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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Come generare immagini sintetiche di qualità senza avere computer superpotenti: Google Colab

6 de Janeiro de 2024, 17:00, por Il Disinformatico

Uno dei limiti della generazione di immagini attraverso software basati sull’intelligenza artificiale è la necessità di disporre di schede grafiche molto potenti e di RAM in abbondanza. Questi software, infatti, hanno una fame eccezionale di prestazioni, e comprensibilmente molti (me compreso) non se la sentono di investire qualche centinaio di euro (o più) per attrezzarsi specificamente a questo scopo.

C’è però un’alternativa che non richiede potenza di calcolo locale dell’utente. Si chiama Google Colaboratory, abbreviato in Colab, e consente di usare gratuitamente (ma a certe condizioni e con certe restrizioni) le potenti risorse hardware di Google per eseguire codice Python e vederne i risultati dentro una finestra del proprio browser.

Questo permette, per esempio, di eseguire su qualunque computer dotato di browser un generatore di immagini noto come Fooocus (si scrive proprio così, con tre O), gratuito e open source (licenza GPL-3.0) e relativamente più semplice da usare rispetto alle alternative, ottenendo tempi di generazione fulminei, misurabili in manciate di secondi. Con tempi di risposta del genere è possibile imparare molto in fretta come funzionano questi software e capire come costruire bene i complessi prompt (descrizioni) che dicono al software che genere di immagine produrre.

Per usare Fooocus in Colab è sufficiente andare a questo indirizzo con un browser e con un normale account Google:

https://colab.research.google.com/github/lllyasviel/Fooocus/blob/main/fooocus_colab.ipynb

Cliccate su Connect in alto a destra e attendete qualche istante: dovrebbe comparire l’indicazione T4. Se non compare, cliccate su Runtime - Change runtime type e scegliete Python 3 e T4 GPU.

Fatto questo, cliccate sull’icona Play a sinistra, ignorate pure eventuali avvisi a proposito di qualcosa “not authored by Google” e cliccate su Run anyway. A questo punto dovete aspettare che il software venga installato sulla macchina remota che state utilizzando.

Alla fine dell’installazione otterrete una lunga serie di messaggi, uno dei quali include una riga simile alla seguente:

Running on public URL: https://[numero].gradio.live

Questo è un link temporaneo che dura 72 ore: cliccandovi sopra accedete all’interfaccia di Fooocus. Qui potete sbizzarrirvi a immettere prompt e variare i parametri per generare quasi tutto quello che volete. Ho scritto quasi perché ci sono alcune restrizioni su certi tipi di contenuti facilmente intuibili. Non dimenticate che quello che generate qui è da considerare sorvegliato.

Per salvare le immagini generate è sufficiente trascinarle dalla finestra del browser al proprio desktop o file manager locale. Per dare un’immagine in pasto a al generatore si fa il contrario.

Se una generazione dà errore per qualunque motivo, scegliete Runtime - Restart session and run all, aspettate la reinstallazione e poi cliccate sul link alla nuova interfaccia web.

Queste, per esempio, sono due immagini generate in questo modo con il semplice prompt “A handsome Italian male astronaut in a heroic pose, wearing a sci-fi spacesuit, inside a futuristic space station with large windows. The Earth can be seen through the windows.” Tempo richiesto: 71 secondi (le soluzioni a pagamento di Colab offrono prestazioni ancora maggiori e altri vantaggi).


Niente male. Però sarebbe bello che un astronauta italiano portasse la bandiera del suo paese, per cui si può correggere l’immagine dandola in pasto a Fooocus e facendo quello che si chiama inpainting: si attivano le opzioni Input Image e Advanced, si trascina l’immagine da correggere su Inpaint or Outpaint, come Method si scegliere Modify Content, nel prompt si scrive qualcosa del tipo A rectangular Italian flag shoulder patch (le parole esatte sono importantissime), in Inpaint Additional Prompt si specifica replace red area with Italian flag patch o qualcosa di analogo, e infine si clicca su Generate. Volendo, nella scheda Settings si può chiedere di generare varie versioni in una sola sessione, cambiando il valore di Image number.

Con tempi di elaborazione dell’ordine del minuto scarso e la possibilità di generare varianti multiple in un colpo solo, è facile procedere per tentativi fino a ottenere l’effetto desiderato o qualcosa che gli si avvicina molto.

Un altro esempio di fotoritocco basato sull’inpainting riguarda questa foto, in cui la modella ha un viso molto grazioso ma un po’ asimmetrico: in particolare, il suo occhio sinistro è più piccolo di quello destro. Siamo quasi tutti asimmetrici in viso, ma qui si nota parecchio, per cui sarebbe utile correggere questa situazione.

Invece di doversi rivolgere a un fotoritoccatore professionista, è sufficiente ordinare a Fooocus improve symmetrical eyes e fargli produrre qualche variante, scegliendo poi la migliore.

Notate, fra l’altro, la bellezza della composizione, la luce perfettamente diffusa sul volto della modella nonostante la fonte principale di luce sia la finestra alle sue spalle, l’uso della profondità di campo ridotta che fa spiccare la spalla sinistra e il viso rispetto allo sfondo (la spalla destra è già fuori fuoco). È una gran bella foto, a prescindere dal soggetto. Ma...

...se non vi dicessi che è sintetica anche nella versione iniziale, ve ne accorgereste? Più in generale, guardandola sullo schermo del telefonino, quanti si accorgeranno della finzione? Considerato quanto sono ritoccate anche le foto delle modelle reali, ha importanza?

Queste immagini le ho generate io con qualche settimana di studio e di prove nei ritagli di tempo; un professionista sa fare sicuramente di meglio (e già vedo circolare i primi esempi di modelle fotorealistiche che si muovono e ballano e fanno... beh, altre cose), ma questa professione (il prompt engineer) deve ancora nascere e formarsi.

Se fossi un fotografo o una modella, comincerei a preoccuparmi del mio lavoro: questa tecnica elimina i costi di viaggio, vitto e alloggio, il noleggio delle location, i costumi, il trucco, l’acconciatura. Anche perché a questa modella virtuale si possono far indossare, per esempio, i gioielli di un intero catalogo. Ecco un piccolo esempio, sempre fatto da me in una decina di minuti usando Colab e un pizzico di fotoritocco digitale tradizionale:

Ne vedremo delle belle.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Mastodon messo a dieta: come eliminare automaticamente i propri post obsoleti, tenendo quelli ancora utili

6 de Janeiro de 2024, 7:03, por Il Disinformatico

Una delle particolarità di Mastodon è che consente agli utenti di impostare il proprio account in modo da eliminare automaticamente i post dopo un certo periodo di tempo. Molti post, infatti, sono significativi sul momento ma poi cessano di essere utili e appesantiscono il database dell’istanza dove si ha l’account.

Mastodon.uno, l’istanza presso la quale ho il mio account, ha segnalato a fine dicembre che il suo database sta raggiungendo i 100 GB:


Nel post, l’admin nota che “Quello che scrivete, commentate, rebloggate ha un peso nel database e questo ha un impatto economico ed ambientale su tutto il fediverso (serve maggiore potenza ed energia), i messaggi vengono ricopiati in tutte le istanze, quindi 10, 100, 1000 volte, dipende da quanti follower avete.”

Eliminare i post che non hanno più alcuna utilità, specialmente se contengono immagini, aiuta moltissimo a tenere ridotto il peso del proprio account e anche il suo impatto economico/ambientale.

Visto che io sono colpevole di almeno una immagine di gatti al giorno (per via della mia pseudo-rubrica Il Gatto Del Giorno), che pesa parecchio anche se la riduco di dimensioni e risoluzione, e visto che una volta passata la giornata quel post non serve più e ho circa 11.000 follower, ho attivato l’opzione di Mastodon che mi permette di cancellare automaticamente tutti i post vecchi più di sei mesi, salvo quelli che ho marcato con segnalibro, quelli che ho marcato come apprezzato, e i messaggi diretti. Così se per caso scrivo qualcosa che ritengo degno di essere conservato lo marco con un segnalibro, mentre lascio che l’oblio seppellisca il resto.

Di solito l’opzione si trova sotto https://[nome istanza]/statuses_cleanup.


Se siete su Mastodon, fateci un pensierino anche voi.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Vignetta elettronica svizzera, prova pratica. Utile anche per i turisti

4 de Janeiro de 2024, 5:40, por Il Disinformatico
In Svizzera non ci sono mai code ai caselli autostradali semplicemente perché non esistono i caselli: gli automobilisti e motociclisti (anche esteri) che usano le autostrade nazionali contribuiscono al loro finanziamento attraverso una tassa annuale di 40 CHF (43 euro, al cambio attuale) per ciascun veicolo. Questa tassa viene riscossa e verificata tramite un particolare contrassegno adesivo, la vignetta, che va applicato in modo visibile e non rimovibile alla superficie interna del parabrezza dell’auto o a una parte non rimovibile (anche se non visibile) della moto.

Senza vignetta non è consentito circolare sulle autostrade e semiautostrade svizzere ma si può circolare liberamente su tutte le altre strade: per esempio, un turista che non percorre le autostrade può viaggiare in Svizzera senza comprare una vignetta. Se lo beccano in autostrada senza vignetta sono guai. La vignetta dura 14 mesi: da inizio dicembre dell’anno precedente a fine gennaio dell’anno successivo.

Comprare e applicare la vignetta nuova per poi raschiar via quella vecchia (fatta apposta per disintegrarsi in mille pezzetti) è uno dei rituali della vita in Svizzera. Da metà del 2023, però, è possibile acquistare in alternativa il contrassegno elettronico o e-vignetta, che elimina quest’incombenza e ha il grosso pregio aggiuntivo di coprire due veicoli per chi, come me, ha le targhe trasferibili.

* Lo so che sembra strano, ma in Svizzera si possono avere due auto immatricolate con la stessa targa. La targa è facilmente rimovibile e trasferibile da un veicolo all’altro. Le due auto del Maniero, Elsa e Tess, condividono la targa. Questo riduce moltissimo le tasse annuali, ma in compenso può circolare uno solo dei due veicoli in un dato momento; non possono circolare entrambi contemporaneamente. A noi questa soluzione va benissimo, visto che guidiamo una sola delle auto per volta e non ci capita mai di doverle usare contemporaneamente.

La vignetta adesiva tradizionale, invece, copre il singolo veicolo, per cui anche chi ha le targhe trasferibili si trova a doverne comprare due. Così quest’anno sono passato alla e-vignetta, che ha anche altri pregi: può essere comprata online a qualunque ora e anche dall’estero, evitando quindi ai turisti la perdita di tempo dell’acquisto in frontiera.

La procedura è piuttosto semplice. Per prima cosa si va sul sito e-vignette.ch, che porta alla sezione apposita del negozio online della Confederazione. Diffidate di qualunque link o sito alternativo e digitate sempre a mano il nome del sito e-vignette.ch; sono già attivi siti-truffa che cercano di approfittare della novità e della distrazione degli utenti.

Fatto questo, si clicca su Acquistare sotto l’icona del contrassegno elettronico 2024, si sceglie la categoria (nel mio caso, Veicolo a motore), il paese di immatricolazione (Svizzera, per me, ma si può scegliere il proprio paese se si è turisti), si inserisce due volte il numero di targa completo e infine si sceglie se permettere ad altri di sapere se è già stata emessa una e-vignetta valida per quel veicolo (questo è utile per chi usa veicoli a noleggio oppure in car sharing).

Fatto questo, si aggiunge la e-vignetta al carrello (cliccando su Aggiungi al carrello), si immette facoltativamente un indirizzo di mail al quale farsi spedire la conferma d’acquisto, si accetta la dichiarazione sulla protezione dei dati e finalmente si clicca su Vai alla cassa.

Il pagamento è effettuabile con Mastercard, Visa, American Express, Postfinance, l’online banking della Posta, Twint (un servizio di pagamento online molto popolare in Svizzera) e Google Pay.

Quando l’operazione va a buon fine, il sito avvisa che non è necessario stampare la ricevuta o portarla con sé in altra forma: in caso di controllo verrà verificata soltanto la targa. “Il controllo del contrassegno elettronico avviene tramite verifiche a campione della targa di controllo al confine da parte dei collaboratori dell'Ufficio federale della dogana e della sicurezza dei confini (UDSC), nonché all'interno del Paese dalla polizia. Non sono previsti impianti per i controlli automatizzati”, scrive l’UDSC stesso.

Ho lasciato intenzionalmente visibile la targa perché è un riferimento a Star Trek.

Addio raschietti e alcool e truciolini di plastica sparsi per l’abitacolo. I tradizionalisti possono comunque continuare con la vignetta fisica, che rimane disponibile.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Oggi alle 11.30 sarò su Radio3scienza per parlare di “Carrying the Fire”

3 de Janeiro de 2024, 13:38, por Il Disinformatico
Ultimo aggiornamento: 2024/01/03 16:15.

Buon 2024! Stamattina alle 11.30 sarò ospite di Radio3scienza insieme a Diego Meozzi e Piero Bianucci per parlare di Carrying the Fire, la traduzione italiana dell’autobiografia dell’astronauta lunare Michael Collins.

Ricordo che l’e-book costa 11,99 euro; il libro cartaceo costa 25 euro e si estende su 462 pagine. È ampiamente illustrato e corredato da un sito gratuito, aperto a tutti, pieno di foto personali e storiche di Michael Collins: Carryingthefire.it. Potete inoltre leggere gratuitamente un assaggio del libro sul sito dell’editore.

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2024/01/02 15:50. Il podcast della puntata è disponibile qui. Noi cominciamo a 6:45.

Per l’occasione il conduttore ci ha chiesto, fuori onda durante la preparazione della puntata, di spiegare come mai proprio Collins si guadagnò il primato di “uomo più solo dell’universo” quando i suoi compagni scesero sulla Luna e lui rimase in orbita ad attenderli, perdendo il contatto radio con loro e con tutto il resto dell’umanità ogni volta che passava sopra la faccia nascosta della Luna.

Collins, infatti, non fu il primo astronauta a separarsi dai suoi compagni di missione dietro la Luna: due mesi prima di lui ci fu John Young, pilota del Modulo di comando e servizio (il veicolo spaziale principale) della missione Apollo 10, che a maggio del 1969 volò verso la Luna, si inserì in orbita intorno al nostro satellite e fece scendere fino a 14 chilometri dalla superficie lunare gli altri due membri dell’equipaggio, Tom Stafford e Gene Cernan, a bordo del Modulo lunare. Ma allora perché la definizione di “uomo più solo dell’universo” fu applicata soltanto a Collins?

Sapreste rispondere?

Pubblicherò stasera la risposta: per chi non vuole attendere, la trova commentata nell’HTML di questo post.

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2024/01/03 16:15. Ecco la risposta: John Young, nel Modulo di comando e servizio (CSM), non fu mai fuori contatto radio e/o visivo rispetto ai suoi compagni Gene Cernan e Stafford quando si allontanarono a bordo del loro Modulo lunare (LEM). Durante la loro missione, Apollo 10, la distanza massima fra LEM e CSM fu di circa 340 miglia nautiche (circa 630 km) durante le otto ore di volo separato dei due veicoli.

Invece Collins, in Apollo 11, rimase separato dai compagni per 21 ore circa e perse il contatto radio con loro e con la Terra ripetutamente a ogni suo passaggio oltre l’orizzonte lunare ("dietro" la Luna dal punto di vista terrestre). Lui sì che fu realmente isolato da tutti gli altri esseri umani esistenti.


Fonti: Apollo 10 Press Kit, pag. 21; Apollo 10 Flight Journal; Space.com; per Apollo 10, undocking a 98:11:57 e docking a 106:22:02 secondo l’Apollo 10 Mission Report, pagg. 14-15; lo stesso rapporto indica, a pag. 4-1, che “The lunar module was separated from the command module for 8 hours in lunar orbit, and the maximum separation distance was 340 miles.”

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Antibufala: Sole 24 Ore, “Lo smartphone ci ascolta? Cominciano ad arrivare le prime evidenze”. Ma anche no

3 de Janeiro de 2024, 13:36, por Il Disinformatico

Il 28 dicembre scorso il Sole 24 Ore ha pubblicato un articolo intitolato “Lo smartphone ci ascolta? Cominciano ad arrivare le prime evidenze”, a firma di Marco Trabucchi. Il titolo è fuorviante e l’articolo rischia di creare un allarmismo inutile e ingiustificato.

In sintesi, il titolo suggerisce che tutti i telefonini siano impostati automaticamente per ascoltarci. Non è così, neppure secondo la fonte citata proprio dal Sole, che purtroppo non ha linkato la propria fonte. Però l’ho trovata io per voi, e la storia che racconta è parecchio diversa da quella suggerita dal titolo: si tratta di un ascolto reso possibile solo se si installa una specifica app che lo includa e solo se si accetta l’attivazione del microfono, che viene esplicitamente chiesta all’utente dal sistema operativo (Android o iOS). Non è una funzione incorporata o generalizzata presente in tutti i telefonini.

Quindi no, lo smartphone non ci ascolta: semmai è la singola app che può tentare di chiederci il permesso di ascoltarci. Se glielo neghiamo, le salvaguardie presenti nei sistemi operativi non le consentono di accedere al microfono. Che è esattamente quello che era già successo nel 2019 con l’app calcistica spagnola.

Niente di nuovo sotto il sole*, insomma, ma la vicenda è un promemoria utile del fatto che non bisogna installare app a casaccio e soprattutto non bisogna concedere alle app di avere accesso a fotocamera e microfono senza un fondato motivo, perché le aziende di marketing ci provano in continuazione: per loro, noi non siamo persone, siamo consumatori. Siamo polli da spennare. A loro non interessa se la loro app registra le vostre conversazioni intime con il vostro medico o le prime esperienze amorose di vostra figlia: ci proveranno, e continueranno a provarci, per cui è doveroso fare resistenza.

* Gioco di parole non intenzionale, ma lo lascio lo stesso.

Usate le app conosciute, fate attenzione a richieste strane di permessi di accesso e sarete a posto: ci penseranno gli esperti a leggersi le condizioni d’uso delle app più famose e rivelare eventuali clausole che prevedano l’ascolto automatico e indiscriminato delle conversazioni.

E se proprio non vi fidate nemmeno degli esperti indipendenti e siete convinti che comunque il vostro telefonino vi spii, allora che ci fate ancora con uno smartphone addosso?


Se volete tutti i dettagli, ho pubblicato una versione estesa di questo articolo su Patreon, ad accesso gratuito. Sto facendo un po’ di prove; ditemi cosa ne pensate nei commenti qui sotto.

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