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September 4, 2012 21:00 , by profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

La Stampa pubblica i deliri di Benedetta Paravia sul 5G. Però le fake news son colpa di Internet, mi raccomando

April 11, 2020 5:13, by Il Disinformatico

Ultimo aggiornamento: 2020/04/11 10:10.

Sono arrivate moltissime segnalazioni di un articolo a firma di Benedetta Paravia su La Stampa che pubblica falsità, deliri e assurdità a proposito della telefonia 5G.

Pubblicare queste scemenze inqualificabili proprio in un momento in cui nel Regno Unito gli idioti anti-5G hanno iniziato a dar fuoco ad almeno venti installazioni di telefonia mobile (perché dicono che il 5G facilita il coronavirus) rasenta l’istigazione a delinquere.


Non ho tempo di sbufalare una per una tutte le infinite stupidaggini scritte da Benedetta Paravia (per i curiosi che l‘hanno chiesto: sì, è questa Benedetta Paravia). Né, francamente, ho voglia di sostenere un ennesimo dibattito sul 5G. Se per colpa degli imbecilli non verrà installato, pazienza, non me ne può fregar di meno.

Mi limito a notare che La Stampa adesso spaccia l’articolo della Paravia per una “opinione controcorrente”, con tanto di titolo modificato, ma in realtà lo aveva pubblicato inizialmente nella sezione Cronaca, come evidenzia l’URL originale (www.lastampa.it/cronaca/2020/04/06/news/il-valore-della-salute-e-quello-del-profitto-il-5g-1.38686965), diverso da quello successivo (www.lastampa.it/opinioni/2020/04/06/news/il-valore-della-salute-e-quello-del-profitto-il-5g-1.38686965).

Anni di debunking, di articoli tecnici dettagliatissimi, di spiegazioni di fisica di base che dimostrano che le paranoie anti-5G sono infondate quanto quelle dei terrapiattisti, e poi arriva Benedetta Paravia che dall’alto della sua laurea “con lustro in Giurisprudenza” [sic] prende i fatti e li usa come carta igienica. E un giornale la pubblica. Anzi due giornali, o perlomeno due testate, visto che l’articolo è uscito anche su Il Secolo XIX, che appartiene allo stesso gruppo. Ho salvato su Archive.org l’originale dell’articolo su La Stampa e sul Secolo XIX.

Posso solo dire che se il direttore di un giornale ritiene che sia giusto e sensato rifilare ai propri lettori quella diarrea mentale fottendosene dei fatti e della deontologia, se ha il coraggio di spacciare per “opinione” ciò che di fatto è una balla, e se l’Ordine dei Giornalisti non interviene, allora il giornalismo è morto e ancora non se ne è reso conto. Ed è stato assassinato dall’interno, da direttori incoscienti per il quale il termine responsabili è una foglia di fico che da tempo non copre più le vergogne.

Mi sono limitato a segnalare pubblicamente la cosa a Vodafone, Huawei, Ericsson e WindTre, che oltretutto sono spesso inserzionisti pubblicitari del giornale che li sta infangando. Chissà che magari il rischio di perdere gli introiti pubblicitari possa arrivare dove la dignità giornalistica fallisce. Ma qui mi fermo, perché se i giornali sono contenti di lavorare così, e se i lettori sono contenti di continuare a leggerli, impegnarsi a fare debunking non serve a nulla.

Però la prossima volta che sento qualcuno dire che le fake news sono colpa di Internet e i media tradizionali sono il baluardo contro la disinformazione, lo prendo a schiaffi con l’articolo di Benedetta Paravia e lo mando affanculo. Scusate il turpiloquio, ma stavolta mi sono proprio rotto.

---


Avvertenza: Qualunque commento che sostenga dubbi o tesi anti-5G o dica “ma c’è un articolo che...” verrà cestinato. La fisica di base e l’epidemiologia hanno già chiarito come stanno le cose ed è inutile riaprire un dibattito che non c’è. Quindi non provateci nemmeno. Grazie.


2020/04/08 16:00


La Stampa ha rimosso l’articolo. È un buon risultato. Meglio ancora sarebbe non pubblicarne più in futuro. Vedremo: nel frattempo, la stessa testata ha pubblicato questa lettera di debunking di Marco Bella, deputato del Movimento 5 Stelle, che risponde specificamente all’articolo di Benedetta Paravia.


2020/04/11 10:10


Benedetta Paravia, su Facebook, l’ha presa molto sportivamente e con garbo “Hanno censurato anche il Messaggero Veneto ed un nuovo eunuco, questa volta un blogger che afferma non avere interessi in materia, parla di me:”.





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Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Sembrano mail informative anti-pandemia ma sono trappole

April 10, 2020 6:47, by Il Disinformatico

Il crimine informatico si aggancia a qualunque appiglio emotivo per cercare di ingannarci, e la pandemia non fa eccezione. Abuse.ch segnala che è in circolazione un falso documento Excel che sembra provenire dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (ma il mittente è falsificato) e chiede di “sbloccare le celle” per leggerne il contenuto urgente e importante. Ma è solo un pretesto per indurre la vittima ad eseguire macro potenzialmente infettanti.

La difesa è semplice: qualunque documento che richieda “sblocchi” o esecuzioni di macro va cestinato. Se davvero siete fra i pochi che ricevono realmente per lavoro documenti con queste funzioni avanzate, verificateli sempre a voce con il mittente prima di aprirli.

Lo stesso vale per i messaggi apparentemente provenienti da governi, come questo:


Il link, se cliccato, non porta affatto al sito del Governo italiano, ma a un sito gestito dai criminali.
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Google e SpaceX vietano Zoom, dobbiamo preoccuparci? No, ma le burle abbondano

April 10, 2020 6:26, by Il Disinformatico

Google e SpaceX hanno avvisato i propri dipendenti che non dovranno più usare Zoom, l’applicazione per videoconferenze diventata improvvisamente popolarissima, a causa delle sue “vulnerabilità di sicurezza”. Lo stesso hanno fatto la NASA e l’intero stato di Singapore a livello scolastico, e anche altri paesi, come Taiwan e la Germania, hanno imposto restrizioni.

Il problema principale non è la sicurezza informatica in senso stretto, che comunque non è altissima ma sta migliorando in fretta ed è accettabile per riunioni non strettamente confidenziali: è la vulnerabilità ad attacchi fatti da disturbatori, facilitati dalle imprudenze degli utenti.

Infatti lo zoombombing, ossia l’incursione in audio e video di sconosciuti che interferiscono nella sessione, è diffuso, nonostante sia facilmente contrastabile mettendo una password di accesso e adottando la cosiddetta “anticamera” per accogliere i partecipanti. Zoom ha reso ora obbligatorie queste funzioni.

Ma anche così, gli informatici più dispettosi hanno scoperto come farsi scherzi a vicenda, tipo entrare legittimamente in una sessione di videoconferenza e poi dire “Ehi Google, raccontami una barzelletta” (o lo stesso con Alexa o con Siri) per attivare gli assistenti vocali incautamente lasciati attivi durante la sessione. Ricordatevi quindi di spegnere o mettere in “muto” questi dispositivi (compresa la versione su tablet e smartphone) prima di partecipare a incontri in video e di usare le cuffie invece dei sistemi vivavoce.

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No, non c’è collegamento fra 5G e coronavirus

April 10, 2020 6:17, by Il Disinformatico

Circola parecchio una tesi di complotto secondo la quale le installazioni delle antenne di telefonia 5G sarebbero collegate alla pandemia in qualche modo, argomentando che il 5G è stato installato per la prima volta proprio a Wuhan, epicentro del contagio.

Ma i fatti dimostrano che il nesso è del tutto illusorio: FullFact ha verificato che in realtà Wuhan è stata semplicemente una delle tante città cinesi a sperimentare inizialmente il servizio 5G, e le altre, come Beijing, Shanghai e Guangzhou, non sono state interessate dal coronavirus.

Bufale un Tanto al Chilo ha provato a verificare se la mappa della copertura 5G in Italia corrisponde alla mappa della diffusione del contagio: le due cartine qui accanto parlano da sole. Lo stesso vale per la Svizzera, mettendo a confronto questa mappa dei contagi con quella degli impianti 5G.

Ancora una volta, con sentimento: non ci sono prove di dannosità del 5G agli esseri umani. Il 5G non ha nulla di misterioso, magico o strano rispetto al 4G: si tratta semplicemente di onde radio, come quelle che usiamo da decenni per la radio, appunto, e per la televisione oltre che per la telefonia mobile.


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Google Stadia Pro gratis per due mesi, ma occhio agli addebiti e alla banda

April 10, 2020 6:13, by Il Disinformatico

Google Stadia, la piattaforma di videogioco di Google che non richiede una console ma solo un abbonamento e una connessione a Internet, sarà gratis per due mesi in versione Pro.

L’idea di Google è tecnicamente ambiziosa ed economicamente allettante: i giochi vengono eseguiti sui computer di Google e le immagini risultanti vengono trasmesse in streaming ai dispositivi del giocatore (TV con Chromecast Ultra, smartphone compatibile o computer con browser Google Chrome) con una latenza minima e in alta definizione (fino a 4K nella versione Pro), e così il giocatore non ha più bisogno di sborsare per l’acquisto di una console o di un computer per videogiochi e per i suoi aggiornamenti, ma si limita ad acquistare il solo controller Stadia (o usare il mouse) e a pagare l’abbonamento mensile a Google se vuole la versione Pro.

Usare Stadia significa che non si è proprietari dei giochi e che quindi si crea l’ennesima dipendenza da Google, e la qualità del video è alta ma non quanto quella di un sistema di gioco locale ben costruito, ma per molti utenti è un compromesso accettabile e spesso è l’unica soluzione economicamente sostenibile.

In ogni caso, per i prossimi due mesi Google ha deciso di rinunciare al canone mensile di circa 10 dollari della versione Pro: attenzione però che alla fine del periodo di prova si comincia automaticamente a pagare, per cui ricordatevi di disdire se Stadia non vi interessa. Inoltre il servizio consuma molta banda e in questo periodo può essere ridotto come risoluzione per consentire l’uso di Internet a tutti.

Stadia per ora non è formalmente disponibile in Svizzera: i paesi supportati sono al momento Belgio, Canada, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna, Svezia, Regno Unito, Stati Uniti.


Fonti aggiuntive: Ars Technica, Wired.it.
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