non è quella di qualcun altro ma è la propria, e la si ascolta mentre pronuncia perfettamente parole mai dette? E quali sono le implicazioni sociali e di sicurezza di questa tecnologia, che oggi produce risultati praticamente indistiguibili dall’originale?

Questa è la storia di come ho clonato la mia voce, usando un servizio commerciale aperto a chiunque, e di come oggi dobbiamo imparare a non fidarci più non solo dei nostri occhi con i deepfake, ma anche delle nostre orecchie.

Benvenuti alla puntata del 4 agosto 2023 del Disinformatico, il podcast della Radiotelevisione Svizzera dedicato alle notizie e alle storie strane dell’informatica. Io sono Paolo Attivissimo. O forse sono il suo clone. Ascoltate attentamente, e provate a vedere se riuscite a capire quando sto parlando realmente io e quando invece affido questo podcast al mio clone.

[SIGLA di apertura]

Parto subito con una premessa importante: clonare bene la voce di qualcuno non è facile, come molti pensano. Certo, ci sono numerosi software e servizi online facilmente accessibili, ai quali si può affidare una breve registrazione della voce di qualcuno, senza alcun controllo di identità, e ottenerne in pochi minuti un clone abbastanza somigliante al quale far dire qualunque cosa, come ha fatto recentemente il programma Falò della Radiotelevisione Svizzera, clonando voce e immagine del conduttore Michele Galfetti.

[CLIP: Audio di Galfetti clonato]

Ma c’è comunque qualcosa di robotico e piatto nei cloni fatti in questo modo. Sono sufficienti a ingannare un ascoltatore distratto, permettono di fare qualche burla su TikTok e consentono anche di creare truffe come quella che sfrutta la voce di Elon Musk, citata prima, o quella, molto in voga in questo periodo, della falsa telefonata di un familiare che chiede urgentemente soldi per tirarsi fuori da un guaio. Ma ascoltando con attenzione queste voci ci si accorge che sono in qualche modo artificiali.

Per ottenere un clone vocale credibile, come quello che state ascoltando qua e là in questo podcast in alternanza con la mia voce reale, serve molto di più: servono soldi, tempo, e tanti campioni di voce puliti, che non sono facili da ottenere. E poi ci sono controlli di sicurezza difficili da superare.

I soldi servono per acquistare un account professionale su una delle tante piattaforme di clonazione vocale, come Resemble o Speechify o Elevenlabs, che è quella che ho usato per questo esperimento. Per poter clonare bene una singola voce bisogna spendere una ventina di dollari al mese; per clonarne di più i prezzi salgono molto in fretta.

Poi servono i campioni della voce da clonare, e ne servono tanti e di ottima qualità. Non basta piazzare un microfono vicino a qualcuno per qualche minuto per rubargli la voce. Servono almeno trenta minuti di audio molto pulito, senza rumori di fondo, per ottenere risultati accettabili, e le voci migliori richiedono tre ore di campioni. Procurarsi così tante registrazioni pulite non è facile, a meno che si tratti della voce di qualcuno che parla spesso in pubblico, davanti a un buon microfono, come appunto un conduttore radiofonico o un podcaster.

E anche così, ci sono delle limitazioni: la voce clonata avrà infatti lo stesso tono che hanno le registrazioni usate per crearla. Se i campioni provengono da discorsi in pubblico, avranno il tono di chi parla ad alta voce a degli ascoltatori; se provengono da una conversazione privata, avranno un tono più sommesso e intimo, e non ci sarà modo di cambiarlo. Io ho usato le registrazioni della mia voce fatte per le puntate precedenti di questo podcast, per cui il tono risultante è quello ottimale per produrre un clone da podcast, ma non potrei usare questa voce sintetica per, che so, recitare una poesia.

Gli ostacoli non sono finiti. Bisogna anche armarsi di pazienza, perché una volta inviati i campioni al servizio di clonazione, bisogna aspettare che vengano elaborati, e questo può richiedere anche giorni o settimane. Nel mio caso è passato quasi un mese. E nell’attesa si continua a pagare.

Resta un ultimo ostacolo: dopo aver inviato al servizio i campioni della voce, bisogna anche che quella stessa voce legga in tempo reale una frase generata a caso dal servizio nella lingua scelta. Questa è una misura di sicurezza molto importante, per evitare gli abusi facilmente immaginabili: in pratica questo controllo impedisce di clonare la voce di qualcun altro senza il suo permesso e impersonarlo, perché la persona da clonare deve essere presente in carne e ossa per pronunciare la frase di sicurezza.

E a proposito di abusi, bisogna tenere presente che quando si usa un servizio di clonazione vocale online si affida ai gestori di quel servizio tutto il necessario per clonare la propria voce all’infinito. È un potere che non va dato alla leggera, soprattutto se il servizio appartiene a un social network il cui modello commerciale è proprio acquisire tutti i dati possibili sui propri utenti.

Una volta fatto tutto questo, non resta che aspettare.

Il clone apprendista e l’attore disoccupato

Quando finalmente arriva la voce clonata, bisogna imparare a impostarla e a farla parlare in modo naturale. E qui emerge un aspetto leggermente inquietante di questi servizi: alcuni, come appunto Elevenlabs, spiegano che hanno notato che la voce sintetica diventa più emotiva se invece di darle semplicemente il testo da leggere, così com’è, le si prepara una premessa che descriva il tono da usare, come se si trattasse dei dialoghi di un libro.

Se la premessa dice cose come "Paolo parla con voce emozionata e confusa", l’intelligenza artificiale del software di sintesi vocale usa questi suggerimenti per plasmare il tono della voce generata. Ma neanche i gestori di questi servizi sanno di preciso come funzioni tutto questo e lo ammettono abbastanza candidamente, precisando che ci sono trucchi che sembrano funzionare, ma non sempre, a discrezione dell’intelligenza artificiale. E se si genera ripetutamente lo stesso testo, si ottengono risultati differenti ogni volta. Altri servizi usano un approccio più manuale, nel quale si possono muovere dei cursori e inserire dei comandi nel testo per dare istruzioni sull’enfasi da dare alle varie parole.

[L’intonazione e le pause di tutte le parti pronunciate dalla mia voce clonata sono state scelte automaticamente dal software; io mi sono limitato a dare a Elevenlabs il testo che state leggendo, precedendolo con una breve premessa di descrizione emotiva]

Poi c’è il problema della pronuncia delle sigle e dei nomi propri: cose che una speaker professionista leggerebbe correttamente senza batter ciglio, come per esempio “www” in un indirizzo Web, vanno scritte foneticamente, altrimenti si otterranno risultati imbarazzanti. A volte bisogna addirittura ricorrere all’alfabeto fonetico internazionale, quello con i simboli strani che vedete spesso nei vocabolari, e comporre le parole lettera dopo lettera, provando e riprovando fino a ottenere la pronuncia corretta. Con uno di questi software di sintesi vocale ho speso qualche ora solo per insegnargli a pronunciare correttamente la singola parola webinar, che si ostinava a pronunciare webìnar o webinàr.

Insomma, ottenere un buon risultato non è una passeggiata, e chiunque pensi che questi servizi possano sostituire in fretta e con poca spesa uno speaker professionista, o peggio ancora un doppiatore, rischia di rendersi conto ben presto che senza una persona esperta che le addomestichi, queste voci sintetiche danno risultati mediocri, e quindi si finisce per pagare comunque qualcuno, ossia il tecnico che sa come comandare la voce. Se la voce in questione non appartiene a qualche strapagata e irreperibile celebrità, il risparmio di tempo e di denaro rischia di essere modesto.

C’è da dire, però, che se si riesce a superare tutta questa serie di limitazioni l’effetto di sentire la propria voce che dice cose mai dette è per molti sconcertante, perché la voce sintetica professionale ha davvero la stessa timbrica, le stesse cadenze, le stesse pause e intonazioni di quella originale. Clonando la mia voce ho provato la sensazione inaspettatamente viscerale e profonda di aver perso il controllo di qualcosa di profondamente mio, una sorta di violazione digitale, un distacco dalla realtà. Una realtà sempre più fragile, perché ora non possiamo più accettare come prova una registrazione della voce di qualcuno, se quella registrazione non ha una fonte attendibile, preferibilmente multipla, e indipendente. Le persone accusate di aver detto cose incriminanti potranno negare di averle dette e affermare che le registrazioni che le inchiodano sono false. O almeno insinuare facilmente il dubbio che lo siano.

Queste sensazioni hanno reso molto chiaro anche il problema attualissimo alla base dello sciopero degli attori a Hollywood: le grandi case di produzione spingono affinché attori e attrici firmino contratti in base ai quali le loro voci possano essere digitalizzate una sola volta, pagate una sola volta e poi riutilizzate all’infinito, con ovvie conseguenze per la sussistenza dei proprietari di quelle voci.

Alcuni hanno già accettato, come James Earl Jones, la straordinaria voce originale di Darth Vader nella saga di Star Wars. Per sopraggiunti limiti di età, l’attore novantaduenne ha già ceduto da tempo alla Disney i diritti sulla propria voce, che viene ora clonata da Respeecher per le più recenti serie della saga. Anche Hollywood viene rivoluzionata dall’arrivo dell’intelligenza artificiale.

Nuove libertà di tempo e di lingua

Una volta superato lo sconcerto iniziale, comunque, ci si rende conto in fretta che questi servizi di clonazione vocale, se ben regolamentati, offrono opportunità positive straordinarie.

Per esempio, una persona che per malattia perdesse la propria voce potrebbe riprendere a parlare con quella voce attraverso un apparato di sintesi vocale, invece di avere una voce robotica e impersonale. Oppure si potrebbe recuperare la voce di chi non c’è più: immaginate, giusto per dire, le poesie di Ungaretti lette dalla voce di Ungaretti stesso, o le avventure di Maigret lette da Simenon. Un attore che deve dare una voce molto particolare a un personaggio rischia di rovinarsi le corde vocali [pensate a Andy Serkis con Gollum] se lo fa a lungo; la cosiddetta clonazione speech-to-speech gli permette invece di registrare solo un campione della voce speciale e poi recitare con la sua voce normale. Lo stesso vale per un’attrice che deve adottare un accento particolare: può recitare normalmente, senza che lo sforzo di mantenere l’accento interferisca con la sua capacità recitativa e senza rischiare il ridicolo; ci penserà il software a darle l’accento perfetto.

[Un altro esempio di applicazione è sottinteso nello spezzone di audio iniziale del podcast: la voce doppiata di Yoda ne L’attacco dei Cloni è diversissima da quella che ha nella trilogia originale, perché è cambiato il doppiatore, come capita spesso nel doppiaggio, per cui gli attori e i personaggi non hanno sempre la stessa voce, con un effetto molto fastidioso. La clonazione speech-to-speech risolverebbe il problema]

Ci sono ovviamente complicate questioni legali da risolvere e regole da ripensare e riscrivere in tutto questo, ma le prospettive di superare le barriere del tempo e della malattia sono affascinanti.

Un’altra sorpresa del mio piccolo esperimento di clonazione vocale è che il software è in grado di usare i campioni della mia voce in una lingua, nel mio caso l’italiano, per generare del parlato in altre lingue. Per esempio, questo sono io che do il benvenuto a questo podcast in francese, tedesco, spagnolo, polacco, portoghese e hindi, tutte lingue nelle quali è meglio che io non mi cimenti dal vero.

[CLIP: campioni di voce multilingue generata di Paolo]

Tutte queste novità e possibilità possono disorientare e preoccupare, ma se vengono affrontate con prontezza e senza pregiudizi, regolamentandole per tempo, possono essere l’inizio di nuove forme di lavoro e di creatività. E come noi consideriamo assolutamente normale sentire la voce incorporea di una persona lontana attraverso il telefonino, probabilmente chi nasce oggi troverà altrettanto normale parlare con un clone vocale dei propri amici e colleghi, e forse non gli sembrerà neppure importante la differenza fra clone e originale. Almeno fino al momento in cui vorrà passare dallo speech-to-speech al cheek to cheek.

Come riconoscere il mio clone

Se vi state chiedendo quali parti di questo podcast sono state pronunciate realmente da me e quali dalla mia voce clonata, provate a riascoltarlo in cuffia: le parti reali sono spostate leggermente a sinistra, mentre quelle sintetiche sono traslate altrettanto leggermente a destra. Oppure provate a notare la differenza di accento fra la mia voce vera e quella generata.

Vi ringrazio di aver seguito questa puntata un po’ particolare del podcast Il Disinformatico, una produzione della RSI Radiotelevisione svizzera, che si prende una breve pausa estiva e tornerà venerdì 25 agosto con una nuova puntata al solito indirizzo web, www.rsi.ch/ildisinformatico, e su tutte le principali piattaforme podcast, dove sono a vostra disposizione anche le puntate precedenti.

Come consueto, i link e le fonti di riferimento sono pubblicati presso Disinformatico.info. E se avete commenti, correzioni o segnalazioni, potete scrivermi una mail all’indirizzo paolo.attivissimo@rsi.ch. A presto.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


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