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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

FAQ: No, non ho una “newsletter”

24 de Janeiro de 2023, 7:05, por Il Disinformatico

Ogni tanto mi arriva una mail di qualche lettore che chiede se per caso ho interrotto la “newsletter” di questo blog che riceveva fino a qualche mese prima o se ci sono problemi di invio o ricezione.

Non ho nessuna newsletter: quella che gestivo tramite Peacelink, denominata IxT o Internet per tutti, l’ho chiusa nel 2009, dopo anni di stillicidio di disservizi, perché i filtri antispam e altri problemi di distribuzione la rendevano impraticabile, come ho raccontato per esempio in questo articolo.

Però esistono, o esistevano, alcuni servizi non gestiti da me che inviano via mail i miei post su questo blog: per esempio Feedburner/Feedproxy di Google. Se ricevete i miei articoli via mail, non ve li sto mandando io, ma forse uno di questi servizi: se incontrate problemi, rivolgetevi a loro, perché io non posso farci assolutamente nulla.

Per seguire questo blog consiglio di usare i feed RSS.

 

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.


Lo strano caso dello spam in latino

23 de Janeiro de 2023, 17:13, por Il Disinformatico

Illustrazione proposta da Lexica.art chiedendo “spammer reading in Latin”.

Diversi amici e lettori mi hanno segnalato di aver ricevuto una mail di spam in latino molto scadente che parla di una fantomatica eredità e ringrazia per l’aiuto prestato nel trasferirla da un paese a un altro, offrendo in segno di gratitudine una altrettanto fantomatica tessera Bancomat con un milione e mezzo di dollari di credito. 

In tutti i campioni che mi sono stati segnalati il testo è esattamente questo:

Bonus dies, mi amice, quid agis?

Longissimum tempus. Gaudeo te certiorem facere de meis rebus in accipiendis pecunia illa hereditatis sub cooperatione novi e patria tua translata.

Mox in INDIA sum incepta pro obsidione cum mea portione totius summae. Interim non oblitus sum praeteritorum laborum et conatum adiuvandi me in transferendis illis pecuniarum hereditatibus, quamvis aliquo modo nobis defecerit.

Nunc secretarium meum in LOME Togo Africae occidentalis contactum, nomen eius MRS JESSE ROBERT in inscriptionem electronicam (jessyrobert1991@gmail.com) pete ut tibi summam totalis ($1,500,000.00) tibi mitteret, cuius ego decies centena millia quingenti milia civitatum unitarum. pro recompensatione tua conservata pro omnibus praeteritis laboribus et conatibus me in re gerenda adiuvandum.

Tuam operam per id tempus valde probabam. Libenter igitur senties et contactum secretarii mei MRS JESSE ROBERTI et eam instrue ubi ad te mitteret ATM CARD summae totalis ($1,500,000.00). Fac ut sciam statim a te accipias ut post omnem passionem tunc gaudeam participare possimus. In momento, hic valde occupatus sum propter incepta collocanda, quae cum novo socio meo in manibus habeo, tandem meminerim me mandavisse pro te mandasse secretario meo ut ATM CARD exciperet (1,500,000.00)  sic sentire. cum ea libere attingas, quantum tibi sine ulla dilatione mittet.

Optime respicit,
D. Eugenius Albert.

Non ho idea del motivo per cui lo spammer/truffatore abbia scelto il latino. Un modo per tentare di eludere i filtri antispam? Una tattica per incuriosire il destinatario? Avete teorie in proposito?

Le prime ipotesi arrivate: 

“Ho una soluzione: il latino è percepito come "Lingua franca della Chiesa", no? Semplicemente si passa dal "principe Nigeriano" all'"ammanicato delle banche Vaticane" come esempio di grande ricchezza” (Bufale.net su Mastodon

“temo che qualcuno, nel configurare il bot, abbia invertito il parametro Latin del set di caratteri al posto del parametro italian inerente la lingua di output del traduttore automatico.” (Informapirata su Mastodon)

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Liberare spazio in una casella Gmail eliminando gli allegati ma non le mail: Unattach

22 de Janeiro de 2023, 17:50, por Il Disinformatico

Le caselle gratuite di Gmail sono capienti (circa 15 GB) e aumentarne le dimensioni pagando non è difficile. Ma se ricevete o mandate tanti allegati, noterete che riempiono molto spazio. È facile dimenticarsi che un singolo allegato da 10 MB equivale a circa 10.000 mail, in termini di spazio occupato (presumendo che una mail di solo testo occupi mediamente 1 KB).

La soluzione semplice è cancellare le mail che contengono allegati pesanti che non vi servono più: è possibile elencarle andando in Gmail e digitando nella casella di ricerca

has:attachment larger:[dimensioni] 

Per esempio,  

has:attachment larger:10M 

elenca tutte le mail che hanno un allegato di dimensioni superiori ai 10 MB. 

Questo filtro può essere affinato ulteriormente, per esempio specificando un mittente se avete qualcuno che vi manda tanti allegati che dopo qualche tempo non vi serve più avere in archivio nella mail. Per esempio,

has:attachment larger:1M from:pippo@pippo-e-pluto.com older_than:1y

elenca tutte le mail con allegato grande almeno 1 MB che avete ricevuto da pippo@pippo-e-pluto.com almeno un anno fa. L’elenco completo degli operatori di Gmail offre molte altre opzioni.

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Questo metodo, però, ha il difetto che elimina non solo l’allegato ma anche la mail associata all’allegato. Se avete bisogno di conservare la mail, che è leggera, ma non il suo ingombrante allegato, per esempio per tenere traccia di comunicazioni di lavoro, in Gmail non c’è modo di farlo. Alcuni client, come per esempio Thunderbird, offrono quest’opzione, ma Gmail no.

Una soluzione è la web app Unattach, che consente appunto di eliminare gli allegati lasciando però intatte le mail corrispondenti; l’allegato viene sostituito da una nota, in calce alla mail, che descrive l’allegato rimosso.

Per usare Unattach, che è gratuita nella versione limitata a 30 mail/mese e costa 10 euro/dollari/franchi l’anno nella versione Basic che non ha questo limite, si va a https://unattach.app e si clicca su Get Started o su Try with our free plan, poi si clicca su Sign up with Google (oppure si crea un account con mail e password), si accetta la richiesta di collegare il proprio account Gmail a Unattach (è un permesso revocabile), si accettano le condizioni d’uso e l’informativa sulla privacy e si clicca su Start Unattach.

Fatto questo, si clicca su Sign in to Gmail per dare gli ulteriori consensi (Unattach deve poter leggere e scrivere nell’account di posta) e si può cominciare.

Nella scheda Basic search si può fare una ricerca semplice, basata sulle dimensioni degli allegati: compare un elenco delle mail che soddisfano il criterio, ordinabile per dimensioni, data, mittente e oggetto.

Nella scheda Advanced search, invece, si possono immettere gli stessi operatori che si possono usare in Gmail, e quindi per esempio si possono cercare le mail che hanno allegati e sono state inviate da uno specifico mittente prima di una certa data.

Si può scegliere di cancellare la mail, scaricare gli allegati, rimuoverli o ridurne le dimensioni se sono immagini. Fatto questo, si selezionano le mail che interessano, si clicca su Process Selected Emails, e il gioco è fatto. Nel mio caso ho 2265 mail con allegati risalenti a più di due anni fa provenienti da un singolo cliente; ho già salvato in archivio gli allegati e quindi non mi serve tenerli nella casella di mail. Eliminarli mi libererà quasi 3 GB di spazio su Gmail, dopo che avrò vuotato il Cestino di Gmail (volendo, si può automatizzare questa vuotatura andando nelle Advanced Options).

Le mail alle quali è stato rimosso l’allegato ora hanno in calce un avviso se le apro in Gmail:

Se usate (anche) un client di posta in IMAP, come me, la modifica ci metterà un po’ ad arrivare anche alla copia locale delle mail. E ovviamente l’eliminazione degli allegati riduce anche lo spazio occupato sul disco locale dalla mail.

La spiegazione del metodo usato da Unattach è fornita in questo articolo, che sottolinea che Unattach è una web app che gira localmente nel browser dell’utente e usa le API di Google per accedere alla mail dell’utente; le mail non vengono mandate agli sviluppatori di Unattach o ad altri, come descritto nell’informativa sulla privacy. Questo, però, significa che l’app non è un fulmine: eliminare qualche migliaio di allegati richiede un’oretta abbondante.

Passare alla versione a pagamento è facile: si può pagare con PayPal o con le principali carte di credito.

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Tesla, il video di guida autonoma del 2016 era una messinscena. Ma Elon Musk e Tesla non l’hanno presentato così. I fatti e le conseguenze

21 de Janeiro de 2023, 14:08, por Il Disinformatico

Il 20 ottobre 2016 Tesla pubblicò un video che mostrava una Tesla Model X mentre effettuava un tragitto senza alcun intervento del conducente, creando enorme scalpore mediatico. Ne scrissi anch’io all’epoca. Ma il video è sostanzialmente un falso.

Il video iniziava con la dicitura (in inglese) “La persona seduta al posto del conducente è presente solo per motivi legali. Non sta facendo nulla. L’auto guida da sola” (“The person in the driver’s seat is only there for legal reasons. He is not doing anything. The car is driving itself”).

Il video era questo, tuttora presente sul sito di Tesla con il titolo “Hardware per guida autonoma completa su tutte le Tesla” (“Full Self-Driving Hardware on All Teslas”):

Nel video, l’auto esce da un box di un’abitazione privata, si immette in strada, si ferma agli stop e ai semafori, gestisce sorpassi e cambi di corsia, imbocca l’uscita autostradale e conclude il proprio viaggio nel parcheggio della sede centrale di Tesla (al 3500 di Deer Creek Road, a Palo Alto, in California), scaricando il conducente e girando da sola per il parcheggio fino a trovare autonomamente un posto libero, fermandosi per lasciar passare un pedone e infine facendo manovra per posteggiare.

Ma nel corso di un processo attualmente in corso in California per la morte di Walter Huang, avvenuta nel 2018 a bordo di una Tesla schiantatasi durante l’uso del software di assistenza alla guida, la testimonianza di Ashok Elluswamy (PDF, 183 pagine), direttore del software Autopilot di Tesla e direttamente coinvolto nella realizzazione del video, ha spiegato che il video in questione era una messinscena (da pag. 71 in poi):

  • quel percorso specifico era stato pre-mappato in 3D, cosa che va completamente contro il principio di una guida autonoma usabile ovunque, anche su percorsi non pre-mappati, dichiarato esplicitamente da Tesla, e Musk ha detto che le strade pre-mappate (usate da altre case costruttrici) sono “una pessima idea” e generano “un sistema estremamente fragile”;
  • nonostante questo aiuto di premappatura, la ripresa mostra in realtà soltanto un tentativo riuscito dopo numerosi fallimenti e non dimostra una situazione ripetibile affidabilmente;
  • durante questi tentativi precedenti, il conducente aveva dovuto intervenire ripetutamente e l’auto usata nel video era salita sul cordolo andando a sbattere contro una recinzione nel parcheggio.
Il fotogramma a 2:41 nel video, citato nella testimonianza (pag. 93), mostra la recinzione colpita dall’auto durante i tentativi di manovra nel parcheggio non mostrati da Tesla.

Elluswamy ha dichiarato che “l’intento del video era mostrare le potenzialità del sistema” (“I believe the intent of the video was to showcase the potential of the system”, pag. 78) e “non di rappresentare accuratamente quello che era disponibile ai clienti nel 2016” ma di “descrivere quello che era possibile creare” (“the intent of the video was not to accurately portray what was available for customers in 2016. It was to portray what was possible to build the system”, pag. 79). Non usa mai la parola “staged” (“inscenato”) che è stata usata da varie fonti (per esempio Gizmodo, Reuters, The Register e Ars Technica), ma il senso tecnico è sostanzialmente quello: il video non rispecchiava affatto le capacità del software di Tesla destinato al pubblico.

Però il giorno precedente, ossia il 19 ottobre 2016, Tesla aveva pubblicato un articolo che titolava che “tutte le auto Tesla attualmente in produzione hanno hardware per la guida autonoma completa” (“All Tesla Cars Being Produced Now Have Full Self-Driving Hardware”) e ribadiva il concetto nel testo (“as of today, all Tesla vehicles produced in our factory – including Model 3 – will have the hardware needed for full self-driving capability at a safety level substantially greater than that of a human driver”).

Inoltre il video era stato interpretato, anche dai siti degli appassionati di Tesla, come una dimostrazione delle reali capacità di guida autonoma di Tesla, non come una dimostrazione di intenti. Lo avevano celebrato presentandolo per esempio come “una dimostrazione video di una Model X equipaggiata con la suite di sensori per guida autonoma più recente, che viene installata nei veicoli di Tesla adesso, mentre usa la versione più avanzata del software, che verrà distribuita agli utenti gradualmente nel corso del prossimo anno” (“a video demonstration of a Model X equipped with its latest self-driving sensor suite, which is going into Tesla’s vehicles right now, and using the most advanced version of the software, which will be pushed to owners gradually throughout the coming year”) (Fred Lambert su Electrek, 20 ottobre 2016).

Del resto, Elon Musk aveva pubblicizzato il video dichiarando che l’auto guidava “da sola (assolutamente nessun input umano) su strade urbane, autostrade e vie, poi trova un posto per parcheggiare... nel cercare un parcheggio, l’auto legge i cartelli stradali per sapere se è autorizzata a parcheggiare, ed è per questo che ha scartato il posto riservato ai disabili” (“Tesla drives itself (no human input at all) thru urban streets to highway to streets, then finds a parking spot... When searching for parking, the car reads the signs to see if it is allowed to park there, which is why it skipped the disabled spot”). 

Un altro video, più lungo e con la stessa dicitura “La persona seduta al posto del conducente è presente solo per motivi legali. Non sta facendo nulla. L’auto guida da sola”, era stato pubblicato successivamente.

Siamo nel 2023, e neanche oggi le Tesla hanno le capacità mostrate nel video. Non ce l’hanno neppure le circa 100.000 Tesla dotate del software più avanzato, il Full Self-Drive beta o FSD beta, che è disponibile solo in alcuni paesi, aumenta progressivamente di prezzo e oggi costa ben 15.000 dollari (o si può avere in abbonamento a 99 o 199 dollari al mese a seconda delle dotazioni preesistenti) in aggiunta al prezzo di listino dell’auto. Nessuna Tesla può andare a parcheggiare da sola senza nessun a bordo, come nota Elluswamy nella sua deposizione (pag. 95).

Va precisato che circolavano già, ma non presso il grande pubblico, dubbi su questo video. Li avrebbe avuti chi avesse avuto la profonda accortezza di notare che c’era un rapporto tecnico di Tesla al Department of Motor Vehicles (DMV) californiano (intitolato Disengagement of Autonomous Mode) che segnalava che l’azienda nel 2016 aveva coperto 550 miglia in modalità autonoma, con 168 “sganciamenti” (“disengagement”), ossia eventi nei quali la guida autonoma era andata in crisi e/o c’era stato un intervento del conducente. Questi eventi erano avvenuti nel periodo appena prima del rilascio del video in questione e quindi erano un sintomo dei problemi di affidabilità incontrati. Li avrebbe avuti chi avesse dato retta a un articolo del New York Times del 2021 che notava che vari dipendenti di Tesla che avevano lavorato al video avevano detto che rappresentava falsamente le capacità del sistema di guida di Tesla. Il NYT scriveva già all’epoca che il percorso era stato pre-mappato e che l’auto aveva colpito una barriera ed era stato necessario ripararla (The Register). Ma la deposizione di Elluswamy ha portato all’attenzione generale la reale natura del video. 

Finora non è emersa alcuna dichiarazione pubblica di Tesla nella quale fosse stato chiarito, all’epoca, che il video era solo un “intento” di mostrare le potenzialità future e non corrispondeva a quanto realmente disponibile a Tesla e implementabile nelle auto commerciabili. Secondo Bloomberg (copia non paywallata), in alcune mail interne aziendali Elon Musk aveva dichiarato inizialmente ai suoi sviluppatori del software FSD che avrebbe detto pubblicamente che il video mostrava un esempio di capacità future (“I will be telling the world that this is what the car *will* be able to do, not that it can do this upon receipt”), ma poi aveva dato ordine esplicito di iniziare il video con quella frase, dettata da lui personalmente, che parlava solo di auto che guidava da sola, senza alcuna indicazione della natura reale del video o di potenzialità future.

Questi sono i fatti. 

Sulla base di questi fatti, sembra ragionevole concludere che il video è oggettivamente ingannevole per il grande pubblico e quindi per l’acquirente medio di una Tesla, che vedendo quel video plausibilmente avrà pensato che acquistandone una in quel momento (nel 2016) avrebbe ottenuto un’auto già dotata di tutto l’hardware necessario per la guida autonoma (come del resto dichiarato esplicitamente da Tesla) che doveva semplicemente attendere l’approvazione e il rilascio del software già quasi pronto.

Chi ha pagato cifre ingenti per avere il Full Self-Drive beta e ancora oggi, a distanza di sei anni, non ha ancora nulla di simile a quanto sembrava imminente nel 2016 sarà comprensibilmente deluso e probabilmente si sentirà buggerato e vittima di frode in commercio: in sostanza, ha anticipato parecchi soldi a Tesla per un servizio apparentemente già pronto ma che non ha mai ricevuto. Tutto il software attuale di Tesla, compreso l’FSD beta, è infatti classificato formalmente come SAE Livello 2 e quindi la condotta del veicolo è totalmente sotto la responsabilità del conducente, che deve restare pronto a intervenire in ogni momento.

Sono anch’io un utente Tesla (ho una Model S del 2016, senza FSD), e sulla base della classificazione attuale a Livello 2 del software di Tesla (guida assistita, non autonoma), della mia esperienza e delle segnalazioni di utenti che hanno sia Autopilot (il software standard) sia FSD beta (quello più avanzato) non posso che raccomandare estrema attenzione e massima diffidenza verso questi prodotti. Sono affidabili in condizioni semplici (poco traffico, strade ben demarcate), ma falliscono in maniera imprevedibile, in situazioni che un conducente normale non considererebbe mai pericolose, e falliscono spesso senza dare al conducente il tempo di reagire e correggere. Consiglio inoltre, a chi non ha una Tesla ma se ne trova una davanti mentre guida, di mantenere abbondantemente la distanza di sicurezza per evitare tamponamenti in caso di frenata improvvisa della Tesla quando la strada è completamente libera (il cosiddetto phantom braking).

La NHTSA, l’ente statunitense per la sicurezza del traffico autostradale, ha in corso una serie di indagini sui sistemi di guida assistita di Tesla, avviate in seguito a centinaia di segnalazioni di casi di frenata senza alcun motivo, ad almeno due investimenti mortali di motociclisti e a vari tamponamenti di veicoli d’emergenza fermi lungo la strada. Inoltre il Dipartimento di Giustizia statunitense sta indagando per capire se Tesla ingannato i consumatori, gli investitori e gli enti di regolamentazione facendo dichiarazioni non supportate a proposito delle capacità della sua tecnologia di assistenza ai conducenti”.

Le conseguenze di queste indagini e l’attuale comunicazione al grande pubblico della natura fittizia di quel video del 2016 mettono seriamente in dubbio la credibilità dell’azienda sul fronte della guida autonoma. Caveat emptor.

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Corso Cicap per indagatori di misteri, ultimi posti disponibili

21 de Janeiro de 2023, 8:58, por Il Disinformatico
Tra poco comincerà l’edizione 2023 del Corso CICAP per indagatori di misteri, una serie di 23 lezioni interattive (più 5 altre opzionali) online e in presenza con gli esperti di vari settori, che spiegano le proprie tecniche e offrono la propria “cassetta degli attrezzi”.

Il corso include anche esercitazioni pratiche ed esperienze sul campo (letteralmente sul campo, se vi va di creare un cerchio nel grano, per esempio), per capire meglio il mondo dei fenomeni misteriosi o presunti tali e riconoscere le manipolazioni fatte dai sedicenti sensitivi, ma anche per conoscere aspetti insoliti della scienza e della conoscenza, cercare efficacemente informazioni, identificare le fake news, riconoscere le truffe commerciali pseudoscientifiche, gli inganni delle infografiche e tanto altro ancora.

Sono esperienze e strumenti cognitivi che si possono applicare anche nella vita di tutti i giorni e nel lavoro, senza essere per forza cacciatori di misteri. Basta essere interessati a voler potenziare la propria competenza di indagine critica, per insegnamento, giornalismo o ricerca, ma anche semplicemente per passione e curiosità.

Se vi interessa, ci sono ancora alcuni posti disponibili; il corso si svolge in presenza e online fra gennaio e giugno. Trovate il programma completo, l’elenco dei docenti e le istruzioni per iscriversi qui sul sito del CICAP. Io ci sarò sia per seguire le lezioni, sia per contribuire con una lezione sulla ricerca di informazioni online.

Se volete un assaggio, trovate i video di anteprima di due delle esperte del corso, ossia Beatrice Mautino, biotecnologa e divulgatrice scientifica, e Valentina Petrini, giornalista (e conduttrice del programma Fake), presentate da Giuliana Galati, coordinatrice del corso.

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