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Disinformatico

September 4, 2012 21:00 , par profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Il meme della settimana: il Wilhelm Scream

March 20, 2015 3:36, par Inconnu

L'avete sentito tutti mille volte, ma magari non ve ne siete accorti e non sapete come si chiama: è il Wilhelm Scream, uno degli effetti sonori più usati e abusati della storia, tanto da diventare un meme di Internet. Questo:


Il Wilhelm Scream è stato usato in oltre trecento film, telefilm e videogiochi; c'è in Avatar, in Star Wars, in Toy Story, ne Il Signore degli Anelli, in Assassin's Creed: Rogue, in Resident Evil 6, in GTA IV. Quando ne saprete la storia, non riuscirete più a non notarlo.

Questo grido drammatico e disperato, decisamente sopra le righe, fu registrato negli anni Cinquanta del secolo scorso. Nel film Distant Drums (Tamburi lontani), un western con il mitico Gary Cooper datato 1951, c'era una scena nella quale un soldato veniva attaccato da un alligatore mentre guadava una palude (immagine qui accanto). Il grido di disperazione del soldato fu aggiunto in postproduzione chiamando un attore specializzato la cui identità non è nota con certezza ma si sospetta che si tratti di un musicista, Sheb Wooley, che spesso registrava grida per il mondo del cinema. Il grido fu archiviato nelle biblioteche di effetti sonori con un titolo poco creativo: Uomo viene mangiato da alligatore. E lì rimase quasi completamente dimenticato per circa vent'anni.

Ma a metà degli anni Settanta arrivò un giovane tecnico del suono che era a caccia di effetti sonori per una piccola produzione cinematografica di nessuna importanza: una cosa chiamata Star Wars. Il tecnico era Ben Burtt, e frugando negli archivi della Warner Brothers trovò questo grido e lo trovò troppo bello per non usarlo (in Star Wars lo potete sentire quando una truppa d'assalto imperiale precipita nel vuoto a bordo della Morte Nera). Scartabellando, scoprì che era stato usato in un altro western (Charge at Feather River, in italiano L'Indiana Bianca, 1953) in una scena nella quale un personaggio di nome Wilhelm veniva colpito alla gamba da una freccia. Burtt lo battezzò Wilhelm Scream (il grido di Wilhelm).

Burtt cominciò a usarlo ovunque, facendolo diventare una battuta per addetti ai lavori: lo incluse in L'Impero Colpisce Ancora e Il Ritorno dello Jedi, in tutti e tre i film della trilogia di Indiana Jones, in Willow e anche nella nuova trilogia di Star Wars. Fu presto imitato da altri tecnici del suono, che lo infilarono in La Bella e la Bestia, Aladdin, Poltergeist, Il Pianeta delle Scimmie. Quentin Tarantino lo ha inserito in Le Iene e in Kill Bill Volume I; lo trovate anche in TitanicUp e in Monsters, Inc. Anche il mondo dei videogiochi colse la battuta sin dai tempi di Twisted Metal 2 (1996).

C'è chi lo odia, perché distrae troppo dall'esperienza fantastica del cinema e fa ricordare improvvisamente che si sta guardando un film, e chi lo adora perché lo vede come un tributo ai tanti attori dimenticati della storia del cinema, ma una cosa è certa: il Wilhelm Scream sarà sempre con noi e fa parte del nostro immaginario collettivo.

Eccovi dodici minuti di compilation di Wilhelm Scream: provate a vedere quanti film riconoscete. Buona visione, ma soprattutto buon ascolto.



Fonti aggiuntive: Priceonomics (con lista e grafico delle apparizioni dell'effetto sonoro), Giantbomb.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Per Huffington Post e Repubblica, il Sole è un pianeta

March 19, 2015 4:23, par Inconnu


Stando all'Huffington Post, ripreso senza batter ciglio da Repubblica come vedete qui accanto, il Sole è un pianeta.

No, Huffington e Repubblica, il Sole non si sta spegnendo e soprattutto non è un pianeta. È una stella. Una differenza che s'impara alle scuole elementari. Quelle che chi scrive queste scemenze acchiappaclic dovrebbe tornare a frequentare.

L'articolo conferma una delle regole del giornalismo-trash: se un titolo contiene un punto interrogativo, la risposta è quasi sempre No. Quindi il Sole non si sta spegnendo. In compenso si stanno spegnendo i neuroni del giornalisti.

Il resto dell'articolo, il cui titolo è stato ora corretto dopo gli sberleffi dei lettori, è una costellazione di cretinate partorite da un incompetente, evidentemente bisognoso di creare catastrofi dove non ce ne sono. Vergogna.
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Ci vediamo stasera e domattina a Spotorno?

March 18, 2015 11:46, par Inconnu

Stasera alle 20.30 sarò a Spotorno, alla sala conferenze Siccardi di via Verdi 33, per un incontro pubblico sull'uso sicuro dei social network e delle tecnologie informatiche da parte dei minori. L'ingresso è libero, ma è riservato agli adulti per via del linguaggio adottato (schietto e divulgativo anche per chi non è “nativo digitale”) e per via dei temi trattati: sexting, bullismo, trucchi e comportamenti adottati dai minori, videogiochi violenti e adescamenti.

Per gli studenti delle scuole secondarie e di primo grado ci sarà un incontro separato sugli stessi temi, ma con taglio adatto ai “nativi digitali”, l'indomani mattina alle 9:30 alla sala consiliare Palace.

Per entrambi gli incontri non sono previste riprese che verranno pubblicate.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Cinquant’anni fa, la prima passeggiata spaziale non fu una passeggiata

March 18, 2015 8:32, par Inconnu

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Alexei Leonov galleggia nel vuoto dello spazio, protetto dalla morte pressoché istantanea soltanto   dalla sua sottile, fragile tuta. È il 18 marzo 1965, e Leonov è il primo essere umano a uscire dal proprio veicolo spaziale ed effettuare quella che viene chiamata molto impropriamente passeggiata spaziale.

Impropriamente perché quell'atto di folle coraggio, motivato dalla fame di propaganda di un regime totalitario (l'Unione Sovietica), fu tutt'altro che una passeggiata. A cinquant'anni di distanza, una attività extraveicolare (questo è il termine tecnico corretto) continua a essere una delle operazioni più difficili e rischiose per astronauti e cosmonauti. Ma è anche una delle più inebrianti: galleggi nell'Universo. Non lo guardi più attraverso uno stretto oblò: ci sei immerso dentro.

Nessuno aveva mai osato tanto. L'escursione di Leonov fu un trionfo per la propaganda sovietica e un'umiliazione per gli americani, ma la realtà fu ben diversa dalla fantasia perfetta raccontata enfaticamente dalle fonti ufficiali dell'URSS. Leonov rischiò di morire abbandonato nello spazio; il rientro a terra terminò quasi in un disastro. All'epoca, però, il regime sovietico controllava ossessivamente ogni informazione e costruì una finzione molto sofisticata: guardate come fu rappresentata la missione nei francobolli celebrativi e confrontate la tuta e il veicolo di quel francobollo con la realtà tecnica mostrata qui sotto.


Oggi, con russi e americani che convivono nella Stazione Spaziale Internazionale, con i lanci dalla Russia e le passeggiate spaziali in diretta streaming su Internet, è incredibile pensare che l'intero programma spaziale sovietico era top secret e che le missioni venivano annunciate soltanto a cose fatte, se e quando avevano successo, mentre i fallimenti erano nascosti e dimenticati. La morte orribile di Valentin Bondarenko durante l'addestramento, per esempio, fu insabbiata completamente. Per anni nessuno, al di fuori di poche persone nell'Unione Sovietica, seppe come andò realmente quella prima “passeggiata” di Alexei Leonov.


Intrappolato fuori


Alexei Leonov e Pavel Belyayev
Il veicolo spaziale Voskhod (Alba) usato da Leonov era una versione modificata della Vostok usata da Yuri Gagarin. Con un miracolo d'ingegneria, i russi erano riusciti a far stare due persone al posto di una. Accanto a lui, nello stretto abitacolo, c'era l'amico Pavel Belyayev.

Per uscire nello spazio, Leonov dovette infilarsi in una camera di decompressione esterna: un tubo gonfiabile applicato lateralmente al veicolo, altro capolavoro dell'improvvisazione tecnica russa. Una volta entrato nella camera, dietro di lui fu chiuso il portello stagno dell'abitacolo e poi fu lentamente sfiatata l'aria dentro la camera.

Leonov aprì il portello esterno della camera di decompressione e si trovò a galleggiare nel vuoto. Là fuori, tutto il suo campo visivo era occupato dall'intera Africa, immersa nei colori incredibili dell'alba. Leonov, ripreso da una cinepresa e vincolato soltanto da un cordone lungo cinque metri che lo riforniva di ossigeno, fu travolto dalla bellezza della visione che lo circondava.

Rimase fuori una decina di minuti, provando vari movimenti per dimostrare che la tuta spaziale russa funzionava. Ma si accorse ben presto che non funzionava granché bene: si era gonfiata come un pallone. “Si stava deformando, le mani erano scivolate fuori dai guanti, i piedi non erano più negli scarponi”, racconta. Era talmente gonfia che Leonov non poteva rientrare nella camera di decompressione. Era intrappolato all'esterno della sua capsula e non c'era nulla che il suo compagno Belyayev potesse fare per aiutarlo.

Senza dire nulla ai controllori a terra, Leonov decise un gesto disperato ma pragmatico: sfiatare metà dell'aria della tuta per farla sgonfiare. Rischiava di andare in carenza d'ossigeno, ma non aveva scelta. Cominciò a sentire i primi effetti della rapida decompressione: il formicolio alle gambe e alle mani che sapeva essere un sintomo potenzialmente fatale.

Leonov si tirò lungo il cordone per riavvicinarsi alla camera di decompressione e vi s'infilò di testa. Lo sforzo fisico aveva fatto salire la sua temperatura corporea e sudava così tanto che le gocce di sudore gli galleggiavano dentro il casco, bloccandogli la visuale. Quel giorno perse sei chili.

Ma arrivò subito un altro problema: la procedura prevedeva che lui rientrasse a piedi in avanti. Con un altro sforzo, lottando contro la rigidità della tuta, riuscì a girarsi nello strettissimo spazio della camera e dopo la ripressurizzazione rientrò nell'abitacolo, togliendosi di corsa il casco per togliersi il sudore incollato agli occhi.

Ce l'aveva fatta: era diventato il primo uomo a galleggiare libero nello spazio e la sua impresa era stata documentata da una cinepresa e trasmessa in diretta televisiva a un numero selezionatissimo di tecnici e politici dell'Unione Sovietica. Le riprese sono mostrate in questo montaggio:


Altre immagini, incluse le riprese delle prove a terra e del veicolo Voskhod, sono in questo documentario eccezionale insieme alla testimonianza di Leonov e dei tecnici (in russo).



Rientro tra i lupi


I problemi non erano finiti. La camera di decompressione fu sganciata, ma l'espulsione fece ruotare su se stessa la capsula, disorientando i cosmonauti. Non c'era nulla che si potesse fare per fermare la rotazione, per cui la dovettero sopportare. Poi i livelli d'ossigeno nella cabina salirono eccessivamente, rischiando di trasformare l'atmosfera di bordo in un inferno alla minima scintilla elettrostatica. Leonov e Belyayev lavorarono freneticamente per abbassare la temperatura e l'umidità e ridurre il contenuto di ossigeno.

Parecchie ore dopo, quando giunse il momento di tornare a terra, i retrorazzi automatici non si attivarono. I cosmonauti furono costretti ad attivarli manualmente: un compito delicatissimo, perché un errore anche lieve nella durata e nel momento d'innesco poteva farli rientrare troppo verticalmente, disintegrandoli, oppure tenerli per sempre in orbita. Inoltre il modulo di servizio, contenente i motori e il propellente, non si staccò correttamente, esponendo i cosmonauti a una decelerazione violentissima fino a quando il calore del rientro fuse gli agganci del modulo ribelle, liberando la capsula.

Finirono per scendere sotto un grande paracadute principale nel cuore della Siberia, cadendo in una foresta popolata da orsi e lupi. Rimasero nella capsula e attesero varie ore prima di sentire il rumore rassicurante degli elicotteri di soccorso, che però non potevano atterrare in mezzo agli alberi. Leonov e Belyayev uscirono dalla capsula, raggiunsero uno spiazzo e si accorsero che il rumore era quello di un elicottero civile, non di uno di quelli militari di soccorso. Il pilota lanciò giù una scala di corda, non potendo atterrare, ma la scala era troppo fragile per salirvi con le loro pesanti tute, per cui i due rifiutarono l'invito.

Arrivarono presto altri elicotteri, che lanciarono provviste: una bottiglia di cognac, che prevedibilmente si ruppe all'impatto sulla neve, un'ascia e degli indumenti caldi, che s'impigliarono in gran parte negli alberi.

Al tramonto la temperatura scese a -25°C e i cosmonauti furono costretti a restare nella capsula, senza poterne chiudere il portello, con gli indumenti di Leonov fradici di sudore, da strizzare per non trovarseli ghiacciati addosso. Si svegliarono l'indomani al rumore dell'arrivo dei soccorsi, giunti finalmente usando gli sci. I soccorritori costruirono una casetta di legno e un focolare e portarono una tinozza nella quale i due cosmonauti si poterono finalmente lavare e asciugare, passando un'altra notte nella foresta. L'indomani Leonov e Belyayev presero gli sci e si fecero nove chilometri per raggiungere la radura dove li aspettava l'elicottero. Intorno alla cabina del veicolo spaziale videro che c'erano le impronte dei lupi affamati, curiosi di vedere cosa era piovuto dal cielo.

E questa è la vera storia dei primi passi dell'umanità nel cosmo.

Alexei Leonov (foto di oggi).
Credit: Jan Zelinski.

Fonti: BBC, Sen.com, Federalspace.ru.
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Tempesta geomagnetica di grado G4 (Kp=8) in corso: niente panico, ma molto spettacolo

March 17, 2015 16:25, par Inconnu

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È in corso una tempesta geomagnetica di notevole intensità, indotta dalla recente attività del Sole, che potrebbe generare aurore spettacolari (grafico predittivo qui accanto) e qualche disagio non catastrofico: siamo ben protetti dal campo magnetico terrestre e dall'atmosfera. Diffidate dei titoli da panico che inevitabilmente verranno rigurgitati dai giornalisti a caccia di clic a poco prezzo.

Lo Space Weather Prediction Center del NOAA statunitense classifica l'attuale tempesta come una G4 (intensa) con indice Kp pari a 8 (il massimo è 9). Tutti i dati attuali sono raccolti in questa sua pagina riassuntiva.

La scala Kp è l'equivalente geomagnetico della scala Richter per i terremoti: una misura logaritmica dell'energia della tempesta a livello planetario.

Una tempesta geomagnetica come quella attuale può causare qualche disturbo nelle comunicazioni radio, cali di precisione nei sistemi di localizzazione che usano i segnali dei satelliti GPS e delle emittenti radiotelevisive via satellite, e può indurre le compagnie aeree a usare rotte non polari per i voli intercontinentali, per non esporsi al rischio di perdere contatto radio e di perdersi per mancanza dei segnali dei sistemi di localizzazione.

Nessun problema per gli occupanti della Stazione Spaziale Internazionale: sono ben schermati all'interno della Stazione. Se dovessero fare passeggiate spaziali, invece, la tempesta sarebbe un problema, perché una passeggiata di 6 ore durante una tempesta geomagnetica intensa esporrebbe un astronauta a una dose di radiazioni variabile dal 10 al 100 per cento del limiti a breve termine per pelle e occhi. Ma non ci sono passeggiate in programma.

Se volete vedere che aspetto ha un'aurora vista dalla Stazione, guardate questo video:


Fonti: NASARadiation and the International Space Station: Recommendations to Reduce Risk, National Academies Press, pagg. 29-30.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



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