Giovanissimi in fuga da Facebook, dice sondaggio USA
June 1, 2018 3:39![]() |
Fonte: Wikimedia. |
Nel 2015, un sondaggio analogo dello stesso ente aveva rilevato che il 71% dei ragazzi e delle ragazze fra 13 e 17 anni usavano Facebook, circa il 50% usava Instagram e il 41% usava Snapchat. Oggi, soltanto tre anni più tardi, Facebook è sceso al 51%, Instagram è salito al 72% e Snapchat ha raggiunto il 69%.
Il sito più usato, secondo le dichiarazioni dei giovani utenti, è Youtube o Snapchat per un terzo degli interpellati, Instagram per il 15%, Facebook per il 10%; seguono Twitter (3%), Reddit (1%) e Tumblr (meno dell’1%).
Lo stesso sondaggio nota altre tendenze significative: oggi il 95% degli interpellati fra 13 e 17 anni d’età dichiara di avere uno smartphone o di poterne usare uno, mentre tre anni fa la percentuale era il 73%; e il 45% degli intervistati dice di usare oggi Internet “quasi costantemente”, rispetto al 24% del 2015.
I dati sono riferiti agli Stati Uniti e quindi non è detto che valgano anche per l’Europa, ma la mia impressione personale, andando nelle scuole e chiedendo agli studenti quali social network usano, è che Facebook stia calando molto rapidamente e che sia ormai un social network “da vecchi”. I dati di un sondaggio britannico di eMarketer del 2018 sembrano confermare questa tendenza.
Assistenti vocali troppo pettegoli: Amazon Echo cattura e invia conversazione privata
June 1, 2018 3:09![]() |
Amazon Echo in versione HAL. Credit: Cryteria (CC-BY). |
Un assistente vocale (o “altoparlante smart”) Echo di Amazon, installato in una casa a Portland, in Oregon, ha ascoltato, registrato e inviato una conversazione privata tra moglie e marito a un conoscente degli abitanti della casa che vive a Seattle. Amazon ha confermato la notizia.
Tutto è iniziato a metà maggio scorso con una telefonata da uno dei dipendenti della coppia, che avvisava di scollegare subito i dispositivi di Amazon presenti in casa perché erano stati “hackerati”. Il dipendente ha spiegato che aveva ricevuto dei file audio che contenevano registrazioni delle conversazioni avvenute nella casa. La coppia, inizialmente incredula, ha dovuto ricredersi quando il dipendente ha descritto il contenuto di una conversazione e poi gliel’ha fatta riascoltare.
Amazon, contattata dalla coppia, si è scusata, ha analizzato i log dell’altoparlante smart e ha spiegato come è avvenuta la violazione della sfera privata: il dispositivo Echo, permanentemente in ascolto, ha captato delle parole nella conversazione della coppia che ha interpretato come un comando di attivazione (il comando standard è il nome Alexa). Poi ne ha captate delle altre che ha interpretato come una richiesta di inviare un messaggio (send message).
A questo punto Echo ha detto “To whom?” (“A chi?”) e poi si è messo in ascolto in attesa che qualcuno dicesse il nome del destinatario del messaggio. La coppia, ignara della richiesta e del microfono aperto, ha proseguito la propria conversazione ed Echo ha interpretato alcune delle loro parole come il nome di una persona presente nella rubrica dei contatti.
Echo ha poi chiesto conferma dicendo “[nome del contatto], right?” e si è messo in attesa di una risposta. Intanto la coppia ha continuato a parlare ed Echo ha interpretato erroneamente alcune delle loro parole come una conferma (“right”) e quindi ha inviato il messaggio, contenente un brano della conversazione.
In sintesi:
- Coppia: bla bla bla bla bla
- Echo capisce che gli è stato ordinato di mandare un messaggio e chiede “A chi?”
- Coppia: bla bla bla bla bla
- Echo capisce che gli è stato detto il nome del contatto a cui mandare il messaggio e chiede “A [nome], giusto?”
- Coppia: bla bla bla bla bla
- Echo capisce che gli è stato risposto “Giusto”, inizia a registrare il “messaggio” e lo manda al contatto.
Tre errori di interpretazione concatenati sono un evento improbabile, certo, ma l’evento improbabile è avvenuto, dimostrando chiaramente che questi dispositivi possono fraintendere facilmente i comandi vocali e addirittura inventarsene quando non ne sono stati dati.
La coppia ha chiesto ad Amazon il rimborso dei dispositivi Alexa. Amazon per ora non ha accettato e ha dichiarato che sta prendendo “misure affinché questo non succeda in futuro”.
Fonte aggiuntiva: Ars Technica.
Il primo attacco informatico della storia...nel 1834?
May 31, 2018 19:28A quando risale il primo abuso di un sistema di telecomunicazione, o di hacking nella terminologia moderna? Secondo questo articolo di Tom Standage, al 1834.Ovviamente a quell’epoca non c’era Internet e non esistevano i computer, ma la Francia aveva comunque già una sua rete di telecomunicazione nazionale, inaugurata addirittura nel 1794, in piena Rivoluzione Francese: era il telegrafo ottico, composto da catene di torri di segnalazione, piazzate a distanze da 8 a 10 chilometri l’una dall’altra e dotate di un braccio rotante che reggeva due bracci più piccoli alle estremità.
Questi bracci potevano essere orientati in vari modi per comporre un complesso codice di simboli, che venivano trasmessi da una torre all’altra con un sistema molto semplice: l’operatore della torre ricevente guardava con il cannocchiale i simboli mostrati dalla torre trasmittente e poi li ripeteva muovendo i bracci della propria torre. I suoi movimenti venivano visti dall’operatore della torre successiva, che li ripeteva a sua volta, e così via finché il messaggio arrivava a destinazione.
Con questo sistema i messaggi viaggiavano a circa 500 chilometri l’ora, coprendo per esempio la distanza fra Parigi e Lille (230 km) in una mezz’oretta, in un’epoca nella quale l’alternativa più celere, un corriere a cavallo, avrebbe impiegato almeno trenta ore. La Francia costruì una rete di 556 stazioni semaforiche che coprivano circa 4800 chilometri, e altri paesi europei realizzarono reti analoghe.
Visti i vantaggi strategici delle comunicazioni rapide, il telegrafo ottico era riservato ad usi governativi e militari. Napoleone Bonaparte portava sempre un telegrafo ottico portatile nel proprio quartier generale e fece estendere la linea da Parigi a Milano, Torino e Venezia.
Per tutelare la riservatezza dei messaggi veniva usata una forma di cifratura, per cui i telegrafisti non conoscevano il contenuto dei messaggi che ripetevano. Soltanto chi inviava un messaggio e chi lo riceveva potevano decodificarlo. In altre parole, il telegrafo ottico aveva la crittografia end-to-end come ce l’ha oggi WhatsApp. Era Internet in versione steampunk.
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By Jeunamateur - Own work d'après "La télégraphie Chappe", FNHAR, 1993, CC BY-SA 3.0, Wikimedia. |
Se vi interessano i dettagli tecnici e la storia del sistema, su Difesa.it (tramite Archive.org) trovate un ricchissimo approfondimento (PDF) del professor Francesco Frasca. Altre informazioni sono su Wikipedia e su Posta e società.
Ma come fu possibile “hackerare” un sistema di telecomunicazione militare cifrato, e soprattutto perché? E chi furono questi proto-hacker?
Hacker nel 1834
È qui che entrano in scena i fratelli François e Joseph Blanc, due banchieri che operavano sulla borsa di Bordeaux. Assoldarono a Parigi un collaboratore che teneva sotto osservazione la borsa parigina, la più importante e influente di Francia, e passava informazioni sugli andamenti più significativi a un operatore del telegrafo ottico a Tours, sulla linea che trasmetteva i dati fino a Bordeaux.
Siccome la rete telegrafica era solo per uso governativo e un messaggio non autorizzato sarebbe stato immediatamente evidente a tutti, i fratelli Blanc trovarono il modo di annidare i propri messaggi dentro quelli autorizzati: usarono i simboli adoperati per indicare le correzioni.
I due corruppero l’operatore telegrafico a Tours, dandogli istruzioni di commettere degli errori molto specifici nelle trasmissioni, lasciando che si propagassero lungo la linea, e poi di correggerli poco dopo. Gli errori rappresentavano in codice gli andamenti di borsa a Parigi. Un complice che viveva vicino all’ultima stazione lungo la linea, vicino a Bordeax, prendeva nota degli errori e li riferiva ai fratelli Blanc. In termini moderni, i Blanc usavano la steganografia.
Il sistema consentì ai fratelli Blanc di conoscere gli andamenti parigini (e i loro effetti sulla borsa di Bordeaux) cinque giorni prima dei propri concorrenti locali, visto che la posta da Parigi ci metteva appunto cinque giorni ad arrivare a Bordeaux tramite carrozze trainate da cavalli, e così i fratelli guadagnarono giocando d’anticipo.
Riuscirono a farla franca per due anni, fino a quando il loro operatore complice si ammalò e rivelò tutto a un amico dal quale sperava di farsi sostituire. Quando i fratelli Blanc furono smascherati, le autorità si accorsero che non c’erano leggi che vietavano l’iniezione di messaggi privati nella rete del telegrafo ottico e quindi i due rimasero a piede libero.
Morale della storia: le intrusioni nelle reti restano spesso invisibili a lungo, perché gli intrusi non hanno interesse a farsi notare; l’elemento più fragile della catena della sicurezza è quello umano, per cui pensare alla sicurezza solo in termini di tecnologia è sbagliato; e c’è sempre un modo per abusare di qualunque sistema, specialmente se c’è un incentivo economico per farlo. La storia dei fratelli Blanc dimostra che queste sono regole senza tempo.
Fonte aggiuntiva: Inc.com.
La Psicosi del Furgone Bianco
May 31, 2018 4:06È facile dare la colpa delle fake news alle testate giornalistiche o ai siti Web che non controllano le notizie prima di pubblicarle. Ma a volte la notizia falsa la fabbrichiamo o la alimentiamo noi utenti, perché non siamo abituati a questo nuovo ruolo di disseminatori di notizie e facciamo fatica a renderci conto che la voce digitale di qualunque utente di Facebook o WhatsApp, oggi, ha lo stesso potere di diffusione di quella di un’emittente radio o TV o di un giornale e può causare danni enormi.Prendete per esempio l’allarme per un furgone bianco, guidato da un pedofilo pronto a rapire i bambini per esempio vicino alle scuole. Questo allarme viene segnalato in moltissime località, non solo in Italia, ma in tutto il mondo, e da molti anni, come rivela una rapida ricerca in Google News. In Italia si trovano casi a Zerbo (PV) (2016), Zeccone (PV) (2014), Lecco (2016), Ragusa (2017); all’estero spiccano Australia (2013 e 2011) e Regno Unito (2011). E questi sono solo i primi casi che ho trovato.
Questo vuol dire che o c’è un esercito internazionale di rapitori di bambini che hanno tutti scelto lo stesso metodo di operare e si ostinano a usarlo nonostante sia ormai conosciuto da anni, cosa piuttosto improbabile, oppure la notizia è falsa ed è una diceria che si perpetua e apparentemente si conferma perché in effetti i furgoni bianchi sono molto comuni e capita che qualcuno di essi passi nelle vicinanze delle scuole, ma per motivi assolutamente innocenti, e che qualche genitore ansioso interpreti male questo passaggio.
La variante più recente circola in questi giorni su WhatsApp: un messaggio include una foto di una donna e una voce femminile che dice che la donna nella foto si aggira nel quartiere insieme ad altre due persone e, nel momento in cui i bimbi escono da scuola o vi entrano, la donna ne prende uno e se lo porta via. La voce racconta che “è successo a questa mamma, mentre stava pagando alla cassa la bambina era già stata presa per mano e portata fuori dal bar. Meno male che la nonna se ne è accorta e gliel’hanno strappata dalle mani.”
Inquietante, certo, ma l’allarme è anonimo e non fornisce alcun dettaglio concreto: non indica né dove né quando sarebbe avvenuto questo tentato rapimento. Non specifica la scuola in questione e neppure la città. In altre parole, ha tutte le caratteristiche perfette per diventare un allarme che vale in eterno e in qualunque luogo, esattamente come la storia del furgone bianco, facendo leva sulle nostre paure.
WhatsApp è in grado di tracciare il passaparola di quest’allarme e risalire alla sua fonte per chiedere chiarimenti, ma per ora non risulta che l’abbia fatto. Inoltre il caso è già stato segnalato alla Polizia Postale dal collega debunker David Puente. Nel frattempo, se vogliamo dare una mano a contrastare le fake news, conviene evitare di far circolare questo genere di allarme privo di conferme e di riferimenti di luogo e di tempo e in particolare questo nuovo, perché c’è il rischio che qualcuno riconosca, o creda di riconoscere, la donna nella foto e la prenda di mira, come è successo a marzo del 2016 con il proprietario di un furgone bianco a Sant’Angelo di Piove, nel Veneto: era innocente, ma è stato additato e perseguitato come un orco da chi condivideva sui social senza riflettere.
La sua storia è stata raccontata anche da Una vita da social, la pagina Facebook ufficiale della Polizia di Stato italiana, che riporta le parole amare della vittima di una vera e propria psicosi, nata oltretutto da una stupida, irresponsabile bugia:
[...] nella mattinata di lunedi 22 febbraio [2016] sono venuto a conoscenza da mia moglie che su Whatsapp e in seguito su tutti gli altri social, stava girando un messaggio vocale con il quale una mamma di Sant'Angelo di Piove segnalava un potenziale adescamento a danno di minori e la descrizione del mezzo e del conducente erano quelli del mio veicolo.Così mi sono recato subito dalle forze dell'ordine di Piove di Sacco, dove mi hanno confermato la segnalazione fatta alla stessa stazione dai genitori dei bambini. In presenza sia degli agenti che dei genitori è stato chiarito il malinteso: tutto è nato da una bugia raccontata dai loro figli chissà per quale motivo, amplificata mediaticamente dal messaggio vocale diventato fortemente virale nei social network. L'errato allarmismo in Whatsapp, Facebook e perfino in qualche quotidiano on-line, era partito quindi prima della fine delle indagini delle forze dell'ordine. Inoltre nel weekend, a mia totale insaputa, il mio furgone (con targa ben in vista e con me e la mia famiglia all'interno), vista la sua particolarità, è stato più volte riconosciuto e fotografato ad incroci e semafori, e le foto sono state poi postate nei social network con commenti e appellativi nei miei confronti tutt’altro che piacevoli.
Ricordatevene, prima di condividere allarmi che possono rovinare una vita.
Comunicazione di servizio: problemi nei commenti su Blogger.com
May 30, 2018 8:05Da qualche giorno non ricevo più le mail automatiche di Blogger.com contenenti le notifiche e i testi dei commenti inviati e in attesa di approvazione. Di conseguenza sto avendo problemi e rallentamenti nella moderazione dei commenti.
Posso sapere dell’arrivo di nuovi commenti soltanto tramite l’interfaccia Web di Blogger, che però non mostra tutto il testo del commento. Inoltre non mi arrivano neanche le mail di notifica dopo la pubblicazione di un commento.
Questo problema è iniziato quasi contemporaneamente con l’entrata in vigore della GDPR, per cui potrebbe esserci un nesso. Nell’interfaccia di gestione di Blogger è comparso l’avviso "Blogger non supporta più OpenID. I commenti OpenID esistenti e le tue impostazioni OpenID potrebbero aver subito dei cambiamenti", ma è tutto quello che so, per ora.
Se avete maggiori informazioni, scrivetele nei commenti. Sperando che io me ne accorga :-)
Scusate l’inconveniente.
2018/05/30 12:55
Stando ad alcune risposte nelle pagine di aiuto di Blogspot (“We're currently tweaking our emailing system, but we expect it to be working again within the next week. Thank you for your patience - we look forward to getting it out soon!”), si tratterebbe di un problema generale di Blogspot.
Ho provato a togliere e rimettere gli indirizzi di mail ai quali arrivano le notifiche, come suggerito qui, ma non è cambiato nulla.
Ho inoltre cambiato l’impostazione di chi può inserire commenti (sotto Impostazioni - Post, commenti e condivisione) da Utente con Google Account a Chiunque - inclusi gli utenti anonimi. Nessun cambiamento.