Debutta il mio podcast “Spazio 1969” per la Radiotelevisione Svizzera
July 9, 2019 20:39Ultimo aggiornamento: 2019/07/09 23:40.Con un titolo suggeritomi dall’amico Gianluca Atti (di Apollo 11 Timeline), debutta oggi la prima miniserie di sei podcast di cinque minuti Spazio 1969, dedicata agli aspetti poco conosciuti, alle storie molto umane e alle chicche delle missioni che portarono i primi esseri umani a raggiungere la Luna cinquant’anni fa.
L’ho realizzata per la Radiotelevisione Svizzera e quindi la trovate qui sul sito della RSI oppure incorporata direttamente qui sotto; se vi servono i feed, date un’occhiata a questo commento. Buon ascolto, e buona Luna!
1.2 Comunione segreta sulla Luna (11 luglio) (link)
1.3 Missione paranormale (12 luglio) (link)
1.4 Cavalleria lunare (13 luglio) (link)
1.5 Una donna spaziale (14 luglio) (link)
1.6 Il vero complotto (15 luglio) (link)
Il Fatto Quotidiano e le fandonie di Ivo Mej sugli allunaggi
July 8, 2019 10:24Grazie a tutti quelli che mi stanno segnalando l’articolo di Ivo Mej che sostiene le tesi complottiste intorno agli allunaggi sul Fatto Quotidiano: ne ho archiviato qui su Archive.org una copia permanente che potete consultare senza regalare clic, visibilità e incassi alle testate che diffondono baggianate irresponsabilmente.Tralasciando i toni infantili usati da Mej, le castronerie tecniche che cita nel suo articolo sono troppe per elencarle e smontarle una per una: ne prendo una sola, tanto per darvi l’idea di quanto Mej si è documentato prima di accusare la NASA (quella che addestra i nostri astronauti, come Luca Parmitano) di inventarsi “miriadi di supercazzole”.
Secondo Mej,
Un altro indizio sulla stretta connessione tra Kubrick e la Nasa è la costruzione da parte dell’Ente spaziale americano di un obiettivo fatto appositamente per il film di Kubrick Barry Lyndon. Perché la Nasa avrebbe speso ingenti fondi per studiare e realizzare un obiettivo tanto speciale per il regista? Perché non glielo fece neanche pagare?
Faccio a mia volta una domanda: perché Ivo Mej non si è documentato, prima di inventarsi una “supercazzola” di quelle che è così bravo ad attribuire agli altri?
Basta infatti un briciolo di ricerca per scoprire che l’obiettivo in questione era un bellissimo Zeiss Planar f/0.7, costruito dalla NASA non per fare un favore a Kubrick, ma per effettuare riprese della Luna con le proprie sonde spaziali.
E basta un niente per appurare che la NASA non glielo regalò affatto: Kubrick se lo pagò eccome, e di tasca propria lo fece anche modificare per adattarlo alle cineprese che voleva usare per Barry Lyndon. Tutta la vicenda è spiegata, con dovizia di dettagli tecnici, e non supercazzole, su Neiloseman.com.

Per tutte le altre falsità tecniche e fattuali scritte da Ivo Mej nell'articolo, rimando al mio libro gratuito Luna? Sì, ci siamo andati.
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Debutta il mio podcast “Spazio 1969”
July 8, 2019 8:15Con un titolo suggeritomi dall’amico Gianluca Atti (di Apollo 11 Timeline), debutta oggi la miniserie di podcast di cinque minuti Spazio 1969, dedicata agli aspetti poco conosciuti, alle storie molto umane e alle chicche delle missioni che portarono i primi esseri umani a raggiungere la Luna cinquant’anni fa.L’ho realizzata per la Radiotelevisione Svizzera e quindi ne trovate la prima puntata qui sul sito della RSI. Buon ascolto.
Astronavi nella preistoria ad Aosta. No, Peter Kolosimo non c’entra
July 8, 2019 4:00
Ieri, prima della mia conferenza serale ad Aosta, ho visitato l’area megalitica di Aosta, dove in questi giorni potete vedere due monumenti tecnologici dell’ingegno umano separati da migliaia di anni: i reperti megalitici, appunto, e le riproduzioni del razzo Saturn V e della capsula Apollo che portarono i primi esseri umani sulla Luna.
La capsula è in scala 1:1; il Saturn V è in scala 1:10 ed è lungo undici metri. Entrambi sono impressionanti per dimensioni e dettaglio e sono opera dell’associazione ASIMOF. Saranno lì fino a fine mese, per cui non fatevi sfuggire l’occasione. Trovate qui maggiori dettagli su come visitare questi oggetti straordinari.
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Recensione mini: Magic Leap
July 7, 2019 13:52Come avrete notato dagli articoli dei giorni scorsi, sono stato a Starmus, dove fra le altre cose mi sono imbattuto in un oggetto che pensavo fosse impossibile trovare al di fuori dei centri di ricerca delle aziende specializzate: fra i vari apparati di realtà virtuale messi a disposizione dalla Swiss Society of Virtual and Augmented Reality (SSVAR.ch), c’era un Magic Leap.

Come potete notare dalla foto qui sopra, in cui guardo chi mi sta parlando mentre sto indossando il Magic Leap, si tratta di un dispositivo per realtà aumentata, non per realtà virtuale: non blocca completamente la visione del mondo esterno per rimpiazzarla con immagini sintetiche, ma sovrappone delle immagini create digitalmente sulla realtà circostante e le allinea in modo che sembrino integrate nel mondo reale.
Nella foto qui sotto, sto guardando la demo realizzata per Starmus: un astronauta in grandezza naturale, tridimensionale e animato, che fluttua nello spazio davanti a me. Gli posso girare intorno, posso avvicinarmi e allontanarmi, e posso vederlo da tutti i lati e anche dal basso: è trasparente e quindi un po’ spettrale, ma è come se fosse davanti a me.

Magic Leap non ha bisogno di sensori di posizione: guarda l’ambiente circostante, ne riconosce la forma e individua alcuni punti di riferimento per rilevare gli spostamenti dell’utente, cambiando la visualizzazione che gli viene proposta in base a dove si trova nello spazio. Questo tracking dello spostamento dell’utente è risultato molto fluido e preciso, nonostante le condizioni di illuminazione poco favorevoli (pareti uniformi, nere e poco illuminate).
Il dispositivo è leggerissimo (molto più leggero di un Oculus Quest, per fare un esempio) ed è completamente autonomo: è alimentato a batterie e ha soltanto uno scatolotto che contiene il processore principale (quello che vedete in mano alla persona che mi sta aiutando nella demo). L’interazione con gli oggetti virtuali viene effettuata usando un piccolo controller.
L’illusione della presenza degli oggetti virtuali viene un po’ spezzata non solo dalla loro trasparenza ma anche dal fatto che gli schermi incorporati nelle lenti del visore non coprono tutto il campo visivo ma solo la sua parte centrale: il risultato è che gli oggetti risultano troncati quando debordano dalla superficie degli schermi. Anche l’Hololens di Microsoft ha la stessa limitazione, ma in maniera più marcata: i suoi schermi sono più piccoli di quelli del Magic Leap rispetto all’ampiezza del campo visivo, perlomeno secondo la mia impressione di due anni fa:
Microsoft #HoloLens oggi a Lugano. Impressionante efficacia senza computer esterno pic.twitter.com/Fcq3Fi8U2l— Paolo Attivissimo (@disinformatico) October 19, 2017
Anche con queste limitazioni, gli usi possibili di un Magic Leap sono molto interessanti: per esempio come dispositivo per inviare istruzioni a un tecnico sul campo, mentre l’esperto è altrove ma vede la situazione attraverso gli occhi digitali del Leap. Il suo prezzo non trascurabile (circa 2300 dollari) lo posiziona come oggetto per applicazioni professionali più che come piattaforma di gioco.
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