Blog di "Il Disinformatico"
Smartphone e tablet in bianco e nero, le istruzioni corrette
March 23, 2018 10:40Nella scorsa puntata del Disinformatico radiofonico ho dato le istruzioni sbagliate per impostare l’iPhone o iPad in modo che visualizzi tutto in bianco e nero, rendendo il suo schermo meno appetibile per esempio per i bambini attratti dal telefonino/tablet dei genitori o anche per gli utenti adulti che vogliono disintossicarsi dalla distrazione continua delle notifiche di mail e social network.Le istruzioni corrette, per iOS 11, sono queste: andate in Impostazioni - Generali - Accessibilità - Regolazione schermo - Filtri colore, attivate l’opzione Filtri colore e poi selezionate Scala di grigi. Per ripristinare i colori basta procedere in senso inverso.
Come segnalato nei commenti dopo la pubblicazione iniziale di questo articolo, l’equivalente per i dispositivi Android è andare in Impostazioni - Sistema - Informazioni sul telefono e premere cinque volte volte su Numero build per attivare la modalita' sviluppatore. Fatto questo, si va in Impostazioni - Sistema - Opzioni sviluppatore - Simula spazio colore (è parecchio in fondo) - Monocromia.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.
iPhone e iPad in bianco e nero, le istruzioni corrette
March 23, 2018 7:59Nella scorsa puntata del Disinformatico radiofonico ho dato le istruzioni sbagliate per impostare l’iPhone o iPad in modo che visualizzi tutto in bianco e nero, rendendo il suo schermo meno appetibile per esempio per i bambini attratti dal telefonino/tablet dei genitori o anche per gli utenti adulti che vogliono disintossicarsi dalla distrazione continua delle notifiche di mail e social network.Le istruzioni corrette, per iOS 11, sono queste: andate in Impostazioni - Generali - Accessibilità - Regolazione schermo - Filtri colore, attivate l’opzione Filtri colore e poi selezionate Scala di grigi. Per ripristinare i colori basta procedere in senso inverso.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.
Dopo Cambridge Analytica, ecco come ridurre la propria esposizione su Facebook
March 23, 2018 5:07Le rivelazioni riguardanti Cambridge Analytica e Facebook e la passata disinvoltura del social network di Zuckerberg nel dare a chiunque i dati dei propri utenti stanno suggerendo a molti di ridurre il proprio uso di Facebook o addirittura di chiudere il proprio profilo per protesta.La chiusura drastica e totale è probabilmente un gesto poco praticabile per chi ha riversato in Facebook la propria rete di contatti e gran parte della storia della propria vita: ci sono delle soluzioni di compromesso molto più accessibili.
Comunque per chi vuole eliminare definitivamente il proprio account Facebook, sono ancora validi i passi descritti in questo mio articolo (potete anche seguire le istruzioni di Aranzulla.it). Il link per iniziare l’eliminazione è sempre questo:
https://www.facebook.com/help/delete_account
Se invece preferite non essere così drastici, potete invece ridurre i dati che offrite agli inserzionisti e a gente senza scrupoli in questo modo.
Togliere la geolocalizzazione
Su dispositivi Apple che usano iOS 11, andate in Impostazioni - Privacy - Localizzazione, scegliete Facebook e poi Mai. Ripetete per Messenger.
Su dispositivi Android 8.1, scegliete Impostazioni - App e notifiche - Facebook - Autorizzazioni e disattivate Geolocalizzazione. Ripetete per Messenger.
Bloccare le ricerche nei vostri post
Da dicembre 2014, Facebook consente di fare ricerche di testo nei post pubblici e in quelli condivisi dagli amici, come spiegato qui.
Per impedirlo, andate alle Impostazioni di Facebook e scegliete Privacy - Le tue attività. Qui cliccate su Limita i post passati e su Modifica e poi Amici in Chi può vedere i tuoi post futuri?
Eliminare le app ficcanaso
Cambridge Analytica si è presa i dati di circa 50 milioni di utenti usando una app di Facebook. Quando vedete l’invito “Registrati con il tuo profilo Facebook” su un sito, state usando queste app; anche alcuni giochi in Facebook sono app. Queste app possono accedere ai vostri dati personali.
Per vedere quante app hanno accesso ai vostri dati e decidere quali eliminare, andate nelle Impostazioni di Facebook, scegliete App e mettete il cursore del mouse sopra le icone delle app che non riconoscete o non vi servono più: questo fa comparire una crocetta che consente di rimuoverle.
Sempre nella sezione App, guardate anche Applicazioni usate dagli altri cliccando su Modifica e preparatevi a una sorpresa: “le persone che possono vedere le tue informazioni, possono condividerle con le applicazioni che usano”, dice la finestra di dialogo che compare. In altre parole, se uno dei vostri amici usa un’app, quell’app può leggersi i vostri dati riservati agli amici, anche se non avete dato il vostro consenso all’app e neanche sapete che il vostro amico la usa. Fra questi dati ci sono anche l’orientamento politico e quello religioso. Consiglio di disattivare tutto e poi cliccare su Salva.
Disabilitare la Piattaforma
Se volete essere più drastici, andate nelle Impostazioni di Facebook, scegliete App e poi Applicazioni, siti Web e plugin, cliccando sul suo pulsante Modifica e scegliete Disabilita. La Piattaforma è uno dei metodi di raccolta di dati personali usati da aziende terze tramite Facebook. Disabilitarla significa bloccare questa raccolta, ma significa anche che non potrete più accedere ad altri siti usando il vostro login Facebook o giocare per esempio a Farmville.
A parte tutto questo: ripensare l’uso di Facebook
Ora che è chiaro a chiunque che i social network sono delle gigantesche macchine di schedatura e profilazione usabili non solo per scopi commerciali ma anche per operazioni di manipolazione politica e di sorveglianza di massa, oltre a cambiare queste impostazioni di privacy è probabilmente il caso di ripensare come si usa Facebook e riportarlo a quello che era inizialmente: un posto per condividere barzellette, foto di gattini e altre frivolezze che non fanno male a nessuno.
Per esempio, non fidatevi delle promesse di privacy condividendo foto intime con gli amici. E provate a tenere per voi le vostre opinioni politiche e sociali e magari discuterne altrove. Magari, se mi passate l’eresia, faccia a faccia con gli amici invece che con la faccia rivolta a uno schermo.
Fonti aggiuntive: Electronic Frontier Foundation.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.
Sarà phishing o un allegato reale? Scopritelo in sicurezza con Browserling
March 23, 2018 4:58Capita spesso di ricevere mail contenenti allegati, e sappiamo che alcuni di questi messaggi possono essere trappole con allegati infetti. Ma come facciamo a saperlo con certezza? Magari stiamo davvero aspettando un pacco o un biglietto per un concerto.
Esempio pratico: una persona mi ha segnalato di aver ricevuto una mail intitolata “***Important Please Read***” e con questo testo:
Thanks
Your invoice is attached. Please remit payment at your earliest convenience.
Thank you for your business - we appreciate it very much.
In coda alla mail c’è un link dal nome apparentemente rassicurante, che inizia con nam02.safelinks.protection.outlook.com.
Cliccando sul link, Outlook avvisa che il link è pericoloso:
Ma in questi casi viene sempre il dubbio che ci sia davvero una fattura da pagare. Come si fa a controllare senza rischiare di infettarsi? Si può usare Browserling.com, un sito che vi offre gratuitamente un computer sacrificabile.
Su questo computer potete scegliere di avere quasi tutte le versioni di Windows, da XP fino a Windows 10, e molte versioni di Android; potete selezionare un browser a scelta fra Internet Explorer, Chrome, Firefox, Opera e Safari, e visitare qualunque sito o link in tutta sicurezza con quel computer.
Sullo schermo del vostro computer apparirà il risultato della visita. Il servizio gratuito dura soltanto tre minuti, ma è un tempo sufficiente per fare questo genere di test su link e allegati sospetti senza correre pericoli. Allo scadere di questo tempo il computer verrà azzerato e riportato al suo stato iniziale, per cui potete usarlo per fare tutti gli esperimenti che volete (sconsiglio, però, di immettere password o altri dati sensibili; non si sa mai).
Uso quindi Browserling per visitare il link della mail sospetta usando Windows 7 e Internet Explorer 11:
Ottengo di nuovo un avviso di Outlook, e quando clicco sul link mi viene proposto di scaricare un documento Word. Molti utenti non sanno che i documenti Word possono essere infettanti e quindi si fidano: è una trappola molto efficace.
Lo posso scaricare sulla macchina virtuale e poi da lì darlo in pasto a Virustotal.com:
Ecco il risultato della diagnosi di Virustotal: si tratta di un malware nuovo, al momento rilevato solo da alcuni antivirus.
Virustotal mi fornisce anche informazioni sulla natura di questo malware, basato sulle macro di Word:
Ho insomma accertato che la mail è truffaldina senza correre alcun rischio: il computer virtuale sul quale ho svolto la verifica verrà azzerato e quindi non c’è pericolo che si infetti.
Giusto per curiosità e completezza, ho provato ad aprire il documento Word su una macchina Linux, che come tale non è infettabile da questo malware:
Astuto: il testo del documento Word è coperto da un riquadro che chiede all’utente di abilitare i contenuti (in altre parole, abilitare le macro) e quindi rendersi vulnerabile. Ma anche no.
Se ricevete un documento Word che fa richieste di questo genere, cancellatelo: è quasi sicuramente un malware. Se per caso vi arriva da una fonte che conoscete, chiamate quella fonte e chiedetele se è vero che ha mandato questo documento e soprattutto perché mai si ostina a usare le macro di Word, che sono uno dei veicoli di infezione preferiti dai criminali informatici.
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Avventurette in auto elettrica: l’importanza di una rete di ricarica informatizzata
March 21, 2018 23:45Sto man mano esplorando i limiti di un’auto elettrica ad autonomia limitata come la mia Peugeot iOn usata (90 km reali, secondo il computer di bordo). Visto il successo dell’avventuretta precedente a una distanza senza ritorno garantito, ho proposto alla Dama del Maniero una sfida leggermente più spinta: andare in un luogo che possiamo raggiungere soltanto facendo tappa per caricare e dove c’è una sola colonnina di ricarica, dalla quale dobbiamo dipendere per poter tornare a casa. E fare tutto questo non per diletto, ma per lavoro, con orari di arrivo da rispettare.Il luogo è Cevio, dove ho tre lezioni di sicurezza e privacy per gli studenti della Scuola Media locale. Cevio dista dal Maniero Digitale 72 chilometri, per metà autostradali. Ci potremmo arrivare, ma con margini ridottissimi, e fa freddo, per cui servirà un po’ di riscaldamento, che intacca l’autonomia. Troppo rischioso. Girare con soli 16 kWh di batteria richiede una certa arte nel pianificare e bilanciare le esigenze.
L’ottimo Lemnet.org mi segnala che lungo il percorso di andata ci sono ben tre colonnine di ricarica rapida con connettore CHAdeMO (quello della iOn) a circa 33 km dal Maniero. Rispetto all’avventuretta precedente, ne è spuntata una nuova, quella di GOFAST a Cadenazzo che avevamo trovato in allestimento appunto durante quel giro esplorativo ed è stata inaugurata da poco. Decidiamo di provarla, visto che è nuova e abbiamo ancora un po’ di carica gratis offerta dal gestore Swisscharge. Una fermata di venti minuti e avremo energia più che sufficiente per arrivare a destinazione. Calcoliamo quindi di partire con mezz’ora di anticipo rispetto a un analogo viaggio a carburante.
Il problema è il ritorno. Una volta arrivati a Cevio, distante 42 km, per il ritorno dipenderemo da un’unica colonnina Emoti che secondo Lemnet sta a 450 metri dalla scuola e non ha il connettore CHAdeMO ma (per la iOn) solo il Tipo 1, che è a carica lenta. Dovremo assolutamente ricaricare lì almeno un po’, perché altrimenti non avremo autonomia sufficiente a raggiungere la colonnina veloce usata all’andata. Fra l’altro, non ce ne sono altre di nessun genere nel raggio di 40 km da Cevio.
Il piano di viaggio è insomma questo: partenza dal Maniero col “pieno” (fatto durante la notte con la presa domestica), tappa per ricaricare rapidamente a metà strada, arrivo; poi carica lenta durante le lezioni, tappa a metà strada per ricaricare di nuovo e tornare al Maniero. La durata prevista del viaggio, fra andata e ritorno, si allunga quindi in totale di circa 40 minuti rispetto a un viaggio a benzina, ma il tempo non è un problema, visto che durante la carica possiamo lavorare.
Come sempre, quando si viaggia con un’auto elettrica ad autonomia limitata la pianificazione è tutto. Ma le cose non andranno esattamente come pianificato.
Andata: tutto liscio
Partiamo quindi dal Maniero la mattina presto. Fa freddo (8 gradi e c’è vento gelido), e il riscaldamento (elettrico) della iOn rischia di intaccare la nostra autonomia, per cui lo teniamo basso. Ma anche così consuma parecchio: il computer di bordo che segnava 101 km di autonomia alla partenza scende dopo pochi minuti a 47. Poi si ridimensiona, ma sono piccoli momenti di angoscia.
La Dama del Maniero inaugura la coperta che teniamo in auto proprio per questo motivo e conferma che è efficace. Altra lezione imparata: se avete una piccola auto elettrica, vi serve una coperta. Farete la figura dei nonnini, ma fa niente. Prossimamente proverò anche a preriscaldare l’auto mentre è ancora sotto carica, usando il riscaldatore interno oppure una soluzione esterna.
Arriviamo spediti al nuovo punto di ricarica di Cadenazzo, viaggiando intorno ai 110 km/h (il limite autostradale in Svizzera è 120 km/h) e lo inauguriamo senza problemi: l’app Swisscharge sul mio telefonino dialoga con la colonnina e attiva la carica.
Dopo 18 minuti (trascorsi produttivamente lavorando) abbiamo già l’80% di carica. La colonnina si spegne automaticamente, ma prima che io riesca a riporre il computer c’è una sorpresa: è già partita la seconda carica, che è lenta e porterebbe la batteria al 100% in 50 minuti. Non sapevo di questa funzione. Comunque non ci serve e non abbiamo 50 minuti di tempo, per cui interrompo la ricarica e il viaggio prosegue. Abbiamo speso 1,52 franchi.
C’è molto traffico, ma questo non fa aumentare i consumi: l’auto elettrica è praticamente spenta quando è ferma in coda. Il silenzio a bordo è splendido.
La strada da Cadenazzo a Cevio è ricca di curve e ha quasi ovunque un limite di 60 km/h, che è ottimale per auto da città come la iOn, che non hanno un’aerodinamica esasperata e consumano parecchio a velocità elevate. È anche una strada molto pittoresca, in mezzo ai boschi, e sto già pregustando l’idea di girare con l’auto da queste parti a finestrini aperti, in estate, accompagnato solo dai suoni dell’ambiente e dal fruscio delle ruote, senza il baccano del motore a benzina.
Arriviamo a destinazione puntuali e con 36 km di autonomia residua. Facciamo le lezioni del mattino e dopo la pausa pranzo porto l’auto alla colonnina Emoti, che è libera e funzionante. Lo so perché me lo ha detto l’app. Altra lezione molto importante: sapere in che condizioni sono le colonnine prima di visitarle è fondamentale per evitare ritardi e disagi ed è dannatamente rassicurante. Arrivo, collego l’auto, avvio l’app e attivo la ricarica.
Non parte. Panico.
Sto già valutando a chi chiedere una presa elettrica che regga 10 ampere (è il mio piano C ed è il bello delle elettriche: mal che vada, ricarichi ovunque ci sia una presa elettrica decente, anche se ricarichi lentamente). Poi mi ricordo il trucco: con queste colonnine bisogna prima far partire la ricarica e poi inserire il connettore. Poco intuitivo, perlomeno per chi come me viene dal mondo delle pompe di benzina, ma basta non farsi prendere dall’ansia e presumere subito che ci sia qualche problema di app o di compatibilità.
Riavvio l’app, attivo la ricarica e poi collego l’auto, che saluta il rifornimento con il suo consueto rumore momentaneo di ventole (è il controllo termico della batteria). Altra lezione di questo viaggio: niente panico e memorizzare bene la sequenza in cui vanno fatte le cose.

Torno a scuola per proseguire le lezioni: mezzo chilometro è piacevole da fare a piedi, vista la giornata, ma sotto la pioggia (o la neve, visto che siamo in zona di montagna) sarebbe stato molto meno divertente. Ma online ho visto, prima di partire, che sul posto c’era bel tempo: un altro vantaggio dell’informatica che elimina le preoccupazioni.
Ritorno con sorpresa
Tre ore e mezza dopo finiamo le lezioni e raggiungiamo la iOn, che ha caricato 8,2 kWh con una spesa di 3,46 franchi.
L’app mi consente di monitorare i costi ed è accompagnata anche da una mail e da un SMS che contengono le informazioni sulla carica effettuata. Ripartiamo così con tranquillità, con 87 km di autonomia per un viaggio di 71. Ma qui cominciano le sorprese.
Alla partenza il computerino di bordo prevede appunto 87 km:
Ma dopo alcuni chilometri sembra essere impazzito: l’autonomia aumenta invece di diminuire. Una decina di minuti dopo la partenza l’autonomia è salita a 99 km.
Cominciano le ansie. “Ecco”, mi metto a pensare, “vedi cosa succede a comperare un’auto usata? Sarà mica che le cariche veloci hanno sballato il computerino? E adesso come faccio a fidarmi delle indicazioni di autonomia? Cosa sto sbagliando?”
Poi guardo l’indicatore dello stato di carica della batteria (sulla sinistra nelle foto e noto che dopo parecchi chilometri dice che ha consumato soltanto una tacca. Impossibile. Stai a vedere che è guasta anche la batteria. Angoscia.
Poi, finalmente, mi si accende la proverbiale lampadina sopra la testa. O come dicono qui, mi scende il ventino (la moneta da venti centesimi era quella tipica per far funzionare i distributori automatici).
Siamo in discesa.
Fra Cevio e Cadenazzo, dove abbiamo caricato, c’è una differenza d’altitudine di circa 200 metri (trucco: per sapere la variazione altimetrica fra due luoghi in Google Maps basta impostare la bici come veicolo). Di conseguenza, adesso stiamo scendendo, l’auto elettrica consuma meno del normale e quindi il computer di bordo stima un’autonomia maggiore per via dei consumi ridotti. Dopo 28 chilometri, arrivati a Locarno, l’autonomia prevista è addirittura salita a 107 km.
Ed è a quel punto che ti rendi conto che la Svizzera non è piatta e per un’auto elettrica l’altimetria conta. In auto a carburante queste differenze non si sentono: qui le percepisci molto chiaramente.
Il risparmio di energia è talmente vistoso che possiamo addirittura saltare la tappa di ricarica veloce prevista per il ritorno e torniamo al Maniero senza fermarci, risparmiando così anche venti minuti sulla tabella di marcia. All'arrivo restano ancora 31 km di autonomia: sufficienti per fare un altro giretto serale in città, per poi mettere la iOn sotto carica per la notte e trovarla l’indomani col “pieno”.
I conti in tasca
Se avessi percorso i 145 km di quest’avventuretta con la mia auto a benzina (Opel Mokka), avrei speso circa 16 franchi di carburante. Andando in auto elettrica, invece, ho speso un ”pieno” notturno domestico (2,3 CHF) più una ricarica veloce (1,52 CHF) più una ricarica lenta (3,46 CHF): in totale 7,28 franchi. In altre parole, pur caricando presso le colonnine, dove la corrente costa molto più che a casa, ho speso meno della metà di quello che avrei speso a benzina, senza particolari disagi. In realtà stavolta ho speso anche meno, perché la ricarica veloce è pagata dai 30 CHF di omaggio per i nuovi utenti Swisscharge, ma lasciamo stare. Ah, e ho anche inquinato molto meno.
Tutto questo è possibile, persino con un’auto ad autonomia ridotta come questa, perché la rete di ricarica è informatizzata: posso sapere se una colonnina è attiva e libera direttamente dal telefonino, quasi come fanno in automatico le Tesla sul loro gigantesco display da 17 pollici. Se si vuole incoraggiare l’uso delle auto elettriche, è fondamentale fornire una rete di punti di ricarica affidabile e capillare, e soprattutto dare agli utenti il modo di essere sicuri di trovare un posto dove caricare. L’informatica è la soluzione ideale.
La Dama del Maniero è contenta della nuova avventuretta: vuole trovare un nome per la iOn. La Mokka, per via dei suoi sensori di parcheggio e dei suoi allarmi anticollisione piuttosto striduli, è stata battezzata Petula (perché è petulante, appunto). Avete qualche suggerimento?
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