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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Eletto il Papa, per il Corriere le campane fumano

12 de Março de 2013, 21:00, por Desconhecido - 0sem comentários ainda


Corriere: “Alle 19.06 fumata bianca dal comignolo sulla Cappella Sistina, e dai fedeli radunati in Piazza San Pietro si è levato un boato di gioia, mentre le campane della basilica hanno cominciato a fumare.”

Giornalismo.


Grazie a pietro.mo* per la segnalazione.



Movimento 5Stelle, chip sottopelle, risate a crepapelle

5 de Março de 2013, 21:00, por Desconhecido - 0sem comentários ainda

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “michele.rap*”, “franco.bagn*” e “roggi” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Premessa: questo non è un articolo politico. La stupidità non ha un colore politico preferito e io non faccio che segnalare le stupidità antiscientifiche di qualunque schieramento, senza eccezioni. Quindi, grillini, non incazzatevi con me, ma con chi spara fesserie, e incassate la figuraccia come tutti gli altri. Grazie. Fine della premessa.

La trasmissione televisiva Ballarò ha presentato un'intervista al neoeletto deputato Paolo Bernini del Movimento 5 Stelle (curriculum surreale qui), di cui sta spopolando uno spezzone (ripubblicato da Corriere e Repubblica e segnalato da ilPost, ilSussidiario, BlitzQuotidiano e un po' ovunque) nel quale Bernini afferma che negli Stati Uniti “hanno già iniziato a mettere i microchip all'interno del corpo umano per registrare, per mettere i soldi, quindi è un controllo di tutta la popolazione”.

Non ridete. Lo ha detto veramente. Per darvi un po' di contesto e togliere il dubbio che si tratti di una forma di sottile ed ermetico umorismo, questa è una trascrizione più ampia delle dichiarazioni di Bernini presentate nel brano:

Questo documentario si chiama... penso che la pronuncia sia “Zaigaist”. Mi ha fatto vedere il mondo in un modo completamente diverso. I media non... non fanno solo informazione, ma fanno... ma dirigono anche le... le scelte. È diviso in tre capitoli: religione, 11 settembre, che sarebbe inside job, la massoneria, alla fine il... cioè, il controllo globale. Non so se lo sapete, ma in America hanno già iniziato a mettere i microchip all'interno del corpo umano per registrare, per mettere i soldi, quindi è un controllo di tutta la popolazione. Quelle persone che se lo fanno iniettare non sanno a cosa vanno incontro. Con Internet, visto che molte coscienze si stanno svegliando, queste verità stanno venendo fuori. Infatti con il Movimento 5 Stelle siamo... usiamo molto Internet, siamo molto coscienti di questa cosa e... andremo là a portare la voce dei cittadini.

La storiella dei microchip sottopelle usato non come sistema di riconoscimento (come i microchip per gli animali domestici) ma specificamente per il controllo della popolazione è un classico del cospirazionismo di stampo religioso che gira da almeno un decennio (Snopes; Urban Legends; mio articolo). Di prove, finora, non ne sono emerse, anche se Sara Tommasi dice che la sua carriera nel porno è colpa di un microchip che le hanno impiantato. Non gli americani, ma gli alieni. De gustibus.

Ma evidentemente Paolo Bernini sa delle cose che a me, povero cretinetti di campagna, sfuggono perché ho la mente ottusa, tipica dei servi del potere e dei debunker prezzolati. Non può aver fatto quest'accusa gravissima semplicemente sulla base di un video complottista trovato su Youtube e pieno zeppo di errori come Zeitgeist: che diamine, Bernini è un deputato della Repubblica Italiana, eletto democraticamente, e gli elettori non possono essere così rincitrulliti da votare per uno che crede nei complotti a base di microchip per il controllo della popolazione. Questi non possono essere i risultati del bombardamento di stronzate in libertà fatto per anni da Voyager e Mistero.

Soltanto un imbecille lancerebbe questi allarmi senza poter portare prove schiaccianti: documenti, referti medici, dati statistici sul numero di chip impiantati, magari qualche americano chippato da radiografare in diretta a Ballarò per vedere il nanocircuito sottocutaneo in azione. E se il suo Movimento non prende le distanze da queste accuse, se non liquida le asserzioni di Bernini come un momento di psichedelia da stress elettorale, vuol dire che le condivide e le appoggia. Sono quindi certo che a breve Paolo Bernini ci presenterà le prove definitive di quello che dice. Magari insieme alle dimostrazioni d'efficacia della Biowashball e dei cellulari cuociuova tanto care a Beppe Grillo, anima del Movimento 5 Stelle.

Altrimenti dovremmo concludere che quel bitorzolo che alcuni elettori sentono sottopelle non è un microchip a stelle e strisce, ma è l'ultimo neurone rimasto che sta cercando una via di fuga per non morire di solitudine.


Aggiornamenti e correzioni


14:40. Nella stesura iniziale dell'articolo avevo scritto che Zeitgeist e Bernini teorizzavano il microchip impiantato come sistema di controllo mentale della popolazione, come se fosse una sorta di radiocomando (e dai commenti arrivati in seguito sembra che siano in molti a sostenere questa tesi). Ma per amor di precisione mi correggo e chiarisco che Zeitgeist parla specificamente di controllo sociale, teorizzando un piano segreto per veicolare tutte le transazioni economiche di tutto il mondo tramite i microchip e quindi zittire gli oppositori monitorandone gli spostamenti e disabilitando il loro chip: “L'obiettivo finale è fare impiantare un chip RFID a tutti in questo mondo e trasferire tutto il denaro in questi chip e avere tutto in questi chip, in modo che se qualcuno protesta contro quello che facciamo o viola le nostre regole basta soltanto cancellare il loro chip” (Zeitgeist in italiano, parte 12, da 3:00 in poi). Grazie a chi mi ha segnalato l'errore: resta il fatto che negli Stati Uniti non c'è nessun complotto o obbligo per indurre i cittadini a farsi impiantare chip di controllo (mentale o meno). Segnalo inoltre un buon articolo di Il Post su Zeitgeist.



La foto del fulmine su San Pietro [UPD 2013/03/03]

2 de Março de 2013, 21:00, por Desconhecido - 0sem comentários ainda

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “nike.62” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

English abstract
A photograph taken on the day of the announcement of Pope Benedict XVI's resignation shows St Peter's basilica being struck ominously by lightining. It is not a fake: it was taken by professional photographer Alessandro Di Meo and its authenticity is backed up by Italian news agency ANSA, by a very similar photo of the same bolt (taken by Filippo Monteforte of AFP) and by a video recording of the event.

Sta spopolando la foto di un fulmine che colpisce San Pietro, presentata per esempio qui su Repubblica e attribuita al fotografo ANSA Alessandro Di Meo. Secondo la didascalia, lo scatto è stato realizzato proprio nella giornata dell'annuncio delle dimissioni del Papa, e quindi ha un valore simbolico davvero notevole.

C'è chi si sta chiedendo se per caso la foto o la sua datazione possa essere falsa: ad alcuni pare una coincidenza troppo bella per essere vera che un fulmine abbia colpito San Pietro proprio ieri e che ci fosse un fotografo con l'obiettivo pronto proprio in quell'istante.

Ma consideriamo i fatti, almeno come esercizio d'indagine sull'autenticità di una fotografia: questa foto è attribuita a un fotografo professionista, non a una fonte anonima (come avviene invece di solito per le foto di fenomeni eccezionali). Alessandro Di Meo avrebbe molto da perdere se risultasse che la sua foto è truccata, per cui il movente pare poco credibile.

Un altro elemento a favore dell'autenticità è che c'è anche un'altra foto dello stesso tipo, sempre scattata ieri ma presa da un'angolazione leggermente differente: è diffusa da Agence France-Presse e attribuita a Filippo Monteforte. Ne vedete qui accanto una versione ridotta. Il fulmine ha una forma quasi identica, a parte le leggere variazioni spiegabili con la diversa angolazione.

Dal punto di vista tecnico, nella versione pubblicata da Repubblica non ho trovato dati EXIF che possano chiarire la questione. Certo, i dati EXIF si possono alterare, ma se fossero risultati errati sarebbe stato un indizio molto significativo. Questa strada, insomma, in questo caso non è percorribile, almeno per ora: bisognerebbe avere la foto originale [v. aggiornamento 14:30 qui sotto].

Un altro dubbio che molti mi stanno ponendo è come si possa fotografare un fulmine: dura talmente poco che ci vorrebbero dei riflessi sovrumani (e una fotocamera molto veloce) per immortalarlo. Il metodo classico è semplicissimo per chi ancora usa una fotocamera vera invece del telefonino, e l'ho provato anch'io: si monta la fotocamera su un cavalletto o altro supporto per tenerla immobile e poi si usa un tempo di posa di alcuni secondi. Se durante la posa cade un fulmine, viene fotografato. Basta fare tanti tentativi durante un temporale e prima o poi il fulmine capita nel momento giusto. Tutto qui. L'unico limite di questo metodo è che si può usare solo quando il cielo è buio, altrimenti la sua luminosità satura l'immagine.

I commenti dei lettori hanno aggiunto altre tecniche: fare una ripresa video e poi estrarne i fotogrammi contenenti i fulmini. Con la risoluzione offerta dalle fotocamere e videocamere di oggi il risultato è spesso di ottima qualità. In alternativa ci sono alcune fotocamere che tengono in memoria gli ultimi secondi delle immagini captate dal sensore e poi memorizzano l'immagine corrispondente a un rapido cambio di luminosità.

È insomma relativamente facile fotografare un fulmine di sera, come nella foto in questione: ma quanta fortuna ci vuole per fotografarne uno che colpisce proprio San Pietro? Meno di quel che si potrebbe pensare. L'edificio è alto e dotato di parafulmini e quindi viene colpito piuttosto spesso [v. aggiornamento 2013/03/03]: per esempio, c'è un articolo del 2005 nel quale l'arcivescovo Comastri dice che è in corso l'installazione di un nuovo parafulmine “perché molti fulmini colpiscono la basilica”, come citano varie fonti. E ieri a Roma c'è stato un forte temporale, a quanto mi risulta.

Per chi si sta chiedendo se un fulmine su San Pietro proprio nel giorno dell'annuncio delle dimissioni del Papa è un segno, posso dire in tutta sincerità che lo è. È un segno che i parafulmini funzionano, e che quando si tratta di scegliere se proteggere un luogo di culto usando la scienza o le preghiere, anche i fedeli scelgono la scienza. Perché funziona.


Aggiornamento (2:30): la foto del Duomo di Milano


Sta iniziando a circolare una foto (esempio; esempio) che mostrerebbe lo stesso fulmine sopra il Duomo di Milano “anni prima”, insinuando che la foto del fulmine su San Pietro sia un fotomontaggio.

Il fulmine è effettivamente identico nella foto del Duomo e in quella di San Pietro, ma c'è un dettaglio interessante: l'immagine “fulminata” del Duomo è uguale a quella che si ottiene aggiungendo il cielo e il fulmine di San Pietro alla foto del Duomo presente su Wikipedia. Anche i passanti sono identici.

La foto in circolazione.

La foto di Wikipedia.


Aggiornamento (14:30): funzionamento dei parafulmini, riflessi mancanti, video e dati EXIF della foto


Nei commenti c'è chi ha interpretato la mia frase “È un segno che i parafulmini funzionano” nel senso che i parafulmini attirerebbero i fulmini. Non è così: i parafulmini offrono semplicemente un percorso sicuro alla scarica elettrica, che sarebbe caduta comunque nella zona colpita.

Per chi si chiede come mai mancano i riflessi del fulmine sulla piazza resa lucida dalla pioggia, basta seguire le linee del riflesso della facciata della basilica per notare che il riflesso del fulmine si troverebbe al di fuori dell'immagine.

Ho ricevuto dall'ANSA i dati EXIF della foto originale e con il permesso dell'agenzia li pubblico qui accanto: quelli salienti sono l'orario (17:56:47), il tempo di posa (8 secondi) e il diaframma (f/9).

L'ANSA mi ha inoltre spiegato che il fotografo si è appostato a lungo proprio allo scopo di catturare l'immagine suggestiva di un fulmine che colpiva la basilica: non è, insomma, uno scatto casuale. L'ANSA ha anche pubblicato un articolo che spiega i dettagli della realizzazione dello scatto.

Inoltre c'è una ripresa video che mostra su San Pietro un fulmine dall'aspetto identico a quello mostrato nella foto.

A questo punto penso che non vi sia più ragionevole dubbio: la foto è da considerare autentica. Complimenti all'autore per la sua perseveranza.


Aggiornamento (2013/03/03): la frequenza dei fulmini su San Pietro


La BBC ha pubblicato un articolo che segnala che la rete europea di sensori per i fulmini ha rilevato il lampo fotografato, che quindi è stato identificato con precisione alle 17:54:24. L'articolo include anche una mappa dei fulmini nell'Italia centrale e nota anche che secondo gli esperti interpellati il fenomeno di un fulmine che colpisce un luogo di culto non è affatto raro.



Cosmonauti perduti, esce finalmente il libro che fa chiarezza. Fate voi la copertina

28 de Fevereiro de 2013, 21:00, por Desconhecido - 0sem comentários ainda

Credit: Alexei Leonov.
Sì, proprio lui.
Se siete rimasti incantati dai racconti a proposito dei presunti “cosmonauti perduti”, ossia degli intrepidi russi che sarebbero periti segretamente nello spazio durante le prime fasi della corsa spaziale tra Unione Sovietica e Stati Uniti e che forse avrebbero volato ancora prima di Gagarin, ho una bella novità: il CICAP sta per pubblicare un libro che finalmente chiarisce cosa c'è di vero e anche cosa c'è di artefatto in queste tesi (comprese quelle dei fratelli Judica Cordiglia).

Io l'ho letto in anteprima tutto d'un fiato ed è davvero notevole, soprattutto perché dimostra che la realtà è ancora più affascinante e avventurosa della sua versione romanzata e rende giustizia ai veri eroi dimenticati di quest'epopea.

Vi va di creare la copertina di questo libro, intitolato provvisoriamente Cosmonauti perduti?

Le regole sono queste:

  • l'immagine dovrebbe mostrare un cosmonauta russo (in tuta d'epoca) chiaramente sperduto che vaga nello spazio con la Terra lontana (ed eventualmente la capsula) sullo sfondo, ma se ci sono altre proposte più originali sono benvenute;
  • l'immagine deve essere originale (creata da voi);
  • l'immagine dovrà servire da copertina per un volume di 15 x 22 cm (ma se state un filo più larghi è meglio), in quadricromia, formato JPEG a 300 dpi;
  • l'immagine può essere fotorealistica oppure un disegno;
  • come riferimento per sapere dove lasciare lo spazio per il titolo e le altre eventuali diciture potete guardare questa immagine e questa;
  • dovete concedere al CICAP il permesso di usare gratuitamente l'immagine per il libro e per altri eventi sullo stesso tema (una licenza Creative Commons va benissimo);
  • verrà indicato il vostro nome come autore della copertina e riceverete un paio di copie del volume e la gratitudine imperitura del CICAP. Di più, di questi tempi, non si può.
  • mandatemene una copia via mail (paolo.attivissimo@gmail.com), usando come oggetto “Copertina cosmonauti perduti”

Non mi è stata data una data di scadenza, ma siate ragionevoli e tenete presente che chi primo arriva meglio alloggia.

Come materiale per ispirarvi, potete usare per esempio questa foto di Wikipedia di una tuta russa Berkut (accettabile come tuta del periodo); scontornandola e aggiungendo uno sfondo stellato e una foto di una capsula russa e della Terra in lontananza si potrebbe ottenere un risultato dignitoso. Sì, lo so che se si vede la Terra le stelle non si vedono, ma consideratela una licenza poetica.

Come immagini della capsula russa propongo di ispirarsi a queste:

http://3docean.net/item/russian-spaceship-vostok-1/2463341

http://www.sciencephoto.com/media/150495/enlarge

http://sagancult.blogspot.ch/2011/03/vostok-3ka.html

http://spacemodels.nuxit.net/modelers/vostok.jpg

Buon divertimento!



Se avete cuore, condividete. Se avete cervello, non fatelo

26 de Fevereiro de 2013, 21:00, por Desconhecido - 0sem comentários ainda

Questo articolo vi arriva grazie alla gentile donazione di “steluzz” ed è stato aggiornato dopo la pubblicazione iniziale.

Non è “Marco”, è Chrissy Nelson,
morta nel 2004.
Sta rimbalzando su Facebook un appello, illustrato dall'immagine qui accanto, secondo il quale “Marco”, descritto come “un bambino di Padova malato di leucemia linfoblastica acuta”, riceverà da Facebook una donazione di 45 centesimi di dollaro per ogni condivisione, grazie alla richiesta dell'istituto di ricerca Mario Negri. L'appello si conclude con il solito invito: “vi prego condividete se avete un cuore!”.

Se avete cervello, invece, non condividete: non mi risulta che Facebook si stia dando alle lotterie della vita o che l'istituto Mario Negri abbia chiesto qualcosa a Facebook. Anzi, la pagina Facebook dell'istituto contiene una secca smentita che indica anche la probabile origine dell'appello (alla quale non voglio regalare pubblicità). Si tratta insomma di una bufala crudele e di pessimo gusto.

I “senza cuore”, semmai, sono quelli che inoltrano l'appello senza fermarsi a chiedersi perché mai Facebook dovrebbe far dipendere la vita di un bambino dal numero di condivisioni: se non raggiungono la cifra necessaria, che fanno, lo lasciano morire?

I senza cuore, e senza cervello, sono quelli che abboccano a qualsiasi storia commovente ricevuta su Facebook senza alcuna fonte e così finiscono per mandare in giro la foto di una bimba morta spacciandola per un bambino ancora vivo.

Infatti il bambino nella foto non si chiama Marco, non è di Padova e non è neanche un bambino, ma una bambina: la fotografia ritrae Chrissy Nelson, una bimba americana di otto anni che era afflitta da leucemia nel 2003, come riportato all'epoca dal Las Vegas Review-Journal, ed è morta l'11 agosto 2004.

Riporto qui il testo integrale dell'appello per renderlo facilmente ritrovabile con i motori di ricerca: “Lui è Marco, un bambino di Padova malato di leucemia linfoblastica acuta, una malattia che potrebbe essere curata, ma sfortunatamente la famiglia non dispone dei mezzi necessari per comprare il ponatinib, il farmaco sperimentale necessario a guarirlo. L'istituto di ricerca Mario Negri ha rivolto un appello a Facebook per poter guarire questo povero bambino, Mark Zuckenberg ha acconsentito di donare 0,45 USD per ogni condivisione, vi prego condividete se avete un cuore!”

Giusto per completezza d'indagine: il “ponatinib” esiste (l'approvazione dell'FDA è qui) e un'infarinatura sul suo uso e sulle sue caratteristiche è qui su Wikipedia in inglese). E naturalmente il nome corretto del cofondatore di Facebook è Zuckerberg, con la R, non con la N.

Aggiornamento (15:15): L'Istituto Mario Negri mi ha risposto come segue:

Non sappiamo se la storia di Marco sia vera, ma le possiamo confermare che l'Istituto Mario Negri non ha mai rivolto a Facebook un appello per questo bambino.
Riteniamo inverosimile che Mark Zuckenberg abbia acconsentito di donare 0,45 USD per ogni condivisione. In passato, catene di Sant'Antonio simili a questa che invitavano a inoltrare messaggi e-mail si erano rivelate false.
Intendiamo, inoltre, chiarire che il farmaco citato, il ponatinib, non è attualmente registrato in Italia. Il suo impiego sarebbe, quindi, sperimentale e richiederebbe il rispetto di quanto previssto nel Decreto Ministeriale 8 maggio 2003 "Uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica" (p.es. la presenza di un protocollo e l'approvazione da parte di un Comitato Etico)




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