11/9, un esperto di demolizioni demolisce le tesi di demolizione
Ottobre 6, 2014 5:41 - no comments yetUltimamente le persone che ancora non si danno pace che gli attentati dell'11 settembre 2001 non siano stati orditi dalla CIA, dagli alieni o da altre forze oscure potentissime hanno proposto una domanda apparentemente convincente: se gli esperti non hanno dubbi sul fatto che il crollo delle Torri Gemelle fu causato dal cedimento della loro struttura e non da demolizioni controllate, come mai c'è un'associazione di circa duemila architetti e ingegneri che invece afferma il contrario?C'è una risposta molto semplice a questa domanda: architetti e ingegneri non sono esperti in demolizioni e la loro opinione sulle demolizioni vale zero. La loro competenza è nel costruire gli edifici, non nel distruggerli. Sanno come fare in modo che gli edifici stiano in piedi; non sanno nulla di come tirarli giù con la dinamite. Chiedere a loro se le Torri Gemelle sono state demolite è come chiederlo a un salumiere o a un dentista.
Se si vuole sapere se un edificio è crollato spontaneamente per la combinazione di lesioni e incendi o se è stato minato, bisogna interpellare i veri esperti, ossia coloro che si occupano di demolizioni controllate. Come mai i complottisti, da Giulietto Chiesa a Massimo Mazzucco, non li interpellano e preferiscono presentare le opinioni di teologi, fisici o architetti? Anche qui la risposta è pateticamente semplice: perché quando chiedono a un esperto vero di demolizioni si sentono dire che è ora di piantarla di dire scemenze.
Il Gruppo Undicisettembre ha già interpellato in passato l'esplosivista italiano Danilo Coppe, che ha stroncato le tesi di demolizione, e ora ha intervistato un altro esperto di demolizioni, l'americano Brent Blanchard.
La sua intervista, realizzata da Hammer e disponibile in italiano e in inglese, fa a pezzi le fantasie di esplosivi preposizionati, di termite o nanotermite. Le esplosioni di una demolizione si sarebbero viste: “Dovunque piazzi degli esplosivi, avresti un brusco rilascio di energia e di gas. Ci sarebbe una combustione impossibile da non notare. Sposta l'aria, sposta materia, sarebbe estremamente facile da notare... La termite non funziona in orizzontale, funziona in verticale. Non puoi usare la termite per tagliare in orizzontale attraverso l'acciaio. Non puoi attaccare la termite a un gruppo di colonne, a dozzine e dozzine di colonne, e sperare che inizi a tagliare attraverso le colonne a un momento predefinito o addirittura che finisca nello stesso momento... [la combustione della termite] avrebbe creato molta luce. Avrebbe creato grandi incendi, molte fiamme, bagliori, fumo; e tutto questo prima del crollo. Non è successo perché non c'era alcuna termite.”
E ancora: “Chiunque guardi i video deve arrivare alla conclusione ineludibile che entrambi i crolli iniziano esattamente dove gli aerei hanno colpiti gli edifici. Non iniziano dal basso, dal centro o altrove. Ciascuno palazzo inizia a crollare proprio dove l'aereo l'ha colpito. Se accetti questo come un fatto di base, devi arrivare alla conclusione che se c'era una demolizione controllata questa deve essere avvenuta agli stessi piani. Quindi i complottisti devono anche fare l'asserzione che qualcuno in qualche modo ha avuto accesso proprio a quei piani, o prima o dopo gli impatti aerei, ma abbia raggiunto proprio quei punti di contatto e abbia aggiunto altri esplosivi per iniziare i crolli dei palazzi. E la domanda è: perché mai qualcuno dovrebbe fare una cosa simile? E la domanda ancora più grande è come si potrebbe mai accedere a quelle zone, con temperature così alte e iniziare ad attaccare gli esplosivi? E se gli esplosivi fossero stati attaccati in precedenza, come avrebbero potuto evitare che gli impatti aerei li strappassero dalle colonne e scagliassero fuori dagli edifici? Queste sono domande fondamentali a cui nessun complottista sembra capace di rispondere.”
Blanchard fornisce molte altre considerazioni e obiezioni tecniche che liquidano le tesi di demolizione controllata con la potenza dei fatti: le trovate nell'intervista completa.
Ora sta a voi, cari e cocciuti complottisti, spiegare come mai non avete esperti di demolizione che confermano le vostre tesi di demolizione. Avete avuto tredici anni per trovarne qualcuno e finora il vostro bottino è stato decisamente magro. Ma gli incassi no, vero?
Samantha Cristoforetti fa il saluto vulcaniano a “Che tempo che fa”
Ottobre 6, 2014 4:32 - no comments yetUn'emozionata ed emozionante Samantha Cristoforetti ha partecipato ieri sera a Che tempo che fa. A 18 minuti circa propone di fare il saluto vulcaniano di Star Trek durante il decollo. I Trekker (compreso il sottoscritto) esultano.
Battute a parte, che gesto potrebbe fare per salutarci al decollo, tenendo conto delle limitazioni della tuta e dei guanti? Non potrà parlare (le comunicazioni radio sono strettamente limitate al necessario), sarà legata dalle cinghie di sicurezza e avrà uno sbraccio limitato. Ci sarà una telecamera all'interno dell'abitacolo che la inquadrerà in diretta. Idee?
Adorabile, fra l'altro, la sua precisazione che il saluto vulcaniano non viene bene con i guanti della tuta: ci ha già provato. Perché se sei geek e ti capita d'indossare un guanto di una vera tuta spaziale, la tentazione del saluto Trek è irresistibile.
Ci vediamo stasera a Bergamoscienza?
Ottobre 4, 2014 7:09 - no comments yetQuesta sera alle 21 sarò al Teatro Sociale, in via Colleoni, per una conferenza dal titolo "Caduti nella rete: bufale e disinformazione scientifica" nell'ambito di Bergamoscienza. Trovate qui tutti i dettagli. Porterò con me, come consueto, un po' di copie del mio libro Luna? e le chiavette USB con il mio documentario Moonscape.
Firechat, l’app anticensura che funziona anche quando non c’è rete
Ottobre 4, 2014 4:35 - no comments yetI manifestanti pro-democrazia che stanno occupando molte strade principali di Hong Kong stanno usando estesamente la tecnologia per eludere la censura delle autorità. In particolare, ha suscitato parecchio interesse l'adozione massiccia di un'app, Firechat (per Android e iOS, gratuita), che ha la particolarità di funzionare anche dove la connessione alla rete cellulare o Wi-Fi è inaccessibile perché bloccata da tentativi di censura o saturata dal numero enorme di dispositivi che tentano di usarla contemporaneamente in un'area ristretta.
Firechat permette infatti di scambiare messaggi di testo e immagini creando una rete locale di tipo mesh, a maglia molto fitta e priva di un centro, che interconnette direttamente i vari dispositivi via Wi-Fi e/o Bluetooth presenti in un luogo, senza aver bisogno di un access point o di un'antenna della rete cellulare. Questo significa che le comunicazioni funzionano anche in assenza di rete convenzionale e sono difficili da monitorare.
La caratteristica di funzionare senza appoggiarsi a una rete altrui è preziosa non solo in situazioni di sorveglianza politica (non è la prima volta che Firechat viene usata in queste circostanze), ma anche in generale in luoghi affollati, come concerti, conferenze o altri raduni dove moltissimi utenti cercano di collegarsi simultaneamente, oppure in luoghi privi di copertura cellulare: in pratica i telefonini diventano dei walkie-talkie.
L'installazione è piuttosto semplice: vengono chiesti alcuni dati personali (un indirizzo di mail e l'accesso ai dati contenuti nel dispositivo e alla geolocalizzazione) e non viene chiesta una password. Una volta scelto un nome utente, si può cominciare a usare l'app per comunicare con utenti generici (Everyone) o soltanto con quelli che si trovano nel raggio di qualche decina di metri (Nearby). Le comunicazioni vengono suddivise in forum (chiamati firechat, ossia “chiacchierate intorno al focolare”) e tutti i messaggi sono pubblici e senza crittografia, per cui è opportuno fare attenzione a non trasmettere informazioni compromettenti. Per evitare abusi è inoltre possibile bloccare o segnalare gli utenti molesti.
Come funziona? Ho fatto qualche prova con i miei dispositivi (un mix di Android e iOS) e i risultati non sono stati molto brillanti: passando tramite la normale rete Wi-Fi o cellulare i messaggi vengono scambiati istantaneamente senza problemi, ma l'interconnessione diretta fra dispositivi, che dovrebbe essere il punto di forza di Firechat, non ha voluto saperne di funzionare, né fra dispositivi Android (4.2 e 4.3), né fra dispositivi iOS 8; l'app Android è andata ripetutamente in crash sul mio Samsung Galaxy S3. Manca inoltre un'indicazione chiara dell'uso della funzione mesh. Provatela anche voi e ditemi se siete più fortunati o se è il caso di provare app alternative come per esempio Serval (per Android).
Addio all’indice di Yahoo, ricordo di com’era Internet prima dei motori di ricerca
Ottobre 4, 2014 3:47 - no comments yetTanti, tanti anni fa il nome Yahoo! era un acronimo: stava per Yet Another Hierarchical Officious Oracle. A gennaio del 1994, due studenti della Stanford University, Jerry Yang e David Filo, avevano creato un catalogo dei siti di Internet e un paio di mesi dopo lo avevano denominato Yahoo! (con il punto esclamativo).A quei tempi non c'era ancora Google e non c'erano i motori di ricerca efficienti come li conosciamo oggi: se volevi trovare qualcosa su Internet dovevi chiedere agli amici oppure consultare una directory, ossia un catalogo di siti organizzato per temi. Yahoo! era quindi una risorsa preziosissima per gli internauti.
Il problema di fondo dei siti-catalogo, tuttavia, era che non erano mai sufficientemente aggiornati: Internet cresceva in modo esplosivo e neppure un esercito di catalogatori umani sarebbe riuscito a tenere aggiornati siti come Yahoo!; l'avvento di Google soppiantò definitivamente la catalogazione manuale, ma Yahoo! ha mantenuto attivo, finora, il proprio servizio di directory presso https://dir.yahoo.com.
Ma l'azienda Yahoo! (che da allora è diventata una grande società che offre moltissimi prodotti e servizi informatici) ora sta sfrondando drasticamente i rami secchi ed è quindi venuto il momento di dire addio anche al suo sito-catalogo. L'annuncio ufficiale della prossima chiusura segnala che il servizio resterà attivo fino al prossimo 31 dicembre dopo vent'anni di onorato servizio: c'è ancora tempo, insomma, per andare a visitare un pezzo della storia di Internet.