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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Difendersi dai ricattatori sessuali su Internet

6 de Fevereiro de 2013, 22:00, por Desconhecido - 0sem comentários ainda

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “angelagabri*”.

Ieri, proprio mentre ero in una scuola di Locarno a raccontare agli studenti come riconoscere i tentativi d'inganno, di attacco e di molestia via Internet, è arrivata la notizia del fermo di un uomo di 47 anni, residente nella zona di Berna, per molestie sessuali, atti sessuali con fanciulli e ricatto.

I reati sono stati compiuti selezionando via Internet le vittime (adolescenti maschi fra i 15 e i 17 anni) con una tecnica micidiale: per due anni, sui social network (in particolare Facebook), l'uomo fingeva impunemente di essere una ragazzina (usando foto raccolte in Rete) e offriva materiale pornografico ai ragazzi presi di mira. Difficile resistere alle lusinghe di una ragazzina disinibita: i giovani venivano così convinti a ricambiare l'offerta esibendosi davanti alla webcam. Le loro attività venivano registrate e poi usate come arma di ricatto da parte del pedofilo, sfociando in incontri di persona.

I ragazzi hanno esitato a lungo prima di denunciare i fatti: come avviene spesso in questi terribili casi, la vittima si vergogna di essere caduta nella trappola, teme di essere ulteriormente umiliata se il suo comportamento viene reso pubblico e quindi non ne parla con nessuno, men che meno con i genitori. Il pedofilo crea insomma una situazione dalla quale la vittima non vede alcuna via d'uscita e questo consente alle molestie di protrarsi.

Ma quando questi crimini avvengono via Internet lasciano delle tracce digitali molto chiare, che gli esperti sanno analizzare, non solo per identificare i colpevoli ma anche per confermare, in prima istanza, le accuse dei minorenni coinvolti, che spesso temono di non essere presi sul serio. Internet aiuta i molestati a dimostrare i fatti terribili che raccontano, come ho suggerito in un'intervista per il telegiornale della RSI.

Vale, come sempre, la regola di fondo: mai fare davanti a una webcam o a qualunque fotocamera o telecamera nulla che non si farebbe sulla pubblica piazza, neanche quando si crede di conoscere l'interlocutore. Purtroppo molti utenti, non solo giovani, non sanno quanto è facile creare false identità in Rete, si fidano troppo, credono spesso di essere abbastanza furbi da riconoscere un impostore e non immaginano che qualcuno possa essere così vile da circuirli per settimane e anche mesi prima di far scattare la trappola del ricatto.

E se la trappola scatta, l'unico modo per uscirne è parlarne ai genitori e alle autorità, con il conforto di essere creduti grazie alle tracce lasciate inevitabilmente in Rete dai tormentatori.



Whatsapp a pagamento: la bufala non è diventata realtà

3 de Fevereiro de 2013, 22:00, por Desconhecido - 0sem comentários ainda

C'è chi, come La Stampa, titola “Whatsapp a pagamento, la bufala diventa realtà” e chi, come tanti internauti, annuncia che Whatsapp diventa a pagamento. Ma la bufala non è diventata realtà (è tuttora una bufala) e Whatsapp non è “diventato” a pagamento: lo è sempre stato.

Ai primi di gennaio 2012 circolava un appello-bufala secondo la quale Whatsapp stava per diventare a pagamento per chi non era utilizzatore frequente: per evitare il pagamento bisognava inviare l'appello ad almeno dieci contatti. Ma era appunto una bufala (ne avevo scritto in questo articolo) e lo aveva dichiarato esplicitamente anche Whatsapp.

Inoltre Whatsapp è già a pagamento da un pezzo. La versione iOS/iPhone costa 99 centesimi di dollaro (screenshot). La versione Android costa 99 cent l'anno dopo il primo anno, che è gratuito: c'è scritto chiaramente nella pagina di download presso Whatsapp.com (perlomeno se sapete leggere l'inglese; screenshot). Ed è così almeno da un anno. La pagina dell'app su Google Play, invece, la indica come gratuita (schermata qui accanto), e questo può aver alimentato la confusione.

Trovo comunque piuttosto ridicola la spilorceria di chi protesta e insorge contro la richiesta di pagare ben 79 eurocentesimi l'anno per usare un'app che fa risparmiare moltissimo sulle telecomunicazioni. Settantanove centesimi. Accidenti, che salasso.

Se proprio ci si vuole indignare per Whatsapp, sarebbe semmai il caso di farlo in merito al fatto che nelle versioni Blackberry, Android, Windows e Nokia questa app obbliga l'utente a mandare a Whatsapp.com tutta la propria rubrica degli indirizzi (per la versione iPhone è facoltativo). In altre parole, se avete affidato il vostro numero di telefono o altri dati personali a un amico che usa Whatsapp, quell'amico li ha passati a Whatsapp.com. Ma se è il tipo di persona che “scopre” solo ora che Whatsapp si paga, difficilmente sarà il tipo che capisce il concetto di rispettare la privacy altrui e non mandare in giro i dati personali degli amici.

Potete aiutare a sostenere questo blog guardando il video qui sotto.

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I “fuori onda” dello sbarco sulla Luna

3 de Fevereiro de 2013, 22:00, por Desconhecido - 0sem comentários ainda

Durante la discesa verso la Luna che portò Neil Armstrong e Buzz Aldrin a essere i primi uomini a camminare su un altro corpo celeste nel luglio del 1969, a bordo del loro veicolo c'era un registratore a nastro sul quale rimasero incise le conversazioni private, non trasmesse verso Terra, dei due astronauti.

Ho recuperato dagli archivi NASA questa registrazione e l'ho sincronizzata con l'audio trasmesso e con le immagini della discesa, e ne è venuto fuori un quadro più completo di questa fase dell'impresa.

Alcune parti dell'audio trasmesso che prima erano incomprensibili a causa delle interferenze o delle perdite di segnale radio sono ora decifrabili e Neil Armstrong risulta parecchio più loquace ed emotivo di quanto sembri nella registrazione dell'audio pubblico.

Per esempio, nell'audio di bordo c'è un punto nel quale Armstrong ammette una certa difficoltà e Aldrin sembra confortarlo (intorno a 102:37):

Armstrong: Well, I tell you, this is much harder to do than it was... [Be', te lo devo dire, è molto più difficile da fare di quanto lo fosse...]
Aldrin: Keep it going. [Continua così]

Emerge anche il talento di Armstrong, che si accorge di essere in anticipo di tre secondi rispetto al piano di volo (a circa 102:36). Nell'audio trasmesso verso Houston, Neil parla semplicemente di un anticipo:

Armstrong: Our position checks down range show us to be a little long. [I nostri controlli di posizione davanti a noi ci indicano che siamo un po' lunghi]

Ma nell'audio in cabina è molto più specifico:

Armstrong: Okay, we went by the three-minute point early. We're long. [OK, abbiamo passato in anticipo il riferimento dei tre minuti. Siamo lunghi]

[...]

Armstrong: Roger, about three seconds long. [Roger, lunghi di circa tre secondi]

Poi è il turno di Aldrin di essere emotivo, quando mette fretta ad Armstrong: il propellente di atterraggio del loro veicolo (il modulo lunare o LM) si sta esaurendo e Neil sta ancora volando in cerca di un punto sicuro dove posare il veicolo, e così Buzz (a 102:43) dapprima chiede a Neil di rallentare (“Slow it up”) e poi (solo nell'audio di bordo) cambia tono ed esorta a far atterrare il LM (“Ease her down”). Va notato che benché la qualifica di Aldrin sia quella di Lunar Module Pilot, in realtà è sempre il comandante a pilotare il LM, mentre il Pilot gli fornisce l'assistenza strumentale e gestisce il computer.

Il video dell'allunaggio, con l'audio di bordo sincronizzato, è qui sotto e fa parte del progetto Moonscape (al quale potete contribuire in vari modi, se vi va). L'audio di bordo è identificato visivamente usando le parentesi angolari e un font corsivo e più piccolo ed è sul canale sinistro, mentre l'audio trasmesso da e verso Terra è al centro e le voci dei tecnici del Controllo Missione sono sul canale destro.



La TV svizzera insegue i truffatori del Web

2 de Fevereiro de 2013, 22:00, por Desconhecido - 0sem comentários ainda

Venerdì scorso la trasmissione Patti Chiari della Radiotelevisione Svizzera ha dedicato una puntata intera al problema delle truffe online, specialmente quella detta “alla nigeriana” (la promessa di un lauto incasso se la vittima anticipa una piccola somma), e quella del ricatto tramite sesso via webcam (la sessione video della vittima viene registrata e poi il truffatore minaccia di divulgare la registrazione compromettente).

Istintivamente viene da pensare che non ci possa cascare più nessuno, ma non è così: le truffe costruiscono documenti falsi e attingono a notizie di cronaca reali per autenticarsi e rendersi credibili. E non bisogna sottovalutare la forza persuasiva di chi offre un legame sentimentale a chi si sente solo.

La trasmissione, alla quale ho partecipato creando un piccolo honeypot, ha raccolto testimonianze di vittime e rintracciato i truffatori, che oggi hanno come base principale la Costa d'Avorio. Il comandante della cellula di polizia specializzata nella lotta al crimine informatico in quel paese è stato ospite in studio e ha presentato i dati e i risultati della sua attività, mostrando anche l'inseguimento e l'arresto di uno di questi criminali. C'è anche chi cerca di proteggere le vittime e vendicarsi dei truffatori compiendo vere e proprie intrusioni nei loro computer.

Se vi interessa l'argomento, soprattutto per capire come funziona tutto il meccanismo della truffa, chi sono i truffatori e i truffati e quali sono le responsabilità degli intermediari involontari come Western Union, la puntata è disponibile in streaming qui sul sito della RSI. Anche la sezione dei commenti della trasmissione è decisamente illuminante.



Dieci anni fa lo Shuttle Columbia cadde dal cielo

31 de Janeiro de 2013, 22:00, por Desconhecido - 0sem comentários ainda

Ricordo una voce del Controllo Missione che cercava ripetutamente, oltre ogni buon senso e ogni speranza, di avere risposta alle sue chiamate via radio dallo Shuttle Columbia che stava rientrando sulla Terra al termine della propria missione. Ricordo le prime immagini di quei frammenti brillanti che solcavano in gruppo il cielo, tracciando scie bianche che non lasciavano spazio a conclusioni alternative.

Ricordo la voce rotta del direttore di volo che dava l'ordine che nessun direttore vorrebbe mai dare: chiudere a chiave le porte della sala controllo e sigillare i computer. L'ordine significa che la missione si è conclusa in tragedia e che ora bisogna congelare la situazione per capire cosa è andato terribilmente storto. Sette astronauti erano morti: Rick Husband, William McCool, Michael Anderson, Kalpana Chawla, David Brown, Laurel Clark, Ilan Ramon. Di loro restavano soltanto le immagini, a quel punto amaramente fuori luogo, dei loro sorrisi e dei loro sereni resoconti degli esperimenti svolti durante la missione, trasmesse a terra prima del rientro. C'era persino un video, recuperato fra i rottami, che mostrava l'equipaggio durante le fasi iniziali del rientro, ignaro di quello che sarebbe accaduto pochi minuti più tardi.

Durante il decollo, lo Shuttle era stato colpito all'ala sinistra da un frammento della schiuma isolante dei supporti del grande serbatoio di propellente che accompagnava la navetta. Il danno sembrava a prima vista trascurabile e la fase orbitale della missione era stata completata normalmente, ma l'impatto aveva in realtà aperto un varco nell'ala attraverso il quale, durante il rientro, era penetrato un getto dell'aria rovente che circondava il velivolo, fondendo la struttura dall'interno. L'ala si era spezzata e il velivolo spaziale privo di controllo si era disintegrato mentre correva a venti volte la velocità del suono, a circa 70 chilometri di quota.

All'epoca erano circolate le storie più strane e alcuni giornali avevano pubblicato falsi scoop sul disastro. Nel 2008 fu pubblicato il rapporto finale sulle cause della perdita dell'equipaggio e del veicolo.Questo secondo incidente mortale con uno Shuttle (dopo quello del Challenger nel 1986) fu l'inizio della fine per questo veicolo straordinario.

Oggi la NASA ha ricordato quel giorno e gli altri astronauti perduti (di Apollo 1 e del Challenger) con numerose cerimonie. Qui sotto vedete l'astronauta lunare Buzz Aldrin insieme a Charlie Bolden, amministratore generale della NASA, al cimitero di Arlington. Altre foto sono qui.

Credit: NASA/Bill Ingalls. Le lapidi sono quelle di Gus Grissom e Roger Chaffee (Apollo 1), amici di Aldrin.

Su Marte ci sono le Columbia Hills, battezzate con questo nome in onore dell'equipaggio perduto. Emily Lakdawalla, della Planetary Society, ha segnalato le immagini qui sotto, che le mostrano come le vedeva il robot Spirit: un anno e mezzo più tardi quello stesso robot si arrampicò sulla più alta di quelle colline, la Husband Hill.


Ecco la vista panoramica di Spirit dalla Husband Hill, al termine dell'arrampicata:


Per aspera ad astra.



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