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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Pronta la traduzione italiana di “The Internet is on Fire” di Mikko Hypponen

28 de Dezembro de 2014, 6:36, por Desconhecido

Cosa fa un Disinformatico insieme alla figlia durante le vacanze di Natale? Ma naturalmente traduce l'ottima presentazione di Mikko Hypponen (F-Secure) sul futuro prossimo di Internet e della sorveglianza commerciale strisciante.

Anch'io, come lui, credo che sia giunto il momento di dire basta: che non vogliamo essere schedati, spiati, catalogati, incasellati e numerati, né da governi né da aziende, tramite l'esca dei servizi “gratuiti” e delle app “gratuite”; che non vogliamo prodotti che registrano di nascosto quello che diciamo e lo mandano a chissà chi; che è inaccettabile che stati (anche europei) che si dichiarano alleati organizzino attacchi informatici l'uno contro l'altro.

Il video del talk di Mikko, insieme alla trascrizione inglese e alla sua traduzione, è qui grazie al lavoro di mia figlia Linda (sì, quella dell'Unicorno Petomane).

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Cellulari cinesi preinfettati in fabbrica, occhio agli acquisti

27 de Dezembro de 2014, 6:45, por Desconhecido

Coolpad, sesto fra i più grandi fabbricanti di smartphone del mondo e terzo fra quelli cinesi, avrebbe distribuito milioni di smartphone Android preinfettati: più precisamente, dotati di una backdoor che ne permette il controllo a distanza. L'accusa, pesantissima, è contenuta in un rapporto pubblicato da Palo Alto Networks, una società di sicurezza informatica statunitense. Per ora mancano conferme indipendenti, ma non sarebbe il primo caso di fabbricante di smartphone colto a compiere operazioni di questo genere, come segnala The Hacker News.

La backdoor, secondo il rapporto, è in grado di tracciare gli utenti, inviare allo schermo pubblicità indesiderate, mandare SMS o MMS e scaricare e installare app e falsi aggiornamenti software senza il consenso dell'utente e senza che l'utente se ne accorga. Inoltre sfugge ai controlli degli antivirus.

L'accusa si basa sul reperimento di questa backdoor su un campione di una trentina di telefonini Android della Coolpad veduti esclusivamente in Cina e a Taiwan ed è scaturita dalle lamentele di alcuni utenti in merito ad attività sospette dei propri telefonini. Secondo Palo Alto Networks, sarebbe la prima volta che un malware viene scritto e gestito da un fabbricante di prodotti Android.

Il sospetto è che queste e altre preinstallazioni di malware da parte di fabbricanti cinesi servano a consentire al governo del paese una sorveglianza più capillare dei propri cittadini. Acquistare smartphone a prezzi stracciati direttamente dalla Cina potrebbe quindi rivelarsi un affare poco vantaggioso.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Sony Pictures violata, lezioni da portare a casa

27 de Dezembro de 2014, 5:28, por Desconhecido

Ci sono nuovi risvolti nell'attacco informatico alla Sony Pictures, già segnalato la settimana scorsa: la Associated Press ha pubblicato un'analisi impietosa, basata sui file della Sony Pictures trafugati e pubblicati in Rete dagli aggressori (che si fanno chiamare Guardians of Peace o GOP), e ha rivelato le pessime condizioni della sicurezza informatica della casa di produzione cinematografica che l'hanno resa un bersaglio facile.

Per esempio, il CEO di Sony Pictures, Michael Lynton, si faceva mandare via mail, senza cifratura, le password delle proprie caselle di mail, quelle per la gestione via Internet dei conti correnti e quelle per viaggi e acquisti. Nelle oltre 32.000 mail copiate e diffuse dagli aggressori c'erano queste password, insieme a immagini di passaporti, patenti di guida ed estratti di conto corrente. I piani strategici dell'azienda e le informazioni mediche di alcuni dipendenti erano archiviate senza cifrarle. Altri dirigenti avevano lamentato guasti ripetuti e significativi dei sistemi informatici a causa della carenza di spazio su disco, di software obsoleto e di scarso monitoraggio da parte di addetti informatici non competenti. In realtà questi erano, almeno in parte, gli effetti dell'intrusione in corso.

Le modalità esatte dell'attacco non sono ancora note, ma l'analisi della AP indica che gli aggressori hanno preso di mira i dirigenti per spingerli con l'inganno a rivelare le proprie password e che molti dipendenti utilizzavano password facili da indovinare. Si stima, inoltre, che l'intrusione abbia portato alla sottrazione di oltre 100 terabyte di dati: una quantità che implica che gli aggressori sono rimasti indisturbati nella rete informatica di Sony Pictures per settimane.

La responsabilità dell'attacco continua ad essere attribuita da varie fonti non ufficiali alla Corea del Nord o a simpatizzanti di questa nazione, ma le prove oggettive restano tenui per non dire inesistenti.

Di certo, però, la catastrofe informatica che ha colpito Sony Pictures è un'occasione per riflettere sull'eccessiva disinvoltura di moltissimi dipendenti e dirigenti in fatto di sicurezza informatica delle aziende. C'è poca consapevolezza della facilità con la quale computer e smartphone possono essere violati e usati come teste di ponte per sferrare attacchi informatici dall'interno delle reti aziendali e c'è una diffusa credenza che una mail aziendale sia un canale di comunicazione sicuro. Quello che è successo a Sony Pictures potrebbe succedere facilmente a tante altre aziende, colpevoli di non investire in sicurezza e di non educare i dipendenti a pensare in termini di rischio informatico. Sarebbe prudente per ogni azienda cogliere l'occasione per un riesame della propria sicurezza informatica.
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Vi fareste svegliare da uno sconosciuto? Wakie scommette di sì

26 de Dezembro de 2014, 23:05, por Desconhecido

Si chiama Wakie (“svegliati” in inglese) ed è un'app molto particolare: la imposti come una sveglia comune, ma al posto della solita suoneria c'è una voce. Non una voce preregistrata, ma una voce dal vivo: la voce di un perfetto sconosciuto che ti dice che è ora di svegliarsi. Già disponibile per Windows Phone e Android, ora c'è anche in versione per iOS, dopo nove mesi di attesa per essere accettata da Apple: è la “sveglia social”, basata sull'idea che sentirsi svegliare da una voce non familiare sia un modo molto efficace di attirare l'attenzione anche dei più profondi dormitori.

Gli utenti di Wakie si dividono in coloro che desiderano essere svegliati, ossia gli Sleepyheads, e coloro che svegliano, ossia i Wakie. I primi impostano la data e l'ora alla quale desiderano ricevere la sveglia, come consueto, ma al momento prescelto si troveranno connessi anonimamente con una chiamata di un altro utente di Wakie, che ha circa un minuto per parlare e fare da sveglia umana (se nessun utente è disponibile, l'app ripiega su un messaggio preregistrato).

Finora, stando alle prime prove pratiche, sembra che non ci sia un grande rischio di trovarsi svegliati da turpiloquio o molestie verbali, come temono in molti. C'è anche un forum pubblico all'interno dell'app, per chi vuole cercare di mettersi in contatto di nuovo con la persona chiamata o chiamante. Funzionerà? Staremo a vedere.

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Antibufala: una “ex dipendente NASA” dice di aver visto uomini su Marte nel 1979

26 de Dezembro de 2014, 20:05, por Desconhecido

Sta circolando una rivelazione sensazionale, ripresa da Leggo.it, Corriere della Sera (a firma di Flavio Vanetti), LiberoQuotidiano.it, Today.it, Metro.co.uk e tanti altri siti di notizie: nel 1979 una dipendente della NASA avrebbe visto su Marte due esseri umani che camminavano vicino alla sonda spaziale Viking, atterrata sul pianeta rosso poco tempo prima. Li avrebbe visti, dice, grazie alle immagini trasmesse dalla telecamera della quale era dotata la sonda.

Ma non appena si va ad approfondire la notizia emerge la bufala. Tanto per cominciare, nessuno ha confermato l'identità della “dipendente NASA” e nessuno le ha chiesto di dimostrare che lavorava davvero alla NASA. Inoltre la sua “rivelazione” è in una telefonata giunta al programma radiofonico statunitense Coast to Coast, noto per la sua abitudine di ospitare acriticamente qualunque teoria pseudo o parascientifica. La testimone, insomma, non ha nessuno dei normali requisiti di credibilità che si pretendono comunemente: nel diffondere questa “notizia”, gli ufologi si fidano ciecamente di una telefonata fatta da una voce anonima in un programma che ospita qualunque stramberia.

Non solo: la “dipendente NASA”, che si fa chiamare Jackie, dice delle cose che sono tecnicamente prive di senso. Per esempio, dice che nel 1979 la sonda Viking era capace di spostarsi sulla superficie di Marte (parla proprio di “Viking rover running around”), ma quella sonda non aveva alcuna capacità di spostarsi: era fissa e priva di ruote, come si vede nella foto qui accanto, che ne mostra un modello in scala 1:1 presentato dall'astronomo Carl Sagan. Una dipendente NASA lo saprebbe e non confonderebbe mai un rover (veicolo mobile) con un lander (veicolo fisso).

Una vera dipendente NASA saprebbe, inoltre, che a bordo della sonda Viking non c'era nessuna telecamera in grado di riprendere due persone in movimento: il veicolo spaziale, infatti, era dotato di una delle primissime fotocamere digitali, ma non di una telecamera. Era in grado di scattare soltanto immagini fisse di oggetti statici, usando un processo di scansione progressiva dell'inquadratura. Il sistema, per l'epoca, era assolutamente all'avanguardia e produceva immagini a colori come questa:


Pensateci un attimo: foto digitali a colori, da 6 megapixel, nel 1979, scattate su Marte: un risultato eccezionale, considerata la tecnologia dell'epoca. Ma un risultato che non consentiva affatto di vedere persone in movimento. Persino una tartaruga che strisciava risultava mossa e deformata a causa del lentissimo movimento del sensore da un lato all'altro dell'inquadratura, come si vede nell'immagine qui accanto.

L'affermazione della sedicente “Jackie”, insomma, non solo è priva di qualunque riscontro attendibile, ma è smentita dai fatti tecnici.
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