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Disinformatico

4 de Setembro de 2012, 21:00 , por profy Giac ;-) - | No one following this article yet.
Blog di "Il Disinformatico"

Come mai la Finlandia resiste alle fake news?

7 de Junho de 2018, 4:06, por Il Disinformatico

A volte il contrasto alle notizie false sembra una sfida impossibile da vincere: produrre fandonie è molto più facile e costa molto meno che smascherarle accuratamente, per cui chi fa lo sbufalatore lavora con uno svantaggio apparentemente incolmabile.

Ma ci sono paesi che sono riusciti a tenere a bada le fake news: paesi nei quali le notizie false continuano a esistere, ma non fanno danni significativi. Uno di questi paesi è la Finlandia, come racconta un recente rapporto dell’International Press Institute. Vediamo come hanno fatto i finlandesi ad addomesticare le fake news.

Le notizie false in Finlandia toccano temi comuni a molti altri paesi, come per esempio l’immigrazione e le campagne d’odio neonaziste, e arrivano a livelli estremi: il canale video Internet RT Russia Today (il link porta al servizio di Full Frontal di Samantha Bee, non direttamente a RT), per esempio, ha diffuso l’accusa che il governo finlandese rapisce i bambini delle famiglie russe, e lo fa per venderli alle coppie gay negli Stati Uniti. La stessa accusa è stata diffusa anche dal sito russo Sputnik News. Queste campagne di disinformazione hanno scatenato proteste e attacchi da parte degli ultranazionalisti, che vogliono credere a queste notizie perché confermano la loro visione del mondo.

Ma i media finlandesi non hanno reagito a queste dicerie ignorandole: hanno invece pubblicato prontamente le rispettive smentite e dato anche ampio spazio alle rettifiche nei casi in cui avevano pubblicato notizie errate, facendo in modo che queste rettifiche fossero visibili almeno tanto quanto la notizia sbagliata originale.

Questa scelta editoriale è stata coordinata tramite il Consiglio Finlandese dei Mass Media o Council for Mass Media, un comitato di autoregolamentazione dei mezzi di comunicazione di massa, istituito nel lontano 1968, che ha anche il potere di obbligare una testata giornalistica a pubblicare una rettifica in caso di violazione delle buone prassi professionali. Nessuna censura, insomma, ma un chiaro obbligo di pubblicare una rettifica ben visibile. Non sembra un’invenzione particolarmente geniale, eppure provate a guardare, a titolo di confronto, quante rettifiche ben visibili trovate nei media in Italia.

Il governo finlandese ha anche sottoposto un centinaio dei propri funzionari a corsi di formazione specifici contro la disinformazione e ha istituito nelle scuole lezioni, tenute da giornalisti, su cosa significa fare il giornalista e su come evitare le fake news, insegnando non solo agli studenti, ma anche ai docenti e ai genitori degli studenti, a leggere le notizie con attenzione e ad esercitare il proprio senso critico. Anche questi non sembrano passi particolarmente fantascientifici, costosi o applicabili soltanto in quel paese.

I risultati non sono mancati: secondo un sondaggio, solo l’1% degli studenti fra 13 e 15 anni (quindi in una fascia d’età particolarmente vulnerabile alle fake news semplicemente per inesperienza) considera attendibili le fonti di notizie cosiddette “alternative”. E la fiducia verso i media tradizionali, che le fake news ambiscono a incrinare come strategia a lungo termine, è rimasta alta, anche fra gli adulti, il 50% dei quali conosce le fonti alternative ma soltanto l’8% dei quali le considera affidabili, mentre il 79% considera i giornali stampati la fonte più fidata.

In altre parole, le fake news si possono sì fermare, ma occorre investire tempo e risorse a lungo termine e coinvolgere tutti: giornalisti ed editori, istituzioni e scuole. Ci vogliamo almeno provare?
Scritto da Paolo Attivissimo per il blog Il Disinformatico. Ripubblicabile liberamente se viene inclusa questa dicitura (dettagli). Sono ben accette le donazioni Paypal.



Ci vediamo a Torino, sabato 9 giugno, al Tesla Club Italy Revolution 2018?

5 de Junho de 2018, 18:55, por Il Disinformatico

Sabato prossimo (9 giugno) sarò a Torino, al Museo Nazionale dell’Automobile, come ospite e relatore del Tesla Club Italy Revolution 2018, la conferenza italiana dedicata agli appassionati Tesla (ma dedicata alla mobilità elettrica sostenibile di qualunque marca) e organizzata dagli stessi appassionati, specificamente da quelli del Tesla Club Italy.

Il programma della conferenza, che raduna numerosi relatori di spicco, include argomenti di assoluto interesse, come le pensiline di ricarica fotovoltaiche, il riscaldamento domestico a costo zero, la gestione a fine vita delle batterie al litio, la sicurezza informatica delle auto connesse, SpaceX e anche un po’ di storia delle automobili elettriche.

Io presenterò una breve biografia critica di Elon Musk, il personaggio simbolo della rivoluzione elettrica; racconterò le origini, le strategie, i successi e gli insuccessi di un imprenditore anomalo, scremati da tifoserie e ostilità giornalistiche, per conoscere meglio i fatti, lasciare da parte i miti e capire cosa ci possiamo attendere realmente dal prossimo futuro in questo campo.

Le iscrizioni a Tesla Club Italy Revolution 2018 sono qui.

Quante bufale si raccontano su #Tesla ed #ElonMusk? Ce ne parlerà direttamente con il cacciatore di #bufale per eccellenza, Paolo Attivissimo - @disinformatico sabato 9 Giugno a #Torino al Tesla Club Italy Revolution 2018.
Registrati all'evento su https://t.co/BS9OlqfYse pic.twitter.com/3LCoeLWkx5
— Tesla Club Italy (@TeslaClubItaly) May 29, 2018



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35 anni di Wargames

5 de Junho de 2018, 4:06, por Il Disinformatico

Ai primi di giugno del 1983 uscì sugli schermi dei cinema statunitensi uno dei film più importanti della storia della sicurezza informatica. Ebbene sì, Wargames compie in questi giorni ben 35 anni. Racconta con leggerezza e garbo le avventure di un giovane appassionato d’informatica, David Lightman (interpretato da Matthew Broderick), che nel tentativo di penetrare telematicamente nei computer di una famosa società che produce videogiochi trova invece per sbaglio una connessione a un supercomputer della difesa nazionale americana. Lì si imbatte in quella che lui crede sia una lista di nuovi videogiochi, dalla quale sceglie un titolo accattivante: “Guerra Termonucleare Globale”.

Ma in realtà non si tratta di giochi: sono le simulazioni usate dalla difesa statunitense per prepararsi a un eventuale attacco atomico sovietico. David inizia a giocare, senza rendersi conto che sta scatenando il panico nucleare fra i militari, convinti che i sovietici stiano attaccando sul serio, e la situazione precipita.

Il film, diretto da John Badham, quello della Febbre del Sabato Sera, fu un successo di pubblico inaspettato, ma soprattutto rappresentò l’introduzione all’informatica e all’hacking per un’intera generazione. La scena in cui David, per far colpo su una ragazza, Jennifer (interpretata da Ally Sheedy), le cambia i voti scolastici collegandosi al computer della scuola tramite il suo personal computer e una connessione telefonica via modem fu una rivelazione: i computer si potevano collegare fra loro! Si potevano usare per mandare messaggi o per scaricare dati e programmi invece di trasferirli faticosamente di persona! Internet non c’era ancora, perlomeno per gli utenti comuni, per cui la connessione era diretta e lentissima, ma c’era.


Wargames, visto dall’Italia del 1983 (con gli occhi di un allora giovane informatico di vostra conoscenza), pareva a molti fantascienza, ma in realtà era estremamente realistico nelle sue premesse: i sistemi informatici, anche quelli militari, erano davvero vulnerabili. Il film parlava già correttamente di backdoor e di firewall come forme di attacco e di difesa informatica. La tecnica usata da David per trovare computer da penetrare, ossia chiamare automaticamente uno dopo l’altro tutti i numeri telefonici di una regione e sentire se rispondeva il pigolìo stridulo di un modem, era anch’essa reale. Gli informatici la ribattezzarono wardialing proprio per rendere omaggio a Wargames.

Il film colpì anche l’allora presidente degli Stati Uniti Ronald Reagan, che chiese ai suoi esperti se davvero i sistemi informatici del governo fossero così attaccabili come si vedeva nel film. La risposta affermativa portò alle prime leggi e direttive sulla sicurezza informatica. Gli esperti avevano già avvisato di questi rischi sin dal 1967 nei loro rapporti tecnici, ma erano rimasti inascoltati. Per far capire finalmente la serietà del problema ci voleva Hollywood.

Trentacinque anni dopo, Wargames è un’operazione nostalgia per gli informatici di vecchia data, ed è citatissimo nel libro Ready Player One di Ernest Cline (quasi per nulla nell’omonimo film di Spielberg), ma le sue lezioni sono ancora attualissime: le password troppo ovvie che permettono al protagonista di farsi strada nei computer altrui si usano purtroppo anche oggi, e gli attacchi informatici fra nazioni sono diventati una realtà quotidiana. Ma la lezione più importante di Wargames è di un altro genere: il supercomputer del film riflette sulla guerra termonucleare globale e fa la battuta più memorabile e profonda di tutto il film.

“Strano gioco. L'unica mossa vincente è non giocare.”


Fonti aggiuntive: L’antro atomico del Dr. Manhattan, Movieplayer.it, Stackexchange, It World, Il Post, Webcitation.org.
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Podcast del Disinformatico del 2018/06/01

1 de Junho de 2018, 12:25, por Il Disinformatico

È disponibile per lo scaricamento il podcast della puntata di oggi del Disinformatico della Radiotelevisione Svizzera. Buon ascolto!

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GDPR, bagno di sangue con risvolti positivi

1 de Junho de 2018, 6:52, por Il Disinformatico

Il 25 maggio scorso è diventata applicabile la General Data Protection Regulation, una serie di norme europee sulla gestione dei dati personali, e nonostante due anni di preavviso (le norme furono approvate nel 2016) molti siti sono arrivati all’ultimo giorno senza alcuna preparazione. Il caos è stato davvero notevole.

A parte l’ondata di mail di siti di aziende, alberghi e social network che ci chiedono il consenso per continuare a mandarci quello che loro chiamano “materiale informativo”, l’effetto immediato più visibile per molti utenti è stato l’oscuramento volontario di molte testate giornalistiche statunitensi, che hanno preferito rendersi inaccessibili agli utenti europei piuttosto che affrontare l’onere di adeguarsi alle nuove regole sul trattamento dei dati personali. Lo stesso ha fatto temporaneamente Instapaper; anche alcuni videogiochi online hanno cessato l’attività in via definitiva.

Numerosi proprietari di Pagine Facebook, invece, lamentano di non essere più in grado di accedervi per amministrarle. Facebook è anche oggetto di azioni legali, insieme a Google, Instagram e WhatsApp, con l’accusa di violazione della GDPR perché non offrono agli utenti una vera scelta: gli utenti, infatti, possono soltanto scegliere fra accettare che i loro dati vengano raccolti, condivisi e usati per la pubblicità mirata e cancellare i propri account. Prendere o lasciare, insomma.

Secondo i promotori di queste azioni legali, “la GDPR consente esplicitamente qualunque trattamento di dati strettamente necessario per il servizio, ma usare quegli stessi dati anche per pubblicità o per rivenderli richiede il consenso libero ed esplicito degli utenti.”

Molti utenti percepiscono la GDPR come un disagio, che crea situazioni problematiche come l’aumento dell’età minima per usare Whatsapp a 16 anni (interessante il commento dell’avvocato Guido Scorza sulle reali ragioni di questa scelta), ma i nuovi obblighi stanno anche mettendo a nudo il peso del tracciamento pubblicitario operato da moltissimi siti, come nel caso della testata giornalistica statunitense USA Today, il cui sito Web viene offerto agli utenti europei in versione priva di pubblicità e di script di tracciamento. Il risultato è che al posto di 5,2 megabyte la pagina pesa 500 kilobyte, ossia meno di un decimo. Il 90%, insomma, è zavorra pubblicitaria:

Because of #GDPR, USA Today decided to run a separate version of their website for EU users, which has all the tracking scripts and ads removed. The site seemed very fast, so I did a performance audit. How fast the internet could be without all the junk! 🙄
5.2MB → 500KB pic.twitter.com/xwSqqsQR3s
— Marcel Freinbichler (@fr3ino) May 26, 2018

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