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Disinformatico

September 4, 2012 21:00 , by profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

L’ESA ritrova il suo Bracchetto: la sonda Beagle-2, dispersa su Marte nel 2003

January 17, 2015 14:10, by Unknown

Figura 1. Beagle-2 come visibile
dall'HiRiSe camera (credit NASA)
L'Agenzia Spaziale Europea (ESA) ha annunciato ieri, 16 gennaio, che Beagle-2 (beagle in italiano significa “bracco”), la sonda britannica inviata su Marte nel 2003 e persa subito dopo la separazione in orbita dalla navicella madre, è stata ritrovata intatta sul suolo marziano.

Il ritrovamento è opera di un ex collaboratore del progetto, Michael Croon, che dopo scrupolose analisi delle foto raccolte dalla fotocamera ad alta risoluzione HiRiSe, montata a bordo del Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) della NASA, aveva notato in una di queste qualcosa che poteva rappresentare proprio la sonda perduta, sebbene, con un diametro di circa 2 metri, al limite della risoluzione dello strumento. Successive ricerche hanno confermato che si trattava proprio di Beagle-2 (figura 1) e hanno consentito di rintracciare anche altri componenti rilasciati durante l'atterraggio (figura 2).

Ma partiamo dall'inizio.  L'ente spaziale britannico lanciò nel 2003 da Baikonur un lander, una sonda priva di ruote, che doveva atterrare su Marte per compiere alcune osservazioni. A bordo della missione Mars Express, la sonda era assai sofisticata per l'epoca e si chiamava come la nave su cui Charles Darwin fece il suo giro nel mondo intorno al 1830. Fu proprio quel viaggio a bordo del Beagle a rivoluzionare le nostre conoscenze della vita sulla Terra e a fornire le prove dell'evoluzione. Analogamente, Beagle-2 venne invece pensata per verificare l'eventuale presenza di forme di vita passate e presenti su Marte.

La sonda disponeva di fotocamere stereo, di un microscopio, ed anche di un “trapano”, montato al termine di un lungo braccio meccanico pieghevole, in grado di estrarre campioni dal sottosuolo per eseguire successive analisi in situ.

Figura 2. La sonda Beagle-2, il paracadute (parachute) e il coperchio (rear cover) mostrano in questa foto variazioni della luminosità con l'ora marziana compatibili con le caratteristiche dei materiali usati (credit: University of Leicester, Beagle-2, NASA, JPL, University of Arizona).







Il 19 dicembre 2003 la sonda si separò come previsto dalla navicella madre in orbita marziana, Mars Express. Per risparmiare, non era stato previsto l'invio di alcun dato di telemetria alla navicella madre. Sei giorni dopo, esattamente il giorno di Natale del 2003, l'ESA attese quindi un segnale di conferma del suo arrivo sulla superficie di Marte. Purtroppo non accadde nulla.

Diversi radiotelescopi e centri di ascolto, inclusa l'enorme antenna di Jodrell Bank, vennero allora puntati verso Marte, nel tentativo di raccogliere un minimo segnale di “vita” da Beagle-2. Ancora nulla. Dopo qualche mese le ricerche vennero abbandonate, causando grande frustrazione nei circoli scientifici, soprattutto nel Regno Unito, dove la sonda era stata concepita da un consorzio universitario. Questo disastro causò certamente un ripensamento nella politica spaziale britannica, e il suo successore, Beagle-3, non vide mai la luce.

Le ipotesi sulla fine di Beagle-2, in mancanza di alcun dato sensibile, furono diverse. Il rapporto presentato dalla Commissione di inchiesta all'Agenzia Spaziale Europea (ESA) nel 2004 per chiudere la questione proponeva diversi scenari possibili del fallimento. Un paracadute che non si era aperto, un problema allo schermo ablativo richiesto durante la discesa nella sottile atmosfera marziana, la mancata apertura degli “airbag” prima del contatto col suolo. In molti cercarono senza successo di identificare i resti del lander o il paracadute nelle foto di Marte disponibili allora. Ciò rende ancora più incredibile il fatto che in realtà, come si sa solo adesso, Beagle-2 era atterrato con successo a soli 5 km dal centro dell'enorme ellisse prevista per l'atterraggio, che aveva una dimensione di 500 per 100 km. Un errore dell'1% quindi, che conferma la straordinaria qualità della missione e in particolare delle complesse manovre di EDL (“Entry, Descent and Landing”, o “Ingresso, discesa e atterraggio” in italiano).

Ma quali furono le cause di quel silenzio radio, visto che, come sappiamo adesso, la sonda sembra essere atterrata intatta? Guardando le foto ad alta risoluzione del lander non si vede molto, ma si capisce che almeno uno dei cinque pannelli solari che dovevano aprirsi dopo l'atterraggio come petali di un fiore non lo fece, coprendo così le antenne ed impedendo qualsiasi comunicazione con l'esterno. Può essere che durante l'atterraggio il lander, protetto dagli enormi airbag che dovevano attutire l'urto facendolo rimbalzare più volte (una tecnica standard adottata anche per i rover Opportunity e Spirit della NASA, sebbene non per Curiosity), si è deformato leggermente ed uno dei mille automatismi necessari all'apertura dei pannelli solari si è bloccato. Nessuno potrà dirlo con certezza fino al giorno in cui non si potrà fare della “archeoastronautica” su Marte, magari come passatempo di futuribili turisti e coloni.

Figura 3. Beagle-2 a circa 20 m da Mars Express,
dopo la separazione in orbita.
Questa era l'ultima sua
foto circolante, fino a ieri.
Ma possiamo anche domandarci se questo ritrovamento sia stato realmente una bella notizia per i progettisti e gli scienziati che hanno collaborato al progetto. Difficile rispondere. Ottenere i finanziamenti per una sonda, progettarla, costruirla, lanciarla e riceverne i risultati richiede una gigantesca testardaggine e dedizione, e impegna spesso oltre metà della vita professionale di uno scienziato. Per questo un fallimento è particolarmente bruciante in questo campo, e scoprire che tutto era andato bene fino a dopo l'atterraggio (uno dei momenti più delicati di qualsiasi missione planetaria), potrebbe essere stato assai frustrante per chi vi dedicò anni ed anni di lavoro. Senza contare quello che deve avere provocato a molti riaprire un capitolo mai chiuso della propria vita professionale. Non è facile quindi immaginare le sensazioni che il vedere a tanta distanza di tempo quel minuscolo avamposto dell'intelligenza umana, abbandonato in una piana sedimentaria di un altro pianeta, deve avere suscitato in costoro. Possiamo immaginare qualche telefonata alla ricerca di questo o quel collaboratore del progetto per dargli la singolare notizia. Magari anche qualche polemica mai sopita riaffacciarsi, qualche meeting e molti rimpianti.

Comunque sia, la realtà è che ce l'avevano quasi fatta, oggi ne abbiamo la prova. Complimenti sentiti a tutti, quindi. Soprattutto a quel Prof. Colin Pillinger, della Open University di Milton Keynes, UK, leader ed ideatore dell'intero progetto, spentosi circa un anno fa e che quindi non ha mai avuto una risposta alle mille domande che si sarà posto riguardo alla fine misteriosa del suo “bracchetto”.

Paolo G. Calisse, 16 gennaio 2015
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Come cancellare la cronologia di ricerca di Facebook

January 16, 2015 8:52, by Unknown

Molti utenti hanno preso l'abitudine di cancellare del tutto o in parte la propria cronologia di navigazione o di ricerca in Google, per evitare che riemergano siti o richieste imbarazzati o eccessivamente rivelatrici, ma è molto meno diffusa l'abitudine di cancellare la cronologia delle ricerche fatte in Facebook.

La casella nella parte superiore della schermata di Facebook, infatti, consente di effettuare ricerche: chi usa Facebook in italiano può cercare in sostanza soltanto nomi e cognomi di altri utenti, mentre chi imposta l'inglese come lingua per l'interfaccia di Facebook si trova con un enorme assortimento di opzioni, come la ricerca di foto o di luoghi o di “mi piace” riguardanti uno specifico utente.

Le ricerche fatte vengono accumulate in una cronologia visibile soltanto all'utente (o a chi ne conosce la password): per eliminarla usando un computer, si clicca sul triangolo a destra nella barra blu di Facebook, si sceglie Registro attività (Activity Log) e poi si clicca sulla prima voce Altro (More) nella barra laterale sinistra. Questo fa comparire un elenco di voci aggiuntive, fra le quali c'è Cerca (Search).

Cliccandovi sopra compare la cronologia, dalla quale si possono eliminare le singole voci (cliccando sull'icona Nascosto dal diario). In alternativa si può scegliere di eliminare tutta la cronologia cliccando su Cancella ricerche (Clear Search).


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Antibufala: se scrivi “itanimulli.com” (“Illuminati” al contrario) finisci sul sito della NSA!

January 16, 2015 8:41, by Unknown

È vero che digitando “Illuminati” a rovescio, seguito da “.com”, si viene portati al sito della NSA, la National Security Agency del governo degli Stati Uniti? Si tratta di una rivelazione, di una trappola di un malfattore? C'è chi teme di essere schedato o infettato se prova a digitare itanimulli.com nel proprio browser.

Niente panico: sì, è vero che digitare itanimulli.com in un browser fa comparire sullo schermo il sito dell'NSA, ma non perché c'è qualche messaggio in codice o attacco informatico: si tratta semplicemente di una burla che risale al 2009.

Chiunque può registrare il nome di un sito Internet, come appunto Itanimulli.com, e poi impostarlo in modo che dirotti i suoi visitatori verso un altro sito (in questo caso, quello dell'NSA). Chi registra un nome può anche celare la propria identità, ma in questo caso l'identità del titolare di Itanimulli.com non si è occultato: è il signor John Fenley, di Provo, nello Utah. Come racconta in dettaglio il sito antibufala Snopes.com, il signor Fenley ha registrato Itanimulli.com nel 2002 e nel 2009 ha deciso per scherzo di deviarne i visitatori sul sito dell'NSA. Tutto qui.

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Antibufala: il presidente francese cita gli Illuminati a proposito dell'attentato a Charlie Hebdo

January 16, 2015 8:29, by Unknown

Sono già arrivate parecchie segnalazioni di un video nel quale il presidente francese François Hollande dice, durante un discorso alla TV nazionale del 9 gennaio scorso, che Parigi è stata attaccata dagli “illuminés”, ossia – dicono coloro che diffondono il video – dagli Illuminati, una società segreta che secondo gli appassionati di cospirazionismo controllerebbe occultamente le sorti del mondo.


La frase di Hollande avrebbe una traduzione chiarissima e inequivocabile, dicono i sostenitori di questa tesi: “coloro che hanno commesso questi atti: quei terroristi, quegli Illuminati, quei fanatici....”. Ma si tratta di un banale errore di traduzione: “illuminés”, in francese e in questo contesto, non significa “Illuminati”. Vuol dire “esaltati, fanatici, visionari”. Basta consultare un dizionario e chiedere a chiunque sappia il francese.

Del resto, se davvero Hollande avesse voluto denunciare il ruolo della società segreta degli Illuminati nella strage di Parigi, non l'avrebbe certo fatto semplicemente citandone distrattamente il nome in un discorso per poi passare oltre.

Ma la mentalità cospirazionista è fatta così, e questo è un caso esemplare di come funziona. Una persona normale che non conosce bene il francese, quando sente Hollande usare la parola illuminés, presume che abbia un significato normale che gli sfugge, che sia magari un falso amico, ossia una parola che somiglia foneticamente a un'altra della propria lingua ma non ha lo stesso significato, e va a procurarsi un dizionario per cercarne il significato nel contesto. Un complottista pensa invece immediatamente che si tratti di un messaggio in codice; il dizionario non gli serve, perché lui ha già capito tutto. E più gli dici che ha frainteso, più si convince di essere l'unico che ha realmente visto la verità.
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Il “disassemblaggio rapido non pianificato” del missile Falcon 9

January 16, 2015 8:13, by Unknown

Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alla gentile donazione di “mimonni*” e “morenotr*”. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora.

Poche ore fa Elon Musk ha postato su Twitter alcune immagini dell'impatto del missile Falcon 9 sulla chiatta nell'Oceano Atlantico durante il tentativo di rientro controllato e di atterraggio di pochi giorni fa.

elonmusk
@ID_AA_Carmack Before impact, fins lose power and go hardover. Engines fights to restore, but … http://t.co/94VDi7IEHS
16.01.15 07:42

elonmusk
@ID_AA_Carmack Rocket hits hard at ~45 deg angle, smashing legs and engine section http://t.co/PnzHHluJfG
16.01.15 07:44

elonmusk
@ID_AA_Carmack Residual fuel and oxygen combine http://t.co/5k07SP8M9n
16.01.15 07:52

elonmusk
@ID_AA_Carmack Full RUD (rapid unscheduled disassembly) event. Ship is fine minor repairs. Exciting day! http://t.co/tIEctHFKHG
16.01.15 07:56

Stando a quel che ha detto Musk, le alette stabilizzatrici hanno esaurito il fluido idraulico e si sono bloccate, rendendo vane le manovre dei motori per portare il veicolo sopra la chiatta. Il razzo ha colpito a 45 gradi, spezzando le zampe e la sezione motori. L'ossigeno e il propellente residui prendono fuoco e producendo quello che Musk chiama ironicamente “disassemblaggio rapido non pianificato”.
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