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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Lensa AI, avatar personali bellissimi ma a rischio

22 de Dezembro de 2022, 9:15, por Il Disinformatico
Immagine generata da Lensa AI per Farah Mazuini.

Moltissime persone stanno usando la funzione Magic Avatar dell’app Lensa AI per crearsi dei ritratti personali digitali stilizzati, da usare per esempio come immagini dei profili social ma anche per puro divertimento, e i risultati sono davvero notevoli. Gli incassi della casa produttrice, Prisma Labs, ammontano già a svariati milioni di dollari.

Ma per usare Lensa AI bisogna affidare a quest’azienda una decina di foto del proprio volto, quindi una serie di dati biometrici sensibili, e quindi sarebbe opportuno leggere l’informativa sulla riservatezza dei dati e le condizioni d’uso per scoprire che fine fanno queste foto: vengono depositate temporaneamente sui server dell’azienda, che si trovano negli Stati Uniti, e cancellate subito dopo la generazione degli avatar corrispondenti, dice Andrey Usoltsev, CEO e cofondatore di Prisma Labs.

Il problema è che oltre alle vostre foto, Lensa AI acquisisce molte altre informazioni personali “a scopo di marketing”, come per esempio (sezione 3 delle condizioni d’uso) che tipo di smartphone usate, il vostro indirizzo IP e soprattutto i dati di tracciamento pubblicitario raccolti dai principali operatori del settore, ossia i cosiddetti IDFA di Apple o gli Android Advertising ID di Google, che possono essere poi ceduti o rivenduti ad altre società.

Potete disabilitare questa raccolta di dati andando nelle apposite impostazioni di iOS o di Android e seguendo le istruzioni fornite nell’informativa di Lensa AI.

Ci sono anche alcune precauzioni che riguardano in particolare i bambini e le donne: mandare a Lensa AI immagini di bambini è contrario alle condizioni d’uso e produce risultati che mi limito a definire inquietanti. Per le donne, invece, Lensa AI ha una spiccata tendenza a generare immagini fortemente sessualizzate: l’app spesso genera nudi integrali e pose molto esplicite anche se si mandano solo fotografie del proprio volto.

I Couldn't Help Myself.....Do You Like it? #AI #lensaai #anime pic.twitter.com/04cZlSfJuc

— Charlotte Star 🇦🇺 (@CharlotteStar5) December 9, 2022

Non sembra esserci lo stesso problema per gli uomini: per loro vengono generate solitamente immagini in stile eroico o comunque ritratti normali. Potete farvene un’idea sfogliando i tweet che usano l’hashtag #lensaai.

Jumping on the TREN/D 😂
Had to take off the music for copyright reasons #avata #lensaai @lensaai 🫶 pic.twitter.com/DoiuGJRctA

— STEVEN LEWIS BARRETT🇬🇧 (@Stevenbarrett41) December 18, 2022

#lensaai pic.twitter.com/J324KDqUlr

— Kyle James (@Kylifornication) December 14, 2022


Ma il problema più grave è che è possibile usare Lensa AI per generare immagini pornografiche realistiche di altre persone in modo pericolosamente semplice. Se si appiccica rozzamente con Photoshop il volto di una persona su immagini esplicite di un’altra, Lensa AI fonde perfettamente le due immagini.

Lensa AI usa una versione del software di intelligenza artificiale Stable Diffusion dotata di filtri che dovrebbero bloccare le immagini non adatte, ma a quanto risulta dai test effettuati dai ricercatori questi filtri vanno in tilt se si usa una serie appositamente confezionata di immagini.

Le immagini pornografiche false di celebrità o di persone comuni, usate spesso come strumento di aggressione, bullismo o umiliazione, purtroppo non sono una novità, ma generarle prima richiedeva una notevole competenza nell’uso di programmi di fotoritocco e questo ne frenava la produzione e l’abuso. Ora, invece, grazie a Lensa AI questo ostacolo non esiste più: bastano un telefonino e pochi dollari.

Prisma Labs ha dichiarato che sta prendendo delle misure tecniche per risolvere questo problema, ma l’avvento di questi software di intelligenza artificiale sta creando un pantano etico che sta già spingendo alcuni governi, come quello britannico, a valutare leggi che criminalizzino la disseminazione di foto intime generate artificialmente senza consenso.

Nel frattempo è forse il caso di ridurre, se possibile, la quantità di fotografie dei nostri volti che mettiamo a disposizione di chiunque pubblicandole sui social network. L’intelligenza artificiale, purtroppo, non aiuta a contrastare la cattiveria naturale.

 

Fonte aggiuntiva: TechCrunch.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Quando la truffa è talmente spavalda da rasentare l’elogio: Paypal e l’account Postfinance

22 de Dezembro de 2022, 8:39, por Il Disinformatico

Nota: alcuni dettagli di questo articolo sono stati modificati rispetto alla realtà per esigenze di narrazione e per proteggere le identità delle persone coinvolte. La sostanza tecnica dell’articolo è inalterata. Questa è una versione estesa del testo del podcast del 16 dicembre 2022. Pubblicazione iniziale: 2022/12/11 10:51. Ultimo aggiornamento: 2022/12/22 12:40.

Intendiamoci subito: un crimine è un crimine e come tale va condannato. Una persona ha perso parecchi soldi a causa della truffa che sto per raccontarvi. Ma la sfacciataggine e la spavalderia della tecnica usata dal criminale sono sorprendenti e confesso di avere un piccolo moto di ammirazione per l’astuzia di chi l’ha concepita e messa in atto. In ogni caso, questo tipo originale di trappola informatica può essere un pericolo per molti, soprattutto nel periodo natalizio.

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Questa storia inizia con una telefonata. Una persona mi chiama chiedendo aiuto per risolvere una truffa: ha usato il proprio conto PayPal, sul quale aveva accumulato del denaro, per inviare a se stessa circa duemila franchi, dando ordine a PayPal di versarli sul suo conto Postfinance (la versione svizzera di un conto corrente presso l’ufficio postale), ma i soldi non sono mai arrivati.

Non ci sono indicazioni che il suo computer sia stato attaccato o che qualcuno abbia avuto accesso al suo conto PayPal, e l’ipotesi che qualcuno sia riuscito a dirottare il suo trasferimento di denaro mentre era in transito sembra tecnicamente improbabile. Frodi o errori da parte di PayPal o di Postfinance sembrano ancora più implausibili. La vittima dice di essere sicura di essere entrata direttamente nel proprio account PayPal e di aver dato le proprie credenziali al sito originale, per cui è da escludere un phishing (furto di credenziali effettuato inducendo la vittima a visitare un sito che ha lo stesso aspetto di quello autentico ma è gestito dai criminali) o un man in the middle (intercettazione delle comunicazioni della vittima con il sito autentico).

Sembra un mistero irrisolvibile, ma come mi capita spesso in situazioni come questa chiedo alla vittima di descrivermi in dettaglio i passi che ha compiuto, mentre io li ripercorro usando il mio conto PayPal come ambiente di prova. 

La vittima mi racconta che è entrata nel proprio conto e ha cliccato sull’opzione di invio denaro nella pagina principale, etichettata Send money nella versione in inglese del sito. 

Lo faccio anch’io, e sul monitor del computer mi compare appunto l’opzione di inviare denaro, bene in vista al centro della schermata:

La vittima mi spiega che a questo punto ha cliccato su Send money, visto che doveva inviare del denaro, e ha digitato Postfinance nella casella di ricerca del destinatario. 

Ripeto i suoi passi, e quindi clicco su Send money. Mi compare la casella di ricerca nella quale, appunto, si cerca il nome dell’utente al quale inviare denaro:

In questa casella digito Postfinance, come ha fatto la vittima, e mi compare sullo schermo l’account di nome Postfinance.

La vittima mi spiega che ha cliccato su questo account e ha immesso la cifra da inviare, cliccando poi sul pulsante di invio. Da quel momento non ha più visto i propri soldi.

Provo a farlo anch’io, con un importo simbolico di un centesimo, ma mi trattengo dal cliccare sul pulsante Send Money Now.

Avete capito come si è svolta la frode?

Vi lascio un po’ di tempo per pensarci. Scrivete la vostra soluzione nei commenti, se vi va.

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ALLERTA SPOILER: La soluzione

La vittima ha commesso un errore abbastanza comprensibile: ha usato la funzione Send money invece di quella giusta, che ha un nome molto simile, ossia Transfer money

In questo modo la vittima, invece di mandare i soldi al proprio conto Postfinance (che va preventivamente registrato fra i conti destinatari autorizzati), ha mandato i soldi a un truffatore che ha avuto l’idea semplice e geniale di creare un account di nome Postfinance e ha avuto la spavalderia di confidare che PayPal non avrebbe fatto alcun controllo significativo sui nomi degli account. E ha avuto ragione.

La vittima, poco pratica di PayPal e presa dalla fretta perché era in partenza per un viaggio, ha pensato che scegliendo Postfinance gli automatismi di PayPal avrebbero dedotto dai dati del mittente a quale conto andassero inviati i soldi. L’errore iniziale è stato suo, certo, ma è stato facilitato dall’ambiguità fra inviare denaro e trasferire denaro e soprattutto dal fatto che PayPal non sta facendo nulla di efficace per evitare queste truffe: infatti ospita numerosissimi account che hanno nomi o nickname palesemente ingannevoli.

Grazie anche alle segnalazioni dei lettori nei commenti qui sotto e su Mastodon, è infatti emerso che fra gli utenti di PayPal, oltre a Postfinance (con tanto di pratico e ingannevolissimo link rapido Paypal.me/postfinance), ci sono account che hanno nickname sfacciatamente fraudolenti, come Poste Pay, Poste Italiane, Credit Lyonnais American Express, Paypal Banque, Banca Bancomer, Banca Comercial Mexicana, Banca Intesa, Intesa Sanpaolo, Banca Sella o Mastercard Crédit Mutuel, insieme a tantissime persone che a quanto pare di nome o cognome fanno proprio Mastercard e a qualcuno che ha la curiosa sorte di chiamarsi Visa Mastercard o Debito Mastercard.

Si capisce che sono account fraudolenti e non intestati alle istituzioni finanziarie legittime dal nome indicato in piccolo dopo la chiocciolina, che non c’entra nulla con quello dell’istituzione: dubito, per esempio, che Poste Italiane abbia aperto un account usando il nome utente @filomenapolito93.

La vittima è ora in disputa con PayPal per tentare di farsi restituire la somma, ma nel frattempo è importante prevenire che ci siano ulteriori vittime. Ho già avvisato il servizio antiphishing di PayPal, che secondo la guida online è raggiungibile inviando una mail a phishing@paypal.com.

In caso di sospettata frode, la guida online di PayPal raccomanda inoltre di contattare il servizio antifrode dell’azienda usando la pagina apposita (www.paypal.com/disputes/), ma questa pagina funziona solo se c’è stata una transazione fra vittima e presunto truffatore. Così ho mandato un centesimo al falso Postfinance: questo mi ha consentito di venire a sapere quale indirizzo di mail è associato all’account. È thierrybarthtiti113@gmail.com, e PayPal stessa ammette che l’account non è verificato.

Ho inviato a Paypal questa mail dal mio account presso la RSI:

Dear Sirs,

I am a journalist working for Swiss National Radio and TV.

I would like to report a fraudulent account on your service. The account is called "@Postfinance". It is impersonating the Swiss Post Office, but it is associated with the email account thierrybarthtiti113@gmail.com.

This account has already scammed someone, who contacted me to report the scam.

I am writing an article on PayPal fraud management, reporting this specific instance.

I would like to suggest that you block this "@Postfinance" account immediately. As a general rule, perhaps you could consider a filter that prevents or at least flags accounts that use well-known company names without verification.

Sincerely,
Paolo Attivissimo

Lugano, Switzerland

Adesso vediamo che succede. Personalmente trovo assurdo e inaccettabile che PayPal non effettui nessun controllo sui nomi o nickname scelti dagli utenti, filtrando almeno quelli che contengono parole chiave evidenti come bank, banque, credit, debit, poste, card.

Nel frattempo, posso solo segnalare pubblicamente questo problema e raccomandare a tutti di fare tanta, tanta attenzione ai dettagli quando si invia denaro via Internet e di farlo solo quando si può agire senza fretta, senza distrazioni e senza ansie. 

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2022/12/22. Ricevo dalla vittima e segnalo con piacere la notizia che PayPal ha rimborsato l’intera cifra. L’account ingannevole, tuttavia, è ancora presente su PayPal.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Twitterremoto, seconda puntata: bollini, account a termine, filonazisti ripristinati, giornalisti bannati e altro ancora

22 de Dezembro de 2022, 6:10, por Il Disinformatico

Questo articolo fa parte del testo del podcast Il Disinformatico di venerdì 16 dicembre. Pubblicazione iniziale: 2022/12/16 1:57. Ultimo aggiornamento: 2022/12/16 19:35.

La vicenda di Twitter si fa sempre più complicata e si arricchisce di aspetti umani oltre che tecnici. Ho riepilogato la fase iniziale della cronaca del caos e le tecniche di autodifesa corrispondenti nella puntata del Disinformatico del 18 novembre scorso, ma nelle quattro settimane che ormai ci separano da quella data sono successe talmente tante cose intorno a Twitter e Elon Musk, il suo nuovo proprietario e amministratore unico, che è opportuno fare un nuovo riassunto della situazione.

Prima di tutto, alcune raccomandazioni tecniche. Se avete un account su Twitter e state pensando di chiuderlo ed eliminarlo, non fatelo. Eliminare un account Twitter significa infatti che qualcun altro potrà usare il vostro stesso nome di account in futuro, causando confusione e magari spacciandosi per voi (Twitter Help; Chron; PCWorld). Se state pensando invece di renderlo privato o protetto, tenete presente che se lo fate diventeranno pubblicamente inaccessibili anche tutti i vostri tweet precedenti.

Al momento, la strategia più prudente è semplicemente smettere di usare l’account, silenziare le notifiche, e mettere nelle informazioni del profilo e in un ultimo tweet un annuncio che avvisi che l’account è fermo e non verrà monitorato e che dia le coordinate di come comunicare con voi altrove. È quello che ho fatto anch’io, e sembra funzionare.

Intanto sono finalmente arrivati, dopo il disastro iniziale dei falsi account aziendali e alcuni rinvii, i bollini colorati, quelli che dovrebbero classificare e verificare gli account su Twitter, e alcuni di questi bollini sono disponibili anche in Europa.

Il bollino color oro indica un account che è “verificato poiché si tratta di un’azienda ufficiale” (come per esempio @Repubblica); ma il bollino blu continua a indicare sia un “account verificato secondo i criteri precedenti” che “[p]otrebbe essere o non essere notorio” (una definizione a metà fra Schrödinger e Shakespeare) sia un account che “è verificato in quanto è abbonato a Twitter Blue” e quindi ha semplicemente pagato otto dollari al mese (o undici se ha pagato tramite Apple).

Ci dovrebbe essere anche un bollino grigio per le istituzioni, ma non si è ancora visto, e la “verifica” avviene semplicemente tramite il numero di telefono, quindi ha un valore molto limitato. La confusione, insomma, persiste.

E c’è anche un altro elemento di confusione: in teoria chi ha il bollino blu e cambia il proprio nome nell’account dovrebbe perderlo fino a che Twitter non lo verifica di nuovo, ma io ho cambiato il mio nome su Twitter, dove ho un account con il bollino blu “vecchia maniera”, e non è successo nulla. Questa è una buona notizia per chi vuole inserire nel proprio nome su Twitter le proprie coordinate su altri social, per esempio.

Prima...
...e dopo.
Il bollino è rimasto e nessuno mi ha chiesto niente.

Un altro cambiamento tecnico su Twitter è la scomparsa di un’informazione utile per gli utenti, come nota il collega David Puente, ossia l’indicazione dell’app o del dispositivo usato per scrivere uno specifico tweet. Sapere se un tweet era stato scritto usando uno smartphone oppure un’app pubblicitaria permetteva di capire più facilmente se si trattasse di un tweet autentico, scritto da un essere umano, o se si trattasse di un messaggio automatico generato da un bot. Ora questa indicazione non è più immediatamente disponibile.

C’è anche una nota tecnica che riguarda gli account inattivi: Elon Musk ha dichiarato che verranno eliminati dopo un certo periodo di inattività, che non ha quantificato. Questo è importante per tutti gli account che appartenevano a familiari deceduti, per esempio, o per le aziende o le testate giornalistiche che non esistono più: se gli eredi non li tengono attivi, tutti i tweet di queste organizzazioni e delle persone care scompariranno, lasciando buchi nei ricordi di famiglia e anche nei siti che li hanno condivisi. A differenza di Facebook, infatti, su Twitter non esiste l’opzione di nominare un curatore degli account delle persone scomparse o di rendere permanente un account facendolo diventare commemorativo.

E a proposito di inattività, Elon Musk ha annunciato che rimetterà a disposizione del pubblico i nomi degli account cancellati o inattivi da tempo, che sono circa un miliardo e mezzo. Ma questa è una pessima idea dal punto di vista tecnico, perché gli addetti ai lavori sanno benissimo che in questo modo qualunque vecchio link a questi account punterà ai nuovi proprietari, che ne potranno abusare come avviene già adesso per i nomi dei siti Internet che non vengono rinnovati, per cui un nome di sito che prima portava a un’azienda o a un’istituzione governativa ora porta ai contenuti di uno spammer, di un truffatore, di un rivenditore di pornografia o di fake news.

Un’altra scelta tecnica molto particolare di Twitter è quella di etichettare automaticamente come “sensibile”, ossia pericoloso, qualunque tweet che contenga un link alla piattaforma quasi-rivale Mastodon, almeno secondo le osservazioni di alcuni ricercatori.

Credit: @alienogentile.

Se siete ancora su Twitter e citate notizie pubblicate su Mastodon, potreste trovarvi segnalati, e anche l’account Twitter di Mastodon, cioè @joinmastodon, risulta sospeso senza alcuna giustificazione ufficiale [ma forse ce n’è una non ufficiale], con buona pace delle dichiarazioni di libertà di espressione fatte da Elon Musk.

[L’esperto di sicurezza informatica Graham Cluley segnala che persino indicare un link a Mastodon nelle proprie informazioni di profilo su Twitter viene respinto, con tanto di avviso ingannevole che dice che il link è considerato malware.]

Poi c’è un’altra bizzarria che ha colpito in particolare gli utenti dell’Ucraina: se hanno protetto i propri account Twitter contro i furti usando l’autenticazione a due fattori tramite codice di sicurezza ricevuto via SMS, non possono più accedere ai propri account. Secondo le prime analisi, si tratta del risultato infelice di un tentativo malamente pianificato di eliminare lo spam: invece di bloccare i singoli spammer, Twitter avrebbe bloccato intere reti telefoniche di specifici paesi dai quali proveniva molto spam. Ne pagano le conseguenze gli utenti onesti di molte reti cellulari in Russia, Indonesia, India e Malesia; quindi se conoscete qualcuno da quelle parti che non riesce più ad accedere al proprio account, la colpa è probabilmente di Twitter.

Va detto che ci sono anche alcuni progressi molto positivi: gli addetti ai lavori segnalano che gli hashtag più diffusi per la disseminazione di immagini di abusi sessuali su minori sono stati sostanzialmente eliminati dal social network e Twitter ha aggiunto l’opzione di segnalare specificamente questo tipo di contenuto, che rappresentava un problema serissimo rimasto irrisolto per anni [e sono state anche introdotte altre migliorie al sistema di rilevamento automatico e rimozione di questi contenuti]. Inoltre l’11 dicembre il servizio anti-fake news di Twitter gestito da volontari, denominato Community Notes, è diventato disponibile in tutto il mondo anziché solo negli Stati Uniti, per cui ora tutti gli utenti di Twitter possono vedere le annotazioni di questo servizio direttamente sotto i tweet che fanno informazione scorretta.

Ma dal punto di vista tecnico, insomma, per Twitter e i suoi utenti si prospettano tempi difficili e confusi, con regole e impostazioni soggette a cambi continui e arbitrari.

Gli sconvolgimenti di Twitter, però, non solo soltanto tecnici.

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Anche se non avete un account Twitter, le vicende sempre più bizzarre di questo social network sono sicuramente interessanti dal punto di vista umano e ci toccano tutti, direttamente o indirettamente, perché Twitter è una delle piattaforme più influenti al mondo per la diffusione in tempo reale di notizie ed è usatissimo da giornalisti, tecnici e politici per informare e informarsi, e quindi qualunque cambiamento lo riguardi ha ripercussioni sociali anche per chi non lo usa.

Elon Musk ha usato Twitter per fare una raccomandazione di voto nelle elezioni statunitensi; ha invitato i suoi oltre cento milioni di follower a seguire il movimento complottista insurrezionista QAnon; ha riammesso Donald Trump, che era stato bandito da Twitter dopo i suoi tweet di aizzamento della folla che poi ha assalito il Campidoglio statunitense il 6 gennaio scorso, e ha tolto il ban anche ad alcune migliaia di figure della disinformazione e dell’odio, soprattutto apertamente neonaziste e razziste, ma anche complottiste di QAnon e spammer: personaggi come Andrew Anglin, bandito sin dal 2013, fondatore del sito neonazista Daily Stormer, aperto sostenitore della pulizia etnica, negazionista dell’Olocausto e artefice di campagne di persecuzione fisica di ebrei (RollingStone).

Lo sviluppatore Travis Brown sta compilando un elenco giornaliero dei riammessi, che permette di valutare i tipi di account che erano inaccettabili per la gestione precedente di Twitter e che ora vengono considerati ammissibili [un altro elenco è pubblicato da Media Matters]. Si tratta di una decisione di “amnistia” generale presa direttamente da Elon Musk e basata su un “sondaggio” fatto fra i suoi follower.

Un esempio particolarmente emblematico di queste riammissioni controverse è quello del rapper Kanye West, riammesso su Twitter e ribannato subito dopo per aver postato ai suoi 32 milioni di follower una svastica inserita in una stella di Davide e dopo aver condiviso dei messaggi personali scambiati fra lui e Elon Musk. Giusto per levare ogni dubbio sulle sue opinioni, West ha dichiarato pubblicamente e testualmente, durante l’Alex Jones Show, che lui ama i nazisti e specificamente Hitler, che secondo West avrebbe addirittura inventato le autostrade e i microfoni. Parole sue, trascritte da Gizmodo:

“But this guy that invented highways, invented the very microphone that I use as a musician [...] every human being has something of value that they brought to the table. Especially Hitler!”

“I don’t like the word ‘evil’ next to Nazis. I love Jewish people, but I also love Nazis.”

“I do love Hitler. I do love the Zionists.”

[CLIP delle parole di West]

Kanye on Alex Jones:

"Well, I see good things about Hitler also."pic.twitter.com/I969vqrhYP

— Kurrco (@Kurrco) December 1, 2022

Ye just doubled down and straight up said "I like Hitler" 😭pic.twitter.com/FrnLkDZzIF

— Kurrco (@Kurrco) December 1, 2022

Ye: "I love Jewish people but I also love N*zis" pic.twitter.com/fuejQ9POpG

— Kurrco (@Kurrco) December 1, 2022

Sempre Musk ha usato il suo nuovo potere su Twitter per inviare a 119 milioni di follower un tweet che mostra una falsa schermata della CNN, nella quale sembrava che Don Lemon, uno dei conduttori del canale televisivo, stesse dando la notizia che “Musk potrebbe mettere a repentaglio la libertà di espressione su Twitter dando alla gente la possibilità di esprimersi liberamente”. L’intento era presumibilmente umoristico, ma usare il vero logo della CNN e l’immagine di un vero conduttore della rete televisiva ha rischiato di creare equivoci, e infatti persino Community Notes, il servizio di fact-checking di Twitter, ha segnalato che il tweet del CEO di Twitter viola le regole di Twitter.

Insomma, non è il tipo di ambiente che entusiasma gli inserzionisti pubblicitari, dai quali Twitter attualmente dipende. A fine ottobre Kanye West era stato mollato da sponsor come Adidas, Balenciaga, Foot Locker, JP Morgan Chase, Gap e altri. Ritrovarselo su Twitter, anche solo brevemente, manda un messaggio che per chiunque investa in pubblicità e comunicazione è semplicemente inaccettabile. Secondo il Wall Street Journal, a novembre il traffico pubblicitario su Twitter è calato dell’85% rispetto allo stesso periodo del 2021.

Elon Musk ha cercato di rassicurare gli inserzionisti pubblicando grafici che sembrano indicare un calo della visibilità dei discorsi d’odio, ma il 12 dicembre tre membri del Trust and Safety Council, l’organo interno di Twitter che vigila sulla sicurezza degli utenti e garantisce la fiducia in questo social network, si sono dimessi e hanno pubblicato una lettera nella quale dicono invece che i contenuti di odio contro le persone di colore e gli omosessuali sono aumentati enormemente da quando Elon Musk ha preso le redini di Twitter e parlano di un social network “governato tramite diktat”. Per tutta risposta, Musk ha abolito l’organo interno di vigilanza il giorno stesso.

Non sono solo gli inserzionisti ad essere inquieti: anche Elton John (un milione e centomila follower) ha annunciato il 9 dicembre di aver “deciso di non usare più Twitter a causa del recente cambio di politica che consentirà alla disinformazione di prosperare senza controllo”. Come lui, hanno già sospeso l’uso di Twitter la modella Gigi Hadid, la scrittrice Shonda Rhimes (1,9 milioni di follower) e l’ex chitarrista dei White Stripes Jack White, segnala Reuters.

Le ragioni di questa inquietudine diffusa si concentrano principalmente sul boss assoluto di Twitter, perché oltre ad aver intenzionalmente riammesso personaggi a dir poco impresentabili, Musk ha pubblicato tweet nei quali ha incitato a processare Anthony Fauci, l’immunologo ex consigliere medico della Casa Bianca che ha avuto un ruolo di primo piano nella lotta alla pandemia da Covid-19 negli Stati Uniti. Musk non ha specificato le ragioni di questa richiesta, ma molti suoi fan l’hanno colta come un invito a perseguitare Fauci ed è partita su Twitter una campagna di odio contro l’immunologo, sua moglie e i suoi figli. Va ricordato che Musk, nel 2020, aveva tweetato che “il panico da coronavirus è stupido” e che la pandemia negli Stati Uniti sarebbe stata “vicina allo zero” entro aprile di quell’anno.

Musk si è poi scagliato pubblicamente anche contro l’ex direttore della sicurezza e della fiducia di Twitter, Yoel Roth, che si era dimesso a novembre. Il boss di Twitter infatti ha iniziato a pubblicare una serie di documenti interni del social network, i cosiddetti Twitter files, che a suo dire scoperchierebbero una vasta cospirazione politica dei dirigenti di Twitter per favorire i democratici statunitensi. In questa cospirazione ci sarebbe coinvolto anche Roth, che Musk ha accusato pubblicamente (ovviamente su Twitter) di essere favorevole alla pedofilia presentando come presunta prova un estratto della tesi di Roth tolto dal suo contesto e travisato. Come risultato, a Yoel Roth sono arrivate minacce così gravi da costringerlo ad abbandonare la propria abitazione.

Gli attacchi personali di Elon Musk hanno preso di mira anche gli account Twitter che pubblicavano gli spostamenti dei jet privati appartenenti a miliardari russi e a Musk stesso, attingendo a dati pubblicamente disponibili per legge. Il CEO di Twitter aveva dichiarato il 7 novembre scorso che il suo impegno per la libertà di espressione era talmente grande che non avrebbe bandito @elonjet, l’account con mezzo milione di follower che tracciava il suo jet personale, “anche se costituisce un rischio personale diretto”. Ma quest’impegno civile di Elon Musk è durato poco più di un mese, perché il 13 dicembre l’account @elonjet è stato sospeso per violazione delle Regole di Twitter, che sono state aggiornate (copia permanente) per vietare – guarda caso – la condivisione di informazioni di localizzazione in tempo reale anche se queste informazioni sono reperibili altrove pubblicamente.

live location information, including information shared on Twitter directly or links to 3rd-party URL(s) of travel routes, actual physical location, or other identifying information that would reveal a person’s location, regardless if this information is publicly available;

[Questa regola è una follia per qualunque giornalista, perché formulata così significa che se un giornalista annuncia in diretta o fa un livetweet di un’apparizione pubblica di qualcuno, rischia di trovarsi l’account sospeso. Qualunque diretta rischia di essere in violazione. Immaginate un cronista alla Casa Bianca che tweeta “il Presidente degli Stati Uniti sta entrando ora in sala stampa” e si trova sospeso.]

Musk, inoltre, ha dichiarato di aver avviato un’azione legale contro Jack Sweeney, lo studente ventenne residente in Florida che ha creato questi account di monitoraggio con lo scopo di rendere più visibile l’impatto ambientale dei jet privati, e mentre preparo questo podcast arrivano continue segnalazioni di account di giornalisti sospesi da Twitter [Donie O’Sullivan della CNN, Drew Harwell del Washington Post, Ryan Mac del New York Times e altri ancora], a quanto pare per aver citato la vicenda @Elonjet [poco dopo la chiusura del podcast è arrivato l’annuncio della Commissione UE della possibilità di sanzioni per queste sospensioni arbitrarie della libertà di stampa]. Eppure ad aprile scorso Elon Musk aveva tweetato che sperava che anche i suoi critici peggiori sarebbero rimasti su Twitter, “perché libertà di espressione significa questo” (“I hope that even my worst critics remain on Twitter, because that is what free speech means”).

Molti utenti di Twitter non hanno apprezzato questi voltafaccia e lo hanno fatto sapere a Elon Musk senza troppi giri di parole, ricordandogli tutte le sue promesse di libertà di espressione “nei limiti di legge” poi disattese quando riguardano direttamente lui, come già successo per gli account Twitter che per parodia avevano adottato in massa il suo nome qualche tempo fa.

La giustificazione per il cambiamento delle regole e l’azione legale, secondo Musk, è che il 13 dicembre a Los Angeles uno stalker ha bloccato l’auto che trasportava uno dei suoi figli ed è salito sul cofano. Un episodio grave e preoccupante, ma Jack Sweeney, quello di @elonjet, non ha mai postato informazioni sugli spostamenti in auto di Musk e famiglia; ha pubblicato solo le informazioni sulle partenze e gli arrivi del suo jet personale, con o senza Musk a bordo, e l’episodio descritto da Musk non è avvenuto nei pressi di un aeroporto. Il nesso fra i due eventi, insomma, è decisamente labile.

Una ulteriore conferma della regola, non scritta ma che si sta man mano delineando, secondo la quale su Twitter la libertà di espressione è sacrosanta, ma soltanto fino a quando non crea fastidio a Elon Musk, arriva da quello che è successo quando il CEO di Twitter è apparso a sorpresa al popolare Dave Chappelle Show a San Francisco, il 12 dicembre, ed è stato fischiato per vari minuti da buona parte delle diciottomila persone presenti, tanto che la sua apparizione è stata interrotta dopo qualche battuta di estremo disagio.

[CLIP del Dave Chappelle Show]

Twitter ha iniziato subito a bloccare molti degli account degli utenti che condividevano il video della figuraccia di Elon Musk. Ma la viralità della ripresa, fatta oltretutto clandestinamente, ha avuto il sopravvento.

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Fra riammissioni di impresentabili, cacce alle streghe, continui cambiamenti arbitrari delle regole e purghe di giornalisti, sembra insomma che Twitter stia diventando, per Elon Musk, la lezione d’informatica più costosa della storia. Ha speso 44 miliardi di dollari (non tutti suoi) per scoprire l’ovvio, ossia che moderare un forum o un social network è un lavoraccio. Non è un processo automatizzabile e schematizzabile: non è un’automobile elettrica o un razzo spaziale, che deve rendere conto soltanto alle rigide leggi della fisica. Moderare richiede la capacità di gestire sfumature, di comprendere culture e punti di vista differenti, di investire tempo e risorse umane, di accettare che le regole assolute e semplici non funzionano e che gli esseri umani non sono molecole di un gas perfetto: possono essere dispettosi, vendicativi e violenti verso i propri simili, ed è per questo che esistono le regole sociali, le leggi e i tribunali, pieni di complicazioni e imperfezioni.

E la conclusione di questa lezione fantastiliardaria è che se il moderatore non sa moderare, se dimostra di essere incostante, impulsivo e arbitrario, gli utenti se ne andranno altrove. Twitter, come tutti i social network, esiste solo finché ha utenti. Il valore di Twitter non sta nei suoi algoritmi o nella sua architettura software e hardware: sta nelle persone che creano i suoi contenuti. Sta nel piacere di interagire, sia pure brevemente, con persone altrimenti irraggiungibili. Senza utenti interessanti, che creino contenuti che attirino altri utenti, un social network inevitabilmente si spegne; se gli utenti interessanti se ne vanno, o addirittura vengono cacciati via, e rimangono solo neonazisti, suprematisti, spammer, terrapiattisti e hater di ogni genere, alla fine resta solo un inutile, costosissimo guscio che si svuota sempre più in fretta. È sempre stato così, fin dai tempi dei newsgroup, per chi se li ricorda, e non c’è motivo di pensare che stavolta le cose andranno diversamente.

Anche perché va ricordato che c’è una parte del piano di Musk che non è ancora stata realizzata e che rischia di diventare la scintilla che innesca l’esodo: per ripagare l’enorme cifra investita, il CEO di Twitter intende far pagare agli utenti quei famosi otto dollari al mese. Per indurli a pagare, ha deciso che i tweet di chi si rifiuta verranno resi praticamente invisibili, sommersi da quelli degli utenti paganti. Quanti utenti saranno disposti a restare e pagare per il privilegio di essere letti su Twitter, quando possono avere questo privilegio gratuitamente su tutti gli altri social network? 

[Una ricerca di Travis Brown indica che su un campione di 18 milioni di account, da lunedì scorso ci sono state 2215 iscrizioni nuove a Twitter Blue. I dati non sono confermati indipendentemente]

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Recensione senza spoiler: Avatar - La Via dell’Acqua Riciclata

21 de Dezembro de 2022, 16:01, por Il Disinformatico
A Jake Sully hanno appena detto che i film devono avere anche una trama.

Ieri sera sono andato a vedere Avatar - La via dell’acqua. Senza fare spoiler, ho solo un consiglio: se volete vedere lo stato dell’arte degli effetti speciali digitali, cinque anni avanti rispetto a tutto quello che avete mai visto, con immagini perfettamente realistiche, un 3D sobrio e immersivo senza essere sfacciato, un rendering dei personaggi digitali stupendamente espressivo, fluido e impeccabile, un motion capture subacqueo che lascia a bocca aperta, e una creazione straordinaria di un intero universo di creature, macchine e ambientazioni, andate a vederlo nel cinema meglio attrezzato, con lo schermo più grande possibile, l’impianto audio più potente e meglio calibrato e con il 3D più luminoso che potete raggiungere: da questo punto di vista ne vale assolutamente la pena.

Il livello degli effetti digitali delle creature è impeccabile e l’interazione di queste creature con l’acqua (un incubo assoluto per gli animatori digitali) è semplicemente perfetta. James Cameron, ancora una volta, ha fatto fare un balzo in avanti alla tecnologia di ripresa e al software di animazione.

Ma se nulla di tutto questo vi interessa, lasciate perdere. Il problema di così tanta perfezione degli effetti visivi e nella resa del 3D è che in pochi minuti ci si dimentica di guardare dei personaggi e degli ambienti interamente sintetici, li si accetta come reali... e a quel punto la tecnologia strepitosa passa in secondo piano e ci si accorge che la storia è inesistente, prevedibile, forzata e ricopiata dal film precedente aggiungendoci una spruzzata fin troppo sfacciata di Titanic e Star Wars.

Per citare Boris, il film ha tutti gli ingredienti classici di un prodotto generato da un algoritmo commerciale: c’è pure l’immancabile “storia teen”. Però siccome James Cameron è James Cameron, qui non si applica il borisiano “nun lo famo ma lo dimo”, ma è un “lo famo” continuo, roboante, chiassoso e ostentato. Oserei dire smarmellato.

Capisco che Cameron, con tutti i soldi che ci sono in gioco, abbia voluto scegliere una storia ipersemplificata, con un messaggio ambientalista facilone che viene spiattellato in faccia allo spettatore come se fosse un deficiente che ha bisogno dei disegnini per comprendere le cose più elementari. Per coprire le spese, questi film devono essere digeribili (culturalmente e anche politicamente) in ogni paese del mondo che abbia un numero significativo di spettatori potenziali paganti e quindi bisogna andare sul semplice e toccare valori universali e basilari, ma il risultato è una coloratissima, annacquatissima minestra riscaldata.

Sinceramente, se Cameron avesse lasciato perdere tutte le battaglie e gli scontri personali (forzatissimi) e avesse offerto tre ore di immagini delle creature e della vita su Pandora, con quella fantasia creativa, quella fotografia ricercata e quel senso del meraviglioso che spiccano nelle (poche) pause fra una scena d’azione e l’altra, Avatar - La via dell’acqua mi sarebbe piaciuto molto di più: le scene di “volo” subacqueo, per esempio, lasciano a bocca aperta per la bellezza, la qualità, la fluidità e il realismo.

La forza di Avatar non è la sua trama, ma la sua capacità di immergere lo spettatore in un universo ricchissimo, pieno di creature strane e colori stupendi, e di far sembrare tutto questo assolutamente reale. Peccato che in questo secondo film James Cameron abbia voluto raccontare più guerre che meraviglie.

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Aptera, l’elettrica iperefficiente solare, verrà fabbricata in Italia. A Modena

21 de Dezembro de 2022, 7:43, por Il Disinformatico

Ho già accennato in passato al progetto Aptera, un veicolo elettrico a due posti (più ampio bagagliaio) capace di fare fino a 1600 km con una singola carica e così efficiente (16 km/kWh o 6,25 kWh/100 km, il triplo di un’auto elettrica normale) da rendere praticabile la ricarica tramite pannelli fotovoltaici integrati nella carrozzeria ultra-aerodinamica (Cd/Cx 0,13), che danno fino a 65 km di autonomia gratuita al giorno semplicemente parcheggiandola al sole. Il modello base dovrebbe costare intorno ai 26.000 dollari. Il suo unico neo, perlomeno per le strade europee, è la larghezza (ben 2,23 metri).

Ora scopro, grazie al video che potete vedere qui sotto, che verrà assemblata in Italia, e specificamente a Modena. Sì, perché nel video, a 1:30, parla Thomas Vecchi, chief sales director di CPC, e spiega che Aptera ha uno stabilimento italiano e i prototipi sono già in giro. Non vedo l’ora di provare un’Aptera.

Questa è la direzione nella quale dovrebbe muoversi, secondo me, l’industria automobilistica: non verso i gigantismi di oggi (anche fra le auto elettriche), ma verso efficienze sempre maggiori. Perché con le materie prime e i consumi energetici di un’auto tradizionale si possono fabbricare e alimentare tre Aptera o simili, riducendo enormemente il problema della penuria di queste risorse; perché l’iperefficienza riduce drasticamente il problema dei tempi di ricarica e della necessità attuale di avere un posto auto elettrificato; e anche perché un veicolo più leggero ha meno massa da frenare ed è un pericolo minore per gli altri utenti della strada.

Di recente ho fatto una conferenza sulla mobilità sostenibile per i ragazzi e le ragazze delle scuole medie qui in Canton Ticino, e il loro wow quando ho mostrato l’Aptera è un buon segno.

Ora se solo riesco a convincere Aptera a fare una versione con le ruote anteriori che si avvicinano alla carrozzeria a bassa velocità, per ridurre gli ingombri in parcheggio...

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Aggiornamento: Dai commenti mi arriva la segnalazione che l’idea delle ruote rientranti è già stata implementata sulla biposto City Transformer, che passa da una larghezza di un metro a 1,40 quando è in movimento. La foto qui sotto spiega molto eloquentemente l’assurdità della situazione attuale, con automobili monumentali sulle quali troppo spesso c’è una sola persona.

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