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September 4, 2012 21:00 , by profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

L’astronauta, la giornalista e l’intervista fantasma. Storia di ordinario giornalismo

February 21, 2018 11:44, by Il Disinformatico

Ultimo aggiornamento: 2018/02/21 15:45.

Ne avrete sentito parlare: una testata giornalistica ha pubblicato un’intervista all’astronauta Samantha Cristoforetti, che ha messo online una dettagliata e garbata smentita pubblica, nella quale ha dichiarato categoricamente di non aver mai rilasciato quell’intervista, ha scelto di non fare il nome della testata o della giornalista coinvolta e ha chiesto che venisse pubblicata una rettifica, mettendosi comunque a disposizione per un‘intervista autentica.

Risultato: la testata ha rimosso l’intervista e la sua direttrice ora minaccia querela a “chiunque dica che il mio giornale ha inventato un’intervista”.

Internet non è garbata, non dimentica e non perdona, per cui le identità della testata e della giornalista sono emerse in men che non si dica e sono ormai note, per cui non ricorro a inutili omissioni: la direttrice è Daniela Molina, la testata è Donnainaffari.it, l’intervista era qui (link non più funzionante) e la giornalista autrice dell’intervista è Laura Placenti.

L’intervista è stata ripescata dalla cache di Google e salvata su Archive.is, dove potete leggerla per farvene un’opinione personale: ve lo consiglio, perché va messa a confronto con la risposta della Cristoforetti.

A questo punto la direttrice si è palesata su Facebook con nome e cognome, nel gruppo Giornalisti italiani su Facebook, minacciando appunto querela. Raccomando di leggere anche tutta la sua versione degli eventi, che riporto qui sotto come screenshot per chi non è iscritto a Facebook e non lo vuole frequentare:



Non solo: la direttrice della testata ha accusato Samantha Cristoforetti di aver “VOLUTO levare il lavoro” alla giornalista e ha affermato che “evidentemente era la Cristoforetti a volere tutto questo rumore”. Certo, perché quando vai nello spazio e lavori per tornarci non hai di meglio da fare che attaccare una giornalista.


Tutto indica invece che Donnainaffari.it ha pubblicato un’intervista palesemente, sfacciatamente, maldestramente inventata e piena di errori. Quel “Sally Raid” al posto di Sally Ride (manco fosse un insetticida), quel “Yuri Gagarin nel 1961, fu il primo uomo a uscire dall’orbita terrestre”, quel “il primo uomo Neil Amstrong [sic] mise il primo piede nello Spazio”, il nome sbagliato della figlia di Samantha e tante altre perle giornalistiche dello stesso calibro sono, per essere molto educati, castronerie da matita blu.

Sì, direttrice Molina, mi quereli pure perché oso dire le cose come stanno: l’intervista pubblicata dalla testata di cui lei è responsabile è stata inventata. Questo è il mio parere professionale basato sui fatti, come giornalista e come persona che conosce Samantha Cristoforetti da anni e sa che non direbbe mai e poi mai quelle banalità che le vengono attribuite (diventare mamma sarebbe “una nuova avventura emotiva che ti fa volare oltre l’infinito”). Basta leggere una sua qualunque intervista autentica per rendersene conto. Non lo farebbe neanche sotto minaccia di tortura tramite poesia Vogon.

Con sublime quanto involontaria autoironia, fra l’altro, Donnainaffari.it si vanta che “A differenza dei comuni siti di informazione, infatti, noi siamo obbligati dalla Legge e dai Codici deontologici prescritti dall’Ordine dei Giornalisti a controllare la veridicità di ogni articolo pubblicato” (copia su Archive.is). Beh, si è visto come funziona questo controllo di veridicità.

Pubblicare interviste inventate, attribuendo agli intervistati scempiaggini che non hanno mai detto, è un malcostume diffuso che affossa la già traballante credibilità del giornalismo. In un momento in cui si parla tanto di fake news, la scelta di Laura Placenti di falsificare un’intervista è una vergogna per la categoria: è un tradimento del patto sociale con i lettori. E la scelta della sua direttrice di minacciare querela a chi osa dire che il re è nudo e di accusare un’astronauta in questo modo è un atto di arroganza anche peggiore.

Non è certo questo il giornalismo che ci può salvare dalle fake news.


Nota tecnica


Durante le mie ricerche per questo articolo ho notato una particolarità nel testo della (presunta) intervista: l’uso, da parte di Laura Placenti, della curiosa grafia errata “Svletana Savitzakaia” al posto di “Svetlana Savitzkaya” per far citare alla Cristoforetti la prima donna al mondo che ha compiuto un’attività extraveicolare (o “passeggiata spaziale”). Notate il refuso “Svletana”, con la L prima della T.

Gli unici due altri articoli trovati da Google che contengano quella stessa grafia sono questo, sul sito Victoria50.it (copia su Archive.is), e il suo equivalente in spagnolo presso Victoria50.es. La versione francese scrive invece “Svetlana Savitzakaia” (T ed L sono nell'ordine giusto nel nome, ma il cognome ha sempre una A di troppo). Guarda caso, in tutti e tre questi articoli, come in quello di Laura Placenti pubblicato da Donnainaffari.it e poi rimosso, c’è anche lo stesso errore sul cognome dell’astronauta Sally Ride, che viene scritto erroneamente Raid.

Non faccio congetture su quale legame vi possa essere fra questi articoli e quello di Laura Placenti, ma mi pare molto improbabile che due errori così specifici vengano ripetuti su Donnainaffari.it per puro caso.

I siti Victoria50.it, .es e .fr sono di proprietà della Procter & Gamble, concetto ribadito anche qui, e contengono soltanto pubblicità di prodotti di quest’azienda. Si tratta dunque di siti pubblicitari travestiti da siti d’informazione. E che informazione: notate, per esempio, che le presunte autrici dei contenuti si presentano come “Noi cinque” anche se la foto mostra solo quattro persone (anche nella versione spagnola), ma soprattutto che le stesse donne si chiamano Maria, Laura, Lisa, Anna e Carla nella versione italiana, però sono Beatriz, Isabel, Carmen, Raquel e Patricia in quella spagnola e sono Anne, Béatrice, Catherine, Nathalie e Patricia in quella francese. Fake news industriale, insomma.


Noi cinque, che siamo quattro.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Video: “Dove sono tutti quanti? Il mistero della vita extraterrestre”

February 20, 2018 21:24, by Il Disinformatico

Venerdì scorso ho partecipato come relatore a Un venerdì tra le stelle, a Omegna (VB), con una conferenza dedicata al celebre paradosso di Fermi a proposito della mancanza di segnali di civiltà extraterrestri. Il video integrale della conferenza è qui. Buona visione.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Fine dell’angoscia per il carattere indiano che crasha gli iCosi

February 20, 2018 21:23, by Il Disinformatico

Panico generale per gli utenti di iPhone, iPad, Apple Watch, Mac e Apple TV: temono di ricevere in un messaggio il temutissimo carattere della lingua telugu (mostrato qui accanto) che manda in tilt tutti questi dispositivi se viene visualizzato.

Apple ha distribuito oggi un aggiornamento di iOS (11.2.6), macOS (10.13.3), watchOS (4.2.3) e tvOS (11.2.6) che risolve il problema, ma chi ha un dispositivo Apple non aggiornabile rischia di restare indifeso a lungo. E nel frattempo imperversano da giorni i guastafeste che pensano che sia divertente pubblicare nei social network questo carattere in modo da far crashare in massa i dispositivi Apple e mettere nei guai i loro utenti.

Non è la prima volta che i dispositivi Apple o di altre marche vengono messi in crisi da una cosa apparentemente così banale come un semplice carattere tipografico, ma stavolta gli effetti sono molto seri: c’è chi lamenta di non riuscire più a riavviare il telefonino o il tablet, trasformatosi in un costoso fermacarte.

Se potete, installate gli aggiornamenti [nota personale: su un mio Mac Mini del 2014 l’installazione ha richiesto una trentina di minuti, per molti dei quali il Mac non ha dato il minimo segno di vita (schermo totalmente nero); su un MacBook Pro del 2015 ci sono voluti 12 minuti e non ci sono state inquietanti schermate nere]. Se non potete, vi conviene imparare a fare prima di tutto un po’ di prevenzione. Il passo più importante è disattivare le anteprime delle notifiche, perché la paralisi completa del dispositivo avviene quando questo famigerato carattere viene visualizzato in una notifica. Nei dispositivi Apple che usano iOS, andate quindi nelle Impostazioni, scegliete Notifiche e poi scegliete Mai nella sezione Mostra anteprime.

Fatto questo, se qualcuno vi manderà il carattere in questione e non avete (ancora) installato l’aggiornamento, perlomeno non andrà in tilt l’intero dispositivo ma si bloccherà soltanto la specifica app di messaggistica (che può essere Telegram, Snapchat, Twitter o altre ancora). Riavviarla è inutile, perché si bloccherà di nuovo. In questo caso potete provare ad accedere al vostro account di messaggistica usando un’altra versione della stessa app che sta su un computer Windows o Linux o su un dispositivo Android, e cancellare da lì la conversazione che contiene il carattere famigerato. Questi sistemi, infatti, sono immuni al problema che causa il collasso.

Nel caso dell’app Messaggi di iOS, invece, occorre andare nelle Impostazioni, scegliere Generali e poi Spazio libero: qui troverete un elenco di app che include appunto l’app Messaggi. Se la selezionate, potrete poi scegliere la conversazione da eliminare e tutto tornerà a funzionare.

Ma che succede se è troppo tardi e il vostro iPhone o iPad è completamente bloccato? Vi conviene andare da un tecnico e chiedere il suo intervento. Se siete smanettoni e coraggiosi, potete provare a mettere il dispositivo in modalità DFU e tentare un ripristino da zero di iOS. Alcuni coraggiosi hanno tentato di risolvere il problema installando la versione beta (cioè instabile) di iOS 11.3, che ha già eliminato il difetto del carattere telugu. Ma se lo fate senza fare prima un backup perderete tutti i vostri dati.

Come fa un singolo carattere a causare così tanti problemi? In realtà il simbolo è una combinazione di lettere e segni che contiene complesse istruzioni di posizionamento, per cui non è come un semplice carattere alfabetico latino: visualizzarlo richiede invece una serie di calcoli che i sistemi operativi di Apple sbagliavano, causando il tilt.


Questo articolo è derivato dal testo preparato per il mio servizio La Rete in 3 minuti per Radio Inblu del 20 febbraio 2018.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Podcast del Disinformatico del 2018/02/16

February 17, 2018 4:14, by Il Disinformatico

È disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di ieri del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!

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A bordo della Tesla spaziale c’è la Trilogia della Fondazione. Geek fino in fondo

February 16, 2018 8:45, by Il Disinformatico

Sì, tutti parlano del recente lancio del vettore Falcon Heavy di SpaceX perché ha usato come carico di test un’automobile (specificamente la vecchia Tesla Roadster di Elon Musk, boss di SpaceX e Tesla) ed è diventato il vettore più potente del mondo fra quelli attualmente operativi, ma a bordo c’era anche una chicca informatica che non ha ricevuto altrettanta attenzione mediatica: un messaggio per gli alieni o per i nostri pronipoti.

Si tratta di un minuscolo disco ottico, denominato Arch (si pronuncia Ark), che contiene il testo integrale della Trilogia della Fondazione di Isaac Asimov, registrato in un formato che a detta dei produttori garantisce una capienza teorica di 360 terabyte e soprattutto una stabilità di conservazione per oltre quattordici miliardi di anni. Niente male.

Questi risultati, spiega la Arch Mission Foundation, sono ottenuti usando un laser per incidere del vetro di quarzo tramite impulsi dell’ordine dei femtosecondi (milionesimo di miliardesimi di secondo), creando un reticolo di puntini da 20 nanometri fissati nella struttura del vetro. La Foundation ha lo scopo di preservare a lungo termine la cultura umana, e lo spazio è un luogo molto efficace dove metterla al riparo dagli sconquassi naturali e artificiali che potranno colpire il nostro pianeta.

Come faranno eventuali discendenti o alieni a trovare e decifrare questi dati? Lo stadio del vettore Falcon Heavy e il suo carico, che orbitano intorno al Sole oscillando fra l’orbita della Terra e la fascia degli asteroidi oltre Marte, hanno delle caratteristiche spettrografiche facilmente riconoscibili come non naturali (prodotte dalle vernici di rivestimento), per cui gli astronomi (terrestri o alieni) non farebbero fatica a riconoscerlo. Al suo interno troverebbero questo disco di vetro, che include delle informazioni (visibili con un semplice microscopio) che consentono a qualunque civiltà tecnologica di accedere ai dati e decodificarli e spiegano anche come costruire un computer e un laser per farlo.

Non è chiaro, tuttavia, come faranno gli alieni (o i nostri discendenti) a capire che la Trilogia della Fondazione è fantascienza e che l’Impero Galattico degli esseri umani che descrive, durato trentamila anni, esisteva solo nell’immensa immaginazione di uno dei più grandi autori del genere.


Fonte aggiuntiva: Ars Technica.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



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