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Disinformatico

September 4, 2012 21:00 , von profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Ricercatore svizzero trova falle nelle telecamere di sorveglianza via Internet, ma non può dirci quali

October 9, 2015 6:53, von Il Disinformatico

Moltissime telecamere di sicurezza commerciali, compresi i modelli più costosi, sono estremamente vulnerabili e consentono a malintenzionati di usarle per spiarci, secondo le ricerche svolte da Gianni Gnesa, consulente della zurighese Ptrace Security. Gnesa vorrebbe dirci quali, e stava per farlo in una conferenza di sicurezza informatica, ma il suo intervento è stato annullato per motivi legali.

In alcuni casi queste telecamere hanno credenziali d'accesso (password e simili) non modificabili, backdoor non documentate e connessioni su telnet prive di qualunque protezione. Uno dei modelli esaminati da Gnesa ha 30.000 esemplari vulnerabili e accessibili via Internet, facilmente reperibili usando servini come il motore di ricerca Shodan.

Ma i nomi delle marche insicure sono sotto bavaglio: una delle marche ha infatti inviato una comunicazione legale a Gnesa mentre si apprestava a presentare i propri risultati alla conferenza Hack in the Box a Singapore.

Gnesa non può fare i nomi, ma dice che si tratta di “telecamere di fascia media molto diffuse che so possono trovare su Amazon [...] hanno buone recensioni e si dichiarano sicure” e può descrivere quello che ha trovato: “tutte hanno vulnerabilità che permetterebbero di spegnerle, bloccare la trasmissione delle immagini o accedere al pannello di amministrazione”.

La soluzione è cercare aggiornamenti al software e configurare l'accesso a queste telecamere in modo che non si affaccino direttamente a Internet e quindi non espongano all'esterno le proprie vulnerabilità, ma si tratta di interventi decisamente fuori dalla portata dell'utente comune, per cui conviene affidarsi ad altri metodi, più tradizionali, per la sorveglianza video.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Apple: sì, alcuni iPhone 6s durano di più, ma solo nei test

October 9, 2015 6:36, von Il Disinformatico

Sapevate che non tutti gli iPhone 6s sono uguali? Possono essere esternamente identici ma contenere processori differenti. Secondo alcuni test, questa differenza nei componenti dei nuovi smartphone di Apple può aggiungere o togliere fino a due ore di autonomia alla batteria.

Apple, però, ha minimizzato questi risultati, affermando che i test creano condizioni non realistiche che non corrispondono all'uso reale, tenendo il processore continuamente al massimo di potenza e di consumo (vero). Nell'uso normale, dice sempre Apple, la differenza ammonta al 2-3%.

Il fenomeno è insomma reale, ma secondo Apple non è significativo. Il problema è che non esiste un criterio standard per definire formalmente l'“uso normale”, per cui la questione resta aperta in attesa di test realistici.

Nel frattempo come si fa a sapere se si ha un iPhone 6s che consuma maggiormente la batteria? All'interno di questi smartphone può esserci un processore fabbricato da Samsung oppure uno fabbricato da TSMC: quello della TSMC consuma di meno.

Per scoprire il tipo di processore si può usare un'app gratuita come Lirum: se nella pagina principale il numero di modello è N66AP o N71AP, vuol dire che il telefonino ha un processore Samsung e quindi una durata inferiore della batteria; se il numero è invece N66MAP o N71MAP, l'iPhone 6s ha un processore TSMC meno avido di energia.


Fonti aggiuntive: Gizmodo, The Register.
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Su Facebook debuttano le alternative al “Mi piace”

October 9, 2015 3:44, von Il Disinformatico

Vi ricordate i fiumi di parole che annunciavano l'imminente arrivo del pulsante “Non mi piace” su Facebook? La notizia era una bufala basata su un equivoco nell'interpretare le parole di Mark Zuckerberg, cofondatore e boss di Facebook, e adesso sappiamo cosa intendeva dire realmente: sono arrivati ieri dei pulsanti alternativi al “Mi piace”. Facebook li chiama Reactions (reazioni).

Si chiamano Love, Haha, Yay, Wow, Sad e Angry e sono acquattati sotto il pulsante “Mi piace” tradizionale: si rivelano tenendolo premuto brevemente. La novità, però, è limitata agli utenti irlandesi e spagnoli (o a chi simula di esserlo) e verrà estesa agli altri utenti del social network dopo questa fase sperimentale iniziale.

Si può scegliere un solo pulsante per volta (non si può ridere e anche wow-are uno stesso post, per esempio), e viene visualizzato il conteggio delle singole reazioni: dieci “mi piace”, un “wow”, quattro “yay” e così via.

Facebook ha scelto queste specifiche reazioni basandosi sui commenti degli utenti costituiti da una singola parola e sull'uso degli sticker o adesivi nei commenti, introdotti nel 2014. Chicca: Irlanda e Spagna sono state scelte come terreno di prova perché la maggior parte degli utenti di questi paesi non ha amici in altri paesi e questo facilita la sperimentazione. Infatti se un utente ha già le Reactions attivate e le usa su un post di un altro utente che sta fuori dalla regione di test, il secondo utente non può vedere la Reaction usata e quindi in pratica il nuovo sistema non gli funziona.


Fonti: Facebook, Ars Technica, The Verge.

Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



“Sentenza Facebook”, cosa cambia in concreto

October 9, 2015 3:06, von Il Disinformatico

Una recente sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea ha dichiarato che gli Stati Uniti non sono più un “approdo sicuro” per i dati dei cittadini dell'Unione. Molti la chiamano “sentenza Facebook” per brevità e perché è partita da una causa avviata da uno studente austriaco, Max Schrems, che contestava il trasferimento dei suoi dati personali, presenti in Facebook, verso gli Stati Uniti, dove non godevano di protezione adeguata contro gli abusi commerciali e governativi. Ma “sentenza Facebook” è una descrizione ingannevole e per chi usa Facebook non cambierà nulla di concreto.

Prima di tutto, quel che è fatto è fatto: i dati personali già inviati verso gli Stati Uniti non verranno cancellati. In secondo luogo, Facebook non smetterà di funzionare o di raccogliere questi dati: probabilmente verranno semplicemente riformulate le sue condizioni d'uso (quelle che non legge mai nessuno) per ottenere più esplicitamente il consenso dell'utente al trasferimento dei suoi dati verso gli USA; e se c'è il consenso, non ci sono problemi di “approdo sicuro”. Inoltre Facebook ha già dei datacenter in territorio europeo nei quali può custodire i dati dei cittadini dell'Unione senza esportarli verso gli Stati Uniti. Lo stesso faranno, o hanno già fatto gli altri grandi collettori di dati della Rete, come Google, Microsoft, Apple, Amazon.

Per i grandi nomi di Internet, insomma, nessuna rivoluzione; e per noi utenti non cambia niente. Allora si sta facendo molto rumore per nulla? No. Presumibilmente saranno le piccole e medie imprese, quelle che non si possono permettere datacenter locali dedicati, a doversi adeguare alla sentenza e spendere di più per fare attenzione a non usare servizi che esportano dati dall'Unione Europea, e ci sarà un boom di guadagni per i fornitori europei di questi servizi.

Anche se in concreto per l'utente comune non cambierà nulla, la cosiddetta “sentenza Facebook” ha un merito: quello di far discutere maggiormente di come i nostri dati vengono sfruttati, spremuti, frullati e analizzati in modi che non conosciamo e che non possiamo controllare per produrre guadagni enormi. Sta a noi valutare se ci sta bene essere i Minions di Zuckerberg e colleghi.
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Astrosamantha in tour con Terry Virts e Anton Shkaplerov a Milano

October 8, 2015 7:19, von Il Disinformatico


Qualche foto veloce dalla conferenza stampa di stamattina alla Sala Reale della Stazione Centrale di Milano, dove c'erano Samantha Cristoforetti e i suoi compagni di viaggio Anton Shkaplerov e Terry Virts. Una bella occasione per comunicare la passione per lo spazio e l'importanza strategica per qualunque paese di far crescere le proprie competenze tecnologiche, ispirando i giovani a studiare tramite l'esempio positivo di chi va nello spazio per migliorare la vita di tutti sulla Terra e imparare a collaborare invece di farsi la guerra.




Clamorosa rivelazione: SAM è una dei VISITORS!
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