Dieci cose da dire ai figli prima di dare loro uno smartphone
11 de Setembro de 2015, 3:42Prima o poi viene il momento in cui i figli chiedono ai genitori uno smartphone. Spesso i genitori non hanno la più pallida idea di cosa si possa fare con uno smartphone, per cui la società di sicurezza informatica Intego ha pubblicato una lista molto condivisibile di dieci raccomandazioni per genitori, da dare ai figli in questa tappa importante della loro comunicazione sociale. Questa è la mia versione leggermente reinterpretata.
Naturalmente non c'è nessuna garanzia che le raccomandazioni vengano rispettate, ma perlomeno avrete definito chiaramente dei paletti che indicano cosa è accettabile e cosa non lo è.
1. Procurati una custodia protettiva. A differenza dei telefonini normali, gli smartphone sono dannatamente fragili per via delle loro ampie superfici in vetro.
2. Quando sei in aula, concentrati sull'insegnante, non sul telefonino. Spegnilo o mettilo in modalità silenziosa in modo che non squilli durante la lezione.
3. Se ti chiamo e non mi rispondi o non mi richiami ci saranno delle conseguenze. Lo smartphone ti è stato comprato per permetterci di restare in contatto con te, non per giocare ad Angry Birds e chattare solo con gli amici. Rassegnati.
4. Non usare lo smartphone quando cammini o vai in bici o guidi la moto o l'auto. Specialmente per mandare messaggi o ascoltare musica in cuffia a tutto volume. Se ti devo spiegare perché, abbiamo un problema.
5. Non usare lo smartphone per scrivere online cose che non vorresti che leggesse la nonna, e ricordati che le cose messe in Rete ci restano per sempre.
6. Proteggi il tuo smartphone con una password. Contiene tutti i tuoi dati personali e le tue foto, per cui se qualcuno te lo prenderà per curiosare se la spasserà se non l'hai bloccato.
7. Non condividere le password. Specialmente con gli amici; le amicizie passano, le password restano. Scrivile da qualche parte: non nel telefonino, ma su un foglio di carta, magari in una busta chiusa, da tenere in un cassetto a casa.
8. Non fare foto che non faresti vedere ai tuoi genitori. Se qualcuno te le ruba, o se le mandi a qualcuno, rischiano di girare per sempre in Rete e causarti imbarazzi per anni.
9. Non collegarti ai Wi-Fi aperti. Possono intercettare quello che fai. Usa la trasmissione dati cellulare.
10. Abbiamo attivato i filtri e i controlli parentali. Servono per ridurre il rischio di brutti incontri, per proteggerci da bollette salate per l'acquisto di app e di accessori nei giochi e per non farti passare tutta la giornata incollato al telefonino.
Concludo con una raccomandazione per genitori: date il buon esempio e seguite anche voi queste regole. Scoprirete che rispettarle è difficile tanto quanto imporle. Buona fortuna.
Antibufala: le foto di misteriose colonne di luce in cielo
11 de Setembro de 2015, 0:36Capita spesso di incontrare in Rete, specialmente nei siti dedicati ai misteri e all'ufologia, foto impressionanti che mostrano colonne di luce verticali nel cielo di varie località. Gli autori delle fotografie giurano di non aver manipolato in alcun modo le immagini e aggiungono un altro particolare sorprendente: a occhio nudo non avevano visto nulla.
Quale misterioso fenomeno viene visto dalle fotocamere ma non dai testimoni oculari? L'apertura di un portale interdimensionale? Un raggio di energia? No, semplicemente una caratteristica poco nota del funzionamento delle fotocamere che si chiama rolling shutter.
Quando facciamo una foto abbiamo l'impressione di scattare un'immagine di un istante ben preciso, ma in realtà non è così. Il sensore digitale di una fotocamera non raccoglie la luce contemporaneamente su tutta la propria superficie ma lo fa progressivamente ad altissima velocità. Questo vuol dire che ogni colonna di pixel che compone un'immagine digitale rappresenta un istante leggermente diverso. È come se la fotocamera lavorasse come uno scanner, scandendo l'immagine da sinistra a destra o dall'alto in basso. Questa scansione esiste anche nelle fotocamere a pellicola per via dell'otturatore a tendina.
Normalmente la scansione è talmente rapida che risulta impercettibile. Ma quando la foto mostra fenomeni molto brevi l'effetto diventa evidente, con effetti spesso bizzarri. Per esempio, il battito delle palpebre è talmente veloce da essere alterato dalla scansione, come in questa foto non ritoccata del volto di un bambino riflesso in un vetro, nella quale il bimbo ha gli occhi semichiusi ma il suo riflesso li ha aperti:
La scansione orizzontale effettuata dal sensore ha catturato l'immagine del volto del bambino in un istante leggermente diverso da quello in cui ha catturato l'immagine riflessa. Anzi, dato che la scansione è progressiva, anche gli occhi del bambino sono fotografati in istanti differenti l'uno dall'altro: ecco perché uno occhio è semiaperto e l'altro è quasi completamente chiuso.
Nel caso delle colonne di luce, l'effetto è prodotto dal fatto che la scansione inizia in un istante normale, per esempio dal bordo sinistro dell'immagine, e mentre è in corso si manifesta un fulmine. La luce intensa del fulmine rischiara tutta la scena, ma viene catturata soltanto dalla porzione del sensore che sta raccogliendo luce durante il bagliore. Il risultato è una colonna di luce impressionante.
L'effetto è facilmente riconoscibile dal fatto che la colonna luminosa è perfettamente verticale (è allineata con le colonne di pixel fotosensibili che formano il sensore della fotocamera). Mistero risolto.
Fonti aggiuntive: Metabunk.org.
Antibufala: donna francese riceve assegno d’invalidità perché è allergica al Wi-Fi
10 de Setembro de 2015, 14:18La notizia che una donna francese, Marine Rochard, avrebbe ottenuto dal tribunale di Tolosa un'indennità d'invalidità per la propria allergia ai campi elettromagnetici generati dagli apparati Wi-Fi a prima vista sembra dimostrare una volta per tutte che questa ipersensibilità è reale. Ma prima di usare questa sentenza come base per chiedere rimozioni di antenne o pensioni d'invalidità è meglio conoscere i fatti.La donna ha dichiarato di soffrire di ipersensibilità elettromagnetica e che questo la costringe a vivere in un fienile in campagna, lontano dalla civiltà, “a causa delle sensazioni sgradevoli che avverte in prossimità delle radiazioni elettromagnetiche”, scrive il Times.
Ma l'Organizzazione Mondiale per la Sanità e la letteratura medica dicono chiaramente che l'ipersensibilità elettromagnetica non è un fenomeno fisico reale. La pagina informativa dell'OMS spiega che sono stati condotti numerosi studi nei quali persone che si dichiaravano afflitte da questa ipersensibilità sono state esposte, in condizioni controllate di laboratorio, a campi elettromagnetici simili a quelli ai quali attribuivano i propri sintomi. È risultato che queste persone non sono in grado di percepire i campi elettromagnetici più di chiunque altro e che non c'è nessuna correlazione fra sintomi denunciati e presenza di campi elettromagnetici. I sintomi, secondo l'OMS, sono attribuiti erroneamente a Wi-Fi, telefonini e simili ma in realtà sono probabilmente legati allo sfarfallio delle luci al neon, al bagliore eccessivo e prolungato degli schermi usati, alla qualità dell'aria negli ambienti e allo stress lavorativo, al quale si somma l'ansia prodotta dal timore degli effetti nocivi dei dispositivi elettromagnetici dai quali sono inevitabilmente circondati in qualunque ambiente moderno.
Questo non vuol dire che chi dice di soffrire di ipersensibilità elettromagnetica è matto: semplicemente è male informato, si è fatto influenzare da una credenza diffusa e da notizie come quella francese ed ha commesso un errore di attribuzione.
Tutto questo non ha nulla a che vedere, fra l'altro, con le norme di sicurezza sulle emissioni elettromagnetiche da parte di antenne per telefonia, apparati Wi-Fi e telefonini, che stabiliscono limiti ben precisi: chi dice di essere ipersensibile avverte malesseri anche quando questi limiti vengono ampiamente rispettati. E non c'è dubbio che se un impianto supera questi limiti debba essere messo in regola.
La cosa più interessante è che spesso avverte i propri sintomi anche quando gli apparati sono spenti ma non sa che sono spenti, e viceversa non li avverte quando gli apparati sono accesi ma non sa che sono accesi. In medicina questo si chiama effetto nocebo (per esempio in questo articolo medico sui campi elettromagnetici) ed è un effetto assolutamente reale: se una persona è convinta che un cibo o un medicinale le nuocerà, il suo corpo reagirà come se avesse ingerito una sostanza realmente nociva.
Ma allora come mai il tribunale francese ha riconosciuto circa 750 franchi (680 euro) mensili per tre anni alla signora Rochard? È semplice: il tribunale, spiega Neurologica, non ha affatto dichiarato che l'ipersensibilità elettromagnetica è una malattia reale. Non ha certificato che i campi elettromagnetici sono nocivi anche al di sotto dei limiti di legge. Ha semplicemente dichiarato che la donna è effettivamente resa invalida dalla propria condizione, qualunque siano le sue cause (interne o esterne), e che quindi le spetta un'indennità. Del resto, non spetta ai tribunali certificare le malattie: quello è compito dei medici.
La sublime stupidità della sicurezza con passepartout: la “chiave magica” della TSA si stampa a casa
10 de Setembro de 2015, 11:57Se vi è mai capitato di fare un viaggio verso gli Stati Uniti, conoscerete bene i lucchetti e le chiusure per valigie “approvate dalla TSA”, di cui solo gli addetti ai controlli di sicurezza della Transportation Security Administration hanno la chiave universale, per cui noi possiamo chiudere serenamente a chiave le nostre valigie e loro possono aprirle per ispezionarle allo scopo di prevenire il terrorismo.Quando questa misura fu introdotta, in seguito agli attentati devastanti dell'11 settembre 2001, gli esperti di sicurezza avvisarono che era un'idea particolarmente stupida, perché prima o poi qualcuno avrebbe messo le mani sulla chiave passepartout. I politici avevano risposto che non sarebbe mai successo perché la chiave sarebbe rimasta segreta, custodita gelosamente dalla TSA. Indovinate cos'è successo.
Poche settimane fa il Washington Post ha pubblicato una foto delle chiavi passepartout TSA (ce n'è più di una) in un articolo che portava i lettori dietro le quinte del lavoro dei controllori di sicurezza. La foto è stata subito rimossa, ma non prima che qualcuno ne conservasse una copia e la usasse per ricostruire la forma esatta delle chiavi e farne un modello per stampanti 3D che funziona, come racconta Wired. Il modello è ora online su Github, così adesso chiunque può stamparsi una segretissima chiave TSA.
La vicenda è una dimostrazione perfetta di uno dei principi della sicurezza informatica che fa più fatica a entrare in testa ai non addetti ai lavori (per esempio ai politici che devono approvarli o ai cittadini che devono eleggere i politici): se un sistema di sicurezza si basa su un segreto condiviso fra tante persone, prima o poi qualcuno lo farà trapelare. Se poi il segreto non è modificabile dopo che è stato svelato, il sistema non solo non funziona, ma è proprio bacato in partenza ed è una presa in giro.
Più in generale, qualunque sistema di crittografia che abbia una chiave universale segreta di decifrazione, da affidare per esempio a un'azienda o alle forze dell'ordine, è fallimentare, perché prima o poi quella chiave segreta finirà nelle mani sbagliate. Nell'era di Internet, oltretutto, per farla trapelare basta una semplice fotografia. Chissà se stavolta la lezione verrà capita.
Apple presenta la sua nuova gamma di sonniferi
10 de Setembro de 2015, 7:59Questo articolo vi arriva gratuitamente e senza pubblicità grazie alle gentili donazioni di “bcsmat*” e “fabiano*”. Se vi piace, potete incoraggiarmi a scrivere ancora (anche con un microabbonamento, come ha fatto “mfrab*”).
Ieri Apple ha presentato i nuovi Watch e iPhone, un Apple TV potenziato, e un iPad gigante con tastiera e stilo. Saranno disponibili tra poco, costeranno un botto, e saranno come al solito i migliori di sempre. Come tutte le altre volte, ma stavolta con più sonniferi: è stato il Keynote più noioso della storia delle presentazioni Apple. Di novità reali, rivoluzionarie, manco l'ombra.
Ecco, vi ho appena fatto risparmiare due ore della vostra vita e tutto il tempo che avreste passato a leggere le recensioni dei prodotti Apple che appestano in queste ore tutti i siti dell'universo conosciuto. Recensioni che sono la fase finale di un ciclo acchiappaclic che frutta un pacco di soldi pubblicitari ai siti e li trasforma in grancasse promozionali per Apple: qualche settimana prima del Keynote si pubblicano gli articoli di ipotesi su come saranno i nuovi prodotti; poi si pubblicano quelli sulle indiscrezioni su come saranno; poi si mette online la raffica di articoli su come sono realmente. E intanto il contatore dei clic corre.
Posso dirlo una volta per tutte? Sono un utente Apple da anni, uso Mac come laptop e computer fisso, e non me ne frega niente delle ipotesi, delle indiscrezioni e delle congetture su come potrebbero essere i prossimi prodotti Apple. Chiamatemi quando si sa come sono realmente e piantatela di fare le puttane di Apple.
Tanto per dirvi a che livelli di ridicolo inconsapevole siamo arrivati, ieri è stato presentato l'iPad Pro, che è un iPad più grande, al quale si abbinano una tastiera e uno stilo. Risoluzione spettacolare, estetica al top, certo, ma lasciatemi scappare uno sbadiglio cosmico. Eppure Apple l'ha annunciato come se fosse stata la Terza Tavola della Legge portata da Mosé. E il pubblico ha applaudito entusiasta.
Ma guardate questa vignetta di Joel Watson, che risale al 2012, e se siete fanboy di Apple, datevi una ridimensionata.
Ballmer: Lo chiamiamo Surface [“superficie”].
Pubblico: Buuuuu! Il tuo iPad fa schifo.
Ballmer: Non è un iPad! È un Surface.
Pubblico: Succhiami la superficie! Quella del mio uccello!
Ballmer: Ha un supporto estraibile e anche un portabicchiere.
Pubblico: Il tuo iPad fa schifo lo stesso.
Ballmer: Ehi, amico, vaffanculo! Abbiamo messo una tastiera direttamente nella copertina! Tra tre anni, quando Apple ce lo copierà, voi stronzi penserete che sono dei geni.
Pubblico: Facci il ballo della scimmia!
WWDC 2015 – Tim Cook: Lo chiamiamo Smart Cover Touch, e crediamo che lo amerete.
Pubblico: Lo avete inventato voi!
Tim Cook: Sì, sì, lo abbiamo inventato noi.
Più seriamente, temo che l'iPad Pro sia un nuovo passo in avanti nella strategia di Apple per eliminare definitivamente il computer, nel senso di personal computer, quello sul quale siamo liberi di far girare le applicazioni che vogliamo, e spingerci sempre di più verso dispositivi chiusi, sui quali possiamo eseguire soltanto le applicazioni che vuole Apple, il cui modello di business è sempre più quello della Gillette: non vendere dispositivi per la produttività personale, ma vendere dispositivi che inducano i clienti a comperare servizi. Naturalmente servizi venduti da Apple.
E questa strategia va benissimo a molti degli altri attori coinvolti: pirateria del cinema? Non è più un problema, se su un iCoso gira soltanto il media player con DRM (sistemi anticopia) e i video senza DRM vengono bloccati o degradati. Adblock che blocca le pubblicità invadenti? Eliminato, basta non approvarlo nell'App Store.
Circolazione di documenti scottanti? Non è più un rischio, se sull'iCoso girano soltanto le applicazioni di lettura documenti benedette da Apple (che magari chiamano Cupertino per informare su chi ha letto cosa e quando e dove l'ha fatto).
Comunicazioni riservate che impensieriscono inquirenti o governi, come quello americano o britannico? Problema risolto: tanto sull'iCoso girano solo le app di messaggistica approvate e con chiave di decifrazione centralizzata. Considerate, tanto per fare un esempio, che WhatsApp scambia i messaggi cifrandoli nella versione Android, mentre in quella iOS sono in chiaro.
Un dispositivo digitale non aperto, sul quale si possa esercitare un controllo ferreo, conviene a tanti. Era l'aspirazione alla base del contestatissimo Palladium/Trusted Computing di Microsoft, ai tempi in cui Microsoft era il colosso monopolista e Apple si presentava come la paladina del libero pensiero. Come si cambia.
Ma per arrivare al controllo bisogna eliminare il personal computer, troppo libero, troppo aperto, troppo flessibile e riprogrammabile. Per farlo non servono leggi o sequestri: basta disabituare gli utenti. Pian piano e con il sorriso.
Guardate i giovani di oggi: sanno usare un iPhone perché l'hanno da sempre. Per loro passare a un iPad è naturale: stesse icone, stessa interfaccia, stessa filosofia. Passare a un PC o a un Mac, per loro che non ne hanno mai usato uno, è uno sforzo di apprendimento massiccio (santo cielo, chi usa iOS non vede neppure il filesystem e trova alieno il concetto di cartella, figuriamoci path e directory, o di salvare i dati): perché dovrebbero farlo, ora che c'è un super-tablet che ha una tastiera e un dispositivo di puntamento di precisione? L'iPad è un complemento al computer; l'iPad Pro è un sostituto. Un Mac o un PC, per chi ha oggi undici o dodici anni e non ha memoria di come fosse il mondo prima degli iCosi, sono inutilmente macchinosi e arcaici come lo è per me una macchina per scrivere.
Dal loro punto di vista, per quale motivo questi giovani cresciuti a pane e iOS dovrebbero faticare per imparare a usare un PC o un Mac, con tutte le sue bizzarrie e infettabilità, specialmente adesso che c'è un iPad da 13 pollici con tastiera che fa le stesse cose di un PC/Mac senza tutte le complicazioni di un PC/Mac? Un iPad, se non viene sottoposto a jailbreak, è una piattaforma che non s'infetta, si aggiorna automaticamente, salva i dati automaticamente nel cloud. E alla maggior parte della gente rinunciare alla libertà di installare quello che si vuole in cambio di una maggiore sicurezza e semplicità (e dei dati personali) va benissimo.
Ricordate Cory Doctorow e il suo monito sulla guerra in atto contro il computer universale? Provate a rileggere le sue parole di qualche anno fa e chiedetevi, senza inutili complottismi, se aveva ragione.